LA B- Gl/: i NAVIGAZIONE FLUVIALE E LA «STRINE DEL DANUBIO SECONDO IL DIRITTO DELLE GENTI E. L. CATELLANI Docente di Diritto internazionale nella Regia Università di Padova :W. TORINO UNIONE TIPO GRAFI CO-EDITRICE 33, Via Carlo Alberto, 33. 1883 :*> INDICE CAPO PRIMO Sviluppo storico della teoria e della pratica fino allatto finale del 1815.. , , . , Pag . I CAPO SECONDO Maggiori sviluppi dati finora dalla scienza ai principii del 1815 » 19 CAPO TERZO Applicazione pratica dei principii del 1815 ai vari grandi fiumi fino al 1856, I diritti e gHtitérossi dei ripuari superiori sacrificati a quelli dei possessori delle bocche. I diritti e gl’interèssi dei terzi sacrificati a quelli dei ripuari . . . ' , . , , - » 81 CAPO QUARTO Applicazione al Danubio del principio di libera navigazione. — Trat¬ tato del 1855, — Diritti ed interessi dello Stato possessore delle bocche sacrificati a quelli ilei ripuari superiori e dei terzi, — Origine e sviluppo delta Commissione Europèa . . . , * 51 CAPO QUIJNTQ Diritti ed interessi russi. — Loro sconfitte e loro rivincite fino alla liberazione del braccio di Riila dal controllo europeo . , » 73 CAPO SESTO Diritti ed interessi austriaci. — La controversia di navigazione (In¬ viale si trasforma in controversia sulla sovranità territoriale, — 11 Trattato di Londra e nsfcituzione della Commissione mista del Danubio medio.. •*" * ^ INDICE CAPO SETTIMO Diritti ad interessi .lei ripuart completa mente monticati al V nn- tftglrio ilei lerzi. — Ln controversia primitiva si muta In in,., controversia di uguaglianza fra Stati liuti pernianti. - Conflitto austro-™tuono. - Cnnferenza ili Lontra. ■ Ulrìtto .lolla i{ u - ZZI ? pfL ^ Ìp " rv !’ a> non avantIt,vi partecipato, anni, osa- guinie Ee stipili fifoni , fì * .. 119 CAPO OTTAVO 86 ”***” la Rl — -1 accettare Conct^ustone , ‘ 1BB ... > irta CAPO l Stì lappo storico della teoria o della pratica fino all’atto filiale del 1815. L’ 1 Inveì, leggendo fra i pensieri di Pascal che «les soni das chemins qui marchent et qui porteli( oh 1 un veni allei » paragonava Queste vie fluviali al mare ed alio comunicazioni terrestri, e, trovatele per la 1 11 1ei natura inferiori all uno cd alle altre, so soste¬ nuto da] WollF come un jm ex communione prhnaem rvsiihmm (3). Benché, a dir vero, simili teorie sienq esposte per lo più da quelli e da altri vecchi scrittori con riguardo piu speciale al diritto interno degli Stati, ognuno vede come, sia nella loro mente, sia per riletto della con- * lìb; iT, Gap. n e m, voi n, pag, 55^74 o (1) Orrot, De jure, óèc., edix, clt., 121 - 134 . (Z) Barn, ila Ooeoeìs, DìwérL xir, Nova-m syMenmjmtitiae naturatiti et ramarne, g 224, 2U2, J, c„ pag* \m f 3tì8, r>:i bì 1. (3] ChrisL 1, R. Do WolfT, Imtìtutmms jurte mtartàrt gmUum Va- Tiptiis 1790; Orlandoli!, pag. 10J, § 3, II, :;| 2 . _ g 312 . , ù jllsm(x |; jlira ninuxiae nf.ilitatis sant transita® Justa causa per terra® et. liti mina Jominki Enlyccta, tam personis qua ut niereifms sancedonritis; ,jus ub juslus causa® ibiiIfiiL, commoranti;, TelutUtudiornm aut salatali» remporanrlne caiì»s liabitalio cowetlenda sedibnsot nseèptnm (|uau mutilai», „|«f ^j.iones sin ,,„ Iares obstent — n — missione logica Ira i cancelli cd i sistemi, esse si do¬ vessero riferire anche ai rapporti dei diritto delle genti. Ma non tutti gli scrittori susseguiti al Congresso dì Vienna vi si ispirarono. Le stesse cause molteplici che influirono sulle de- liberazioni del Congresso, inducendolo ad attenuare i prini'ipii liberali di i|uello di Fbirigi, esercitarono anche su quelli scrittori la propria influenza. 11 Klùber, per esempio, sostiene il diritlo assoluto degli Stati sui fiumi scorrenti nel loro territorio, e giudica perfino legittimo che una nazione chiuda completamente le sue vie fluviali alle altre; ed il Martensammette il me¬ desimo dii ilio esclusivo benché voglia che si conceda il passaggio innocuo. Lo JLelTler segue una dottrina più mite, almeno nei rispetti dei ripuari, limitando i diritti assoluti delle singole sovranità territoriali ai casi nei quali il fiume non formi una via di comuni¬ cazione indispensabile e l'orzata per un terzo paese; ed il Whistton ammette il passaggio come un diritto imperfetto modificabile mediante convenzioni secondo esige la sicurezza degli Stati interessali (1). li F folli more infine riconosce nei singoli signori del territòrio la padronanza piena sul rispettivo braccio di fiume; ed il Calvo, sviluppando il concetto dello ILelller, dichiara inammissibile, in nome delle convenienze in¬ ternazionali, il diritto assoluto di chiusura su quelle grandi vie fluviali che per la propria vastità e per a propria importanza interessano il mondo mino (-)■ (1) Etem., voi, i, fax- 1HI. Lo*P*‘& Broddiaus, 1853. (2) Gli. Calvo, U Orati Ini. théòr. et praL, J» edi*., lana ISSO, 188 , voL i, p. 362-384. Analoghe massime e concepite anche con mag¬ giore larghezza sono sancite dal Bluutschli, il quale riproduce in sostanza gli articoli del Congresso dì Vienna, togliendone però la clausola restrittiva « nei rapporti del commercio j, precisando meglio che il Congresso non facesse l’estensione del tratto aperto alla libera navigazione, e limitando le lasse alì’ammor- iizzamenlo delle spese fatte dai ripuari nell'interesse della navigabilità del corso d’acqua (1). Il Petrushevecz invece, mentre riproduce nel suo Codice la clausola del Congresso di Vienna, ammette però questa libertà limitata anche rispetto ai fiumi che scorrono in un solo Stato (2), mentre il Fichi restringe esplicitamente ai ripuari la libertà della navigazione (13). Più degni altro s’ispira alla tradizione di Grozio il Caralheodory (4), ravvisando nella piena libertà fluviale una conseguenza necessaria della piena libertà marittima. Voler usare da solì dei grandi corsi d’acqua è, secondo il suo avviso, come pretendere al monopolio del fuoco, dell’aria, della luce ; l’acqua è di tulli: la navigazione ovunque è materialmente possibile, deve esser libera a tutti. È inammissibile, egli continua, il fondare sul concetto della sovranità quello dell'uso esclusivo e della proprietà; ed i regolamenti dell’au- (1) Binatali, B. h\L tnid. Lardy* S ft edit f Paris 18.81, pagi 28, 20 e £ 3Ì1-315. (2) A. De Domiti l’etru sbaverò, Prdm d'un Code du Drùìt Interna* tionaL Leipzig, Brofikhaust, I86L, art, 52-57* (3) Fieli!, Projet. cVmi Code> eoe,, t rad. par Alberi e Rolìn, Daria, (tand 1801, art. 55. (4) Lt telino CaratJieodoiy, l)u. droit hiteemtòmaJ emii'cmant grand* coura d'mu > Leipzig, Bmckbaup, 1361, oap. u, pag. 18-10. - M — torità. territoriale non possono essere ammessi, nò come una concessione, nò come una modificazione qualsiasi del diritto di navigare; essi non fanno che determinare un mudo alluso di ciascuno, non secondò un interesse amministrativo, ina secondo quello ge¬ nerale delia navigazione. Riassumendo ora tutto quanto sono venuto espo¬ nendo si possono raggruppare le dottrine scientifiche su tale argomento in tre categorie; 1. Una, ora ca¬ duta in dissuetudine e quasi abbandonata, secondo la quale ogni Stato è proprietario della pat te del fiume che tocca il suo territorio, nò è tenuto a veruna conces¬ sione verso i rivieraschi superiori ed inferiori; 2. L'altra che sostiene il condominio dei ripuari ad esclusione dei terzi che a nulla possono pretendere quando non si appoggiano sulle disposizioni espresse di un trat¬ talo; 3, L'ultima infine fi re riconosce a tutti il diritto alla libera navigazione, riservando ai ripuari la sola facoltà di regolarne uniformemente le modalità deb l’esercizio. Queste tre opinioni rappresentano la controversa sul titolo giuridico primordiale della navigazione 11 u- viale. Sotto questa punto di vista, limitato essenziale monte alle basi del diritto naturale e necessario, parmi dover dare la preferenza alla seconda fra quelle teorie (1). Ma la terza, per altri rispetti , deve essere preferita. Infatti, in primo luogo, nel diritto emopeo certe facoltà di libera navigazione sui fiumi sono (1) Portile G. IL, Flemma & diritto internazionale moderno, Padova, Sacchetto, 1877, voi. i, pag* 141-145- - 24 — acquisi Le ai terzi per diritto secondaria in forza dei principii stahiliti a Vienna, i (inali restano sempre universalmente obbligatorii, in quanto non furono espressamente aboliti o non sono caduti in dissuetu¬ dine. Secondariamente poi quella dottrina deve pro¬ ferirsi io omaggio ai doveri della solidarietà e della socialità universale, e, come il principio della mas¬ sima libertà e del riconoscimento reciproco delle leggi singolari nel diritto internazionale privato, essa deve essere preferita, purché alla sua base si ponga l’elemento etico invece del diritto naturale. Nè ciò equivale ad uscire dal campo del diritto delle genti, poiché ufficio di questo è il promuovere la fratellanza fra le nazioni anche in quanto non sia strettamente obbligatoria per diritto primitivo. Così inteso ne’ suoi fondamenti, l'apostolato della scienza è tanto più stimabile in quanto che cessa di essere il commento della legge per esserne il generatore In una materia nella quale un complesso di nonne sicure ù tanto necessario. Ed è tanto più utile ed interessante, l'addi lame brevemente i risultati paragonandoli con quelli dei principii convenzionali vigenti, quanto più la dottrina ha, si può dire, esaurito l’argomento, ed è giunta ad additare alla pratica una mela perfettamente concepita e sicura (1). 1 . Percorso fluviale aperto alla navigazione uni ver¬ sate nei filmi toccanti più leni tori - La dizione del PaS ISIlllg^ m* mrrntimau,-, Congresso di Vienna aveva lasciata non già qualche dubbio, ma qualche appiglio agli Stali possessori delle foci, per escludere dalla libertà quella parte del corso dacqua dove termina il bacino del fiume ed incomincia quello del mare. Tale pretesa In additala dalla scienza come una interpretazione assurda ed inammissibile.* in base non solo alle norme di ragione, ma altresì a quelle convenzionali sancite a \ienna, e venne dimostralo all evidenza che la libertà sarebbe una vana parola se non fosse riconosciuta su tutto il corso del Iionie, dal primo punto navigabile fino nel mare. Siccome poi le limita doni della so\ianita devono essere ridotte a quanto è si reti amen te ucce» sano e mantenute soltanto nelle proporzioni richieste dal titolo giuridico su cui sì fondano, così, quanto 1 fiume si divide in più braccia prima di gettai sì nc mare } alla libera navigazione dovrà essere aperto quello che presenta le maggiori facilità di passaggio* 2, Liberici della navujimtme. — Entro a questi limiti territoriali la liberta dev ossei e gai untila navi dei ri,,rari ed » di* degli «ramar, sodo qm- lunque rapporto. La clausola sotto tl i appio tv < memo deve essere riprovata, sia come un p coiiasm se non ha l’intento dì portar ostacoli alla liberta de navigare, sia come una massima poco equa se ha scopo di arrecarne; le limita/aom a questa piena libertà non possono derivare che dag l «ssrdeha navigazione stessa e dai supremi diritti di soi e glianza dell'autorità territoriale, luttavm pe oho ta i facoltà non divengano nella pratica in gr. P‘ illusorie, è necessario precisare che U navigazione - 26 - possa esercitarsi su tutto il fiume, e non soltanto dal mare al fiume e dal fiume al mare e viceversa. Al¬ trimenti la diversità di portata e di pesca dei legni marittimi in conlronto dei legni fluviali che rende il percorso praticabile ai primi assai più breve che non ai secondi, ridurrebbe ad esigue proporzioni la li¬ bertà dei non ripuari quando questa fosse limitata a quei viaggi che si possono fare solo con bastimenti marittimi. 3. Lavori sul fiume. — Spettano all’autorità rap¬ presentante i corripuari del fiume, che li renderà obbligatorii mediante una decisione collettiva ; mentre i singoli ripuari dal canto loro potranno bensì ese¬ guire nella propria sezione fluviale lavori che ne migliorino il corso, ma non saranno autorizzati ad intraprendere, senza l’adesione dell’autorità sindacale, opere che possano modificare l’economia delle acque comuni o disturbare comechessia la pubblica circo- lazione. ì. Tasse. — Le spese impiegate in questi lavori e nella costruzione di stabilimenti speciali sulle rive o nei porti, sono i soli titoli che possano giustificare imposizione di tasse ai naviganti. Il Congresso di Vienna aveva ammessa la con¬ servazione d, quelle lasse che si fondano sul solo latto della navigazione, abolendo soltanto per l'avvc- mre quelle che dipendevano da privilegi feudali ine¬ renti ad un dato luogo. Esso si era limitato a fornire un concetto d, uniformità e di mitezza (1) per i diritti (1) Ai’t. 111. - 11 - che manteneva; ma gli abusi dei ripuari di qualche fiume, ed il mantenimento dei pedaggi, avevano mo¬ strato die la navigazione non potrebbe essere effica¬ cemente libera finché non fossero senza eccezione aboliti cosi gli uni come gli altri. Anche le dogane devono essere regolate in modo da colpire i soli oggetti importati effettivamente sul territorio, mentre un opportuno congegno di porti franchi e di sorveglianza sulle merci in transito per ì singoli territori, deve garantire queste ultime dalla rapacità del fisco nel mentre che garantisce anche le legittime esigenze di quest’ultimo. 5. Polizia ed autorilà fluviali. — Concesse ai navigatori tutte le libertà giuridiche e tutte le iati fi là tecniche die ragionevolmente possono reclamare, ò poi giusto dì sottoporre tulio quanto si riferisce al regolamento della via fluviale agli Stali ripuari rappresentanti il condominio del fiume. Menti e in tal guisa si garantiscono i terzi, si danno nel tempo stesso ai ripuari i mezzi di garantirsi alla pio pria volta contro ogni possibile abuso di questi ultimi, e di salvaguardare i propri supremi diritti di sovranità. I navigatori esteri passano sul fiume come ospiti e non come padroni; perciò è ragionevoli, eie ossei vino le disposizioni sancite daH’autorità territoriale e che i tribunali di navigazione istituiti nei singo i Stati ripuari debbano giudicare delle loro contrav¬ venzioni. Tutti i funzionari tecnici, amministrami e di polizia che agiscono sul fiume debbono ni forza dello stesso motivo ripetere la propria autorità dal¬ l’investitura della società npuaria. — 28 - 0. Fiumi di un solo Stato. — Il Congresso di Vienna aveva limitale le proprie deliberazioni ai fiumi die separano od attraversano piu Siali ed ai loro confluenti (1) die si trovano nella stessa condiziono, lasciando cosi ì fiumi navigabili che bagnano un solo Stato in perfetta balia della sovranità terrine riale. Un ragionamento si presenta spontaneo a chi esamina tale diversità di regole. Sé il Congresso di Vienna si fosse limitalo a sancire sui fiumi comuni ia reciproca libertà dei ripuari non ci sarebbe nulla a ridire; ma avendo esso ammessi sulto certe cumli- zioni anche i terzi, la contraddizione implicita in quella diversità appare subito chiaramente. Perché ' l diriui e fi 1 » interessi di un solo Stato sopra un fiume che bagna il suo solo territorio, dovranno essere più assoluti e legittimare un esclusivismo cui si nega che possano essere fondamento rispètto ai leizi i diritti e gli interessi complessivi dei corri]mari d un fiume comune? Perchè la ragione deve recla¬ mare in nome dei terzi presso una sovranità terri¬ toriale unica, una minor somma di vantaggi e di di- nifi di quella che domanda per loro ad un complesso di varie sovranità territoriali? ale domanda e (ale confronto che spinsero ipialclie Slato proprietario J fiumi c la pag. 33 e segg.; Blunlseh Amari, Trnttuto sul diritto interna- Convenzione di Manheim; Carnaz/.a Ama , ztonale pubblico di pace, sez. li, ca P- - 30 - clamato obbligatorio in Europa dall’atto finale di Vienna. Non può dirsi però che un tale voto della scienza sia prossimo al proprio esaudimento, poiché finora la pratica degli Stati non ci presenta nè altrettanta tendenza progressiva, nè altrettanta coerenza nei principii od equità disinteressata nella loro applica¬ zione. — 31 - CAPO III. Applicazione pratica dei principii del 1815 ai vari grandi fiumi fino al 1856. I diritti e gli interessi dei ripuari superiori sacrificati a quelli dei possessori delle bocche. I diritti e gli interessi dei terzi sacrificati a quelli dei ripuari. Quando si trattò di applicare ai singoli fiumi co¬ muni le disposizioni generali dell’atto di Vienna, gli Stati ripuari che avevano a quel Congresso fatto sentire la propria voce per mezzo del barone De Humboldt, diedero più libero sfogo al proprio egoismo ed alle proprie ritrosie- Si stiracchiò il significato delle parole sotto il rapporto del commercio , si sofi¬ sticò sulla differenza di concetto che passa fra la for¬ inola fino al mare e quella fino nel mare , e si cercò con questi ed altri simili artifizi di legittimare le pretese esclusive degli Stati inferiori verso i superiori e di tutti i ripuari verso i terzi, e di giustificare ogni ostacolo opposto dalle sovranità gelose del proprio po tere ed ogni rapacità più o meno confessata dei fischi rispettivi. Così, fra le restrizioni dell’egoismo e le resistenze dello spirito conservatore, non solo non fu praticata subito dopo il 1815 la libertà fluviale assoluta, ba¬ sata sull’eguaglianza di tutte le ban ìere e es esa ad ogni corso d’acqua navigabile comunicante diret¬ tamente col mare, ma non furono che lentamenteed a stento eseguite quelle disposizioni di liberta limitala che il Congresso aveva sancito. i — 32 - Meno rarissime eccezioni, i fiumi navigabili del- lantico e del nuovo mondo ci presentano tutti dopo il Congresso di Vienna, questo strano e poco con¬ fortante fenomeno: di un complesso di regole affer¬ mate e, per dir così, codificate, con tutta la solennità, da un Congresso europeo come generalmente obbli¬ gatorie, e ciononostante poco fedelmente applicate dai singoli Stati. Fra i vari corsi d’acqua sui quali le regole di Vienna vennero applicate imperfettamente, ve solo questa distinzione a fare, che mentre sugli uni la società dei ripuari, garantendosi una reciproca libertà, cercò di fare di questa nella maggior misura possibile il proprio privilegio comune a scapito dei terzi, sugli altri all’incontro, i ripuari possessori delle foci tentarono lungamente di opprimere insieme coi terzi anche i ripuari superiori del fiume. A ciò contribuiva certo il fatto che la politica è più proclive all interesse che al diritto e più amica della tradizione che della novità, e che in questo caso 1 interesse e la tradizione additavano alla poli¬ tica degli Stati una medesima via. L Olanda si fondava appunto sulla tradizione per sequestrare a proprio vantaggio le bocche della Schelda. Il trattato di Westfalia che aveva ricono¬ sciuta 1 indipendenza delle Provincie Unite dalla Spagna, stipulava la chiusura della bocca della Schelda dal lato dove la parte autonoma dei Paesi Bassi confinava colle provincie cattoliche restate alla Spa¬ gna. Passate queste ultime sotto il dominio dell’Ali¬ sina, Giuseppe II reclamò invano contro una tale servitù commerciale. L’Olanda, tenace nel sostenere - 33 — il proprio privilegio, non si piegò nemmeno davanti alla mediazione dell’Inghilterra e della Francia ed il trattato di Fontainebleau del 1785 confermò quello di Westfalia rispetto ai privilegi dell’Olanda sulla Schelda. Nel 1814 si proclamò anche rispetto a questo fiume il principio di libertà, e nel 1839 il Belgio e I Olanda, staccatisi l'uno dall’altra, convennero di ap¬ plicare alle vie navigabili comuni i principii del trat¬ tato di Vienna, e di sottomettere la navigazione della Schelda alla sorveglianza ed alla polizia comune mediante commissari espressamente nominati. Ciò non impedì però all’Olanda di conservare i pedaggi, vale a dire i diritti che ripugnano maggiormente a vero concetto della libera navigazione; e gli altri Stali si liberarono finalmente di tali gravezze in una oima che ne riconosceva la legittimità, cioè me ìante ì riscatto. Coi trattati del 12 maggio e del lo luglio 1863 quel pedaggio fu riscattato dalle Potenze in e ressate colla somma di 17,141,640 fiorini Analoghe condizioni ed analoghe pretese presen¬ tano non pochi altri fiumi dell Europa e e * merita In quest’ultimo continente la Spagna c e posse e la Luigiana, rientrata col trattato del 1/83 m possesso anche della Florida, si trovò per ta guisa fior¬ di tutto il territorio circostante alle Jocc ic c sissinni e non tardò ad accampare pretese di nav gazione e di dominio privilegiato sul fiume nei imi i (1) Palma, Trattati e convenzioni pag. 310-315. 3 — Catellani, Danubio. i, Unione Tipografico-Editrice, 1880, dei proprio territorio. Gli Stati Uniti protestarono contro una tale esclusione che non solo impediva ad essi quantunque possessori di tanta parte del lamie, ogni comunicazione col mare per quella via, ina era anche lesiva dei diritti assicurali loro espres¬ samente dal trattato del 1783 che aveva riconosciuta I indipendenza dell'Unione. Tuttavia la Spagna non cedette alle giuste domande del ripoario superiore se non dodici anni dopo col trattato di San Lorenzo cl Goal. Dal 1810 avendo gli Stati Uniti acquistata la r tonda, il Mississippi si trovò tutto sul territorio di un solo Stato e cessò pertanto di appartenere ai i convenzionali (piali furono definiti e limitati ualtatto tinaie di Vienna. Il Governo americano, se si deve giudicarne dalle opinioni dei suoi membri, non era però (in d’altera disposto ad eccedere nell’esercizio di quel diritto ili ' M ur i le i terzi che la sua nuova posizione gii conle- "f*. “ 1 regolamenti firiviali del Congresso di Vienna II oltre stipulazioni analoghe, scriveva il ministro Clav a l ambasciatore americano a Londra nei 182(5, de- m' ,,U LSS ? le 'onsiderati come im omaggio reso dal- uomo al grande legislatore dèli universo, liberando tZ-T! t- 8 “ ° S, “ a,li d,c fuTOH. lo» imposti dall arbitrio » (|), rpM >' ,ietler ? 111 pral ' ca una dottrina così sana do- : ( l uell ° Slato dalla condotta seguita dall Italia rispetto al Po, che, comune prima lo&cit.,» CaStii" p L | m llatl11 ' MlB- tu 13 ffiuitno 1828} Ap. Enpr., - 35 — a vari Stati come il Mississippi, appartiene dopo il 1866 per tutto il suo corso al nostro paese. Anche prima dell’Unità italiana esso era regolalo da dispo¬ sizioni abbastanza liberali, quali i trattali del 1834 e del 18\0 fra l’Austria e la Sardegna, e quello del 1849 fra Austria, Parma e Modena, cui aderì nel 1850 la Santa Sede ed in forza del quale era garantita la libertà ili navigazione, stabiliti regolamenti favorevoli al com¬ mercio di tutte le nazioni (1), ridotti i diritti di naviga¬ zione ai soli limiti necessari per coprire le spese, ed af¬ fidate infine le misure di dettaglio e di esecuzione ad una Commissione mista di sorveglianza costituita dai ripuari, senza che vi fosse fatto verun cenno di riserva della navigazione interna a favore esclusivo dei ri¬ vieraschi. Il Trattato di commercio Austro-Sardo del 18 ottobre 1851 stabiliva, insieme con analoghe dispo¬ sizioni, la libera navigazione del Po, del Ticino e dei loro affilienti. Dopoché la conferma di tutti questi trattati fatta nell’art. 18 del Trattato di Zurigo del 1859, divenne inutile e priva di effetto col compimento dell’unità italiana, il nostro paese non volle approfittare del di¬ ritto incontestabile che le stipulazioni europee gli attribuivano, per escludere dal nostro maggior fiume la navigazione straniera. La perfetta eguaglianza fra questa e quella nazionale è sancita dal Trattato di commercio di navigazione Austro-italiana del 27 di¬ cembre 1878 (2). Ma tale esempio può dirsi piat¬ ti) Art. 1. (2) Art. 15 e 21, pag. 525 e 527, Dei trattati e convenzioni del Palma, Unione Tipografico-Editrice, 1880. — 36 - tosto singolare che raro; poiché i trattati analoghi conchiusi nel 1851 fra l'Austria e la ! Saviet a. e nel 1855 Ira FA usi ria e la Prussia hanno minore impor¬ tanza in forza dei vincoli federativi che univano gii Stati contraenti, e deU’Uiiioiie doganale che li col- legava ancor maggiormente nei riguardi economici e fiscali. Nella massima parte degli altri fiumi il partico¬ larismo, o domina o lotta fino aH’ullimo; e gli esempi dati dall’Olanda sulla Schelda e dalla Spagna sul Mississippi non sono senza segnaci. Ciò è poi tanto più dannoso in America, dove arterie fluviali straordina¬ riamente lunghe ed ampie collegano centri inciviliti separali Ira loro da immense distese di foreste e di lande selvaggio, e dove la scarsità delle ferrovie ed in molli luoghi delle stesse strade ordinarie, fa delle vie d’acqua il più importante mezzo < li? comunica¬ zione !ra [ interno e la costa* Nella condiziono attualo do) Nuovo Mondo e special monte in quella deHAme- rica Meridionale, la libertà delle vie lluviali è per mio Stato interno una condizione di vita o di morte. Eppure I interesse è così abile artefice di sofismi che 1 1 nghilterra stessa professò al di là dell'Atlan- tico un opinione del tutto diversa da quella clic ssa aveva propugnata in Europa, Essa che al Congresso di Vienna aveva insistito perche la libertà fluviale fosse dichiarala pima ed intera e clic nel IS22 aveva reclamato al Congresso di Verona contro le pretese esclusive dell Olanda sul Reno, noesi peritò di no¬ gaie agii Stali bruti la libera navigazione del San Lo¬ renzo dai laghi al mare, prendendo a pretesto il — 37 — possesso esclusivo delle bocche del fiume (1). Invano gli Stali Uniti ricordavano Patto di Vienna che l’In¬ ghilterra aveva sottoscritto; il ministro inglese ri¬ spondeva che quell'atto fu il risultamento di un mutuo consenso fondato sugli interessi dei ripuari, e che perciò non poteva essere invocato contro chi Io contrasse da chi non partecipò a quell'accordo. i l Governo americano invano sostenne che seppure la libera navigazione concessa ai terzi può dirsi una concessione, quella accordala ai ripuari superiori deve ritenersi un diritto naturale indipendente da qualsiasi disposizione positiva o convenzionale, L In¬ ghilterra non si arrese se non circa trentanni più tardi quando Lord Elgìn firmò a Washington il trattato di reciprocità che apre agli Americani la sezione inferiore del San Lorenzo ed i canali del Canada, Nè minori ostacoli trovarono i diritti stessi della società ripuaria sugli sbocchi del Rio della Piata e dell’Amazzone. Sul primo sostenne lungamente pre¬ tese di governo esclusivo il dittatore Rosas, secon¬ dato fino alibi 11 imo dallo Stato di Buenos-Ayres, con lesione gravissima dei diritti e degli interessi dei ri¬ puari superiori e sopra lutti del Paraguay che, oltre al fiume del suo stesso nome od al Parami, non ha altra comunicazione col mare. Caduto il dittatole argentino, il generale Urquiza stipulò il principio della società (Inviale relativamente all Uruguay collo Stato Orientale e col Brasile,, confermando e comple¬ ti) Caratheodory, J« e., PM- JXI e 142; lOigtiJJiai'dO 1. e., pag. -1G n 20U, - 38 - landò il trattalo che quesli due Stali avevano con¬ chiuso fra loro Fanno antecedente. Nel 1853 il trattalo di San dosò de Flores della Ile- pubblica Argentina, colFInghilterra, colla Francia e cogli Stati Uniti, comincia ad ammettere sul fiume anche i non ripuari, e le stesse Potenze ottennero egual concessione dal Paraguay nel medesimo anno, mentre 1 Uruguay apriva per decreto le proprie se¬ zioni fluviali a tutte le nazioni. Così si andarono pro¬ clamando sul Rio della Piata e sui suoi tributari principii più in armonia coi diritti dei terzi e del commercio universale; ma ciò non avvenne in modo identico per tutto il gran corso d’acqua, che, con tanta varietà di regimi legislativi e convenzionali è ben lungi ancora dal realizzare i principii stessi del Congresso di Vienna. La Convenzione fluviale Bra¬ siliano-Argentina del 20 novembre 1857, per esempio, api e bensì il Rio della Piata ed i fiumi che vi sboc¬ cano, a tutte le nazioni, ma esclude da questa fran¬ chigia gli affluenti e riserva ai ripuari tutta la na¬ vigazione di cabotaggio. Il Brasile anzi insistette in tale occasione perchè la libertà delle comunicazioni nel Rio della Piata fosse limitata ai soli rivieraschi. Ma lo stesso Impero Sud-Americano che almeno sosteneva il condominio dei ripuari rispetto al Rio e a del quale esso è uno dei ripuari supe¬ riori, non appena si trattò dell'Amazzone (1), del quale possiede il corso inferiore e le bocche, mutò teoria, paragonabile in ciò all’Olanda ed all’Inghil- (!) Caratheodory, pag. 150, 151. - 39 - terra. Il trattato del 1851 fra il Brasile ecl il Perù estese bensì a quel fiume i principii del Congresso di Vienna, ma nel farlo non solo eccettuò gli affluenti, ma vi appose anche la riserva dell’esclusione delle navi straniere, che vi furono ammesse solo con un decreto del 1867. Esso sconobbe non poco i diritti stessi della società fluviale nel tempo medesimo che ne ammetteva l’esistenza, sostenendo che la libertà dei ripuari su¬ periori e degli Stati bagnati dai confluenti non di¬ pende che da un diritto imperfetto sottoposto non soltanto nei riguardi della polizia ai regolamenti del Brasile stesso nella sua qualità di maggiore ripuario e di possessore delle bocche. La condotta del Brasile nel regolamento conven¬ zionale del Piata e dell’Amazzone fu dunque ispi¬ rata dal desiderio di restringere il più possibile i diritti delle rispettive società ripuarie nelle quali esso occupava il primo posto e poteva riuscire per tal guisa preponderante. Tale sistema politico male co¬ perto dalle parvenze di una dottrina giuridica, non fu del resto, come vedemmo, spettacolo nuovo nel regolamento della navigazione fluviale, nè doveva restare senza esempio anche ai nostri giorni negli stessi limiti dell’Europa. Frattanto un primo esame ai regimi convenzio¬ nali di parecchi altri grandi corsi d’acqua europei, ci mostra una diversità notevole ed apprezzabile in con fronto di quelli che siamo venuti rapidamente esa minando. Se non altro nella maggior parte di questi ultimi i diritti della società ripuaria sono fin dal prin¬ cipio meglio assicurali e più equamente distribuiti. - 40 — La Commissione dei ripuari dell’Elba, designata dallart. 108 dell'atto di Vienna, benché riunitasi poco dopo il Congresso, non terminò i propri lavori che nel 1821. Fin dal principio però i propositi meno liberali nei riguardi dei terzi furono manifestati nelle sue radunanze. L’Austria anzi nel 1819, per togliere qualsiasi equivoco nell’interpretare la formula del Barone De Humboldt, propose di sostituirla nell’or- dinamento dell’Elba con una dichiarazione esplicita « che il diritto alla navigazione di quel fiume non s’intendeva esteso ai sudditi degli Stali non ripuari ». La Prussia allora però, benché d’accordo nella so¬ stanza, si oppose alla forma di quella proposta, e propose ed ottenne che il principio vagheggiato dal¬ l’Austria non fosse iscritto chiaramente in un articolo speciale, ma scaturisse indirettamente dalle disposi¬ zioni secondarie relative alla concessione delle patenti. A tali concetti fu ispirato l’atto di navigazione del¬ l’Elba firmato a Dresda il 23 giugno 1821. Solo nel 1844 per iniziativa di Amburgo fu fir¬ mato un atto addizionale in forza del quale anche 1 Austria accondiscese a malincuore che il trasporto delle merci e delle persone dal Mare del Nord a tutti i porti dell Elba e viceversa, fosse concesso alle navi di tutte le nazioni. Restava pertanto eccettuata sem¬ pre dai diritti concessi ai terzi tutta la navigazione interna, mentre il § 3 riservava anzi ai sudditi dei singoli Stati ripuari, il privilegio esclusivo della na¬ vigazione nella sezione fluviale rispettiva. L’iniziativa di Amburgo restò invece del tutto infruttuosa da¬ vanti alla tenacità del regno di Annover, nei suoi — 41 — tentativi per indurre questo Stato ad abolire il pe- daggio prelevato a Stade, a metà circa del cammino fra Amburgo e Cuxhaven, finché col trattato del 22 giugno 1861, conchiuso da quasi tutti gli Stati euiopei e dal Brasile col Re di Annover, il pedaggio hi riscattato mediante 2,857,338 talleri. Altrettanto lenta e laboriosa e non meno incom¬ pleta lu 1 applicazione del nuovo regime al Reno. Non era la prima volta che su questo fiume veniva applicato, almeno a parole, un ordinamento liberale. Il § 6 del Trattato di Osnabruck del 1648, diceva: Fluminibus quibuscumque sua pristina securitas, juris- ilìdio et usus proni ante hos motus bellicos a pluribus retro annis futi, restttuanlur et inviolabiliter conser- ventur. K secondo l’articolo 85 del contemporaneo trattato di Miinster, « non si sarebbero potuti più trattenere dall’una o dall’altra riva del Reno i bat¬ telli transitanti, nò esigere da questi altre tasse all’in- fiiori di quelle esistenti prima della guerra ». Tutto ciò si ridusse ad un paio di formule vane di più sepolte negli archivi della diplomazia. Durante quegli stessi negoziali che approdavano alle dispo¬ sizioni suaccennate, l’Olanda si riservava il diritto di fermata della Zelanda, e la Spagna in compenso isti¬ tuiva senza vermi motivo plausibile un diritto di sca¬ ricamento nella parte superiore della Schelda. Per tutto quel secolo (I) la navigazione del Reno si ridusse ad una lotta di monopolii fra le città ri- puarie. Il Reno alsaziano apparteneva a Strasburgo, (1) Engelhardt, pag. 20. - 42 - cilene escludeva i naviganti di Colonia e di Magonza, di Brisaclì e di Basilea, e vedeva alla sua volta esclusi i propri dalla sezione al di là di Magonza e di Colonia, mentre quesle ultime solo dopo la pace di Westfalia si garantirono reciprocamente la libertà della navi¬ gazione. Sopra un fiume così frazionato da diritti e da privilegi diversi e governato secondo una lunga tra¬ dizione di isolamento, istituì lutto ad un tratto, al¬ meno fra 1 ripuari, un regime di libertà l’azione della Bivoluzione francese (1). La Convenzione del 1804 sanciva una rappresentanza collettiva del condominio fluviale che era pertanto in grado di dare al rego¬ lamento della navigazione tuttala richiesta unità. Un direttore generale preposto alla navigazione del fiume godeva di poteri assai estesi ed univa nelle proprie mani sotto certi rispetti i poteri legislativo ed esecu- llV0 * a c ^P en( Jeva la polizia, la linanza, ed il ser- vizio tecnico, regolali nelle varie sezioni da ispettori eie agivano sotto ì suoi ordini e sotto la sua respon¬ sabilità garantendo così l’applicazione delle massime identiche a tutti i ripuari ed all’intero corso del fiume. 11 regime istituito sul Reno dopo il 1814 rappre¬ senta appunto una transazione fra il principio accen¬ ti atore della Rivoluzione francese, ed il movimento particolansta che susseguì alla caduta dell’Impero. Il primo risultamelito ne fu l’abolizione dell’autorità unica rappresentante il condominio fluviale, la quale fu sostituita con una Commissione riparia d’indole ( 1) V. Capo r. - .43 - puramente deliberativa, da radunarsi annualmente e sotto la direzione della ijuaie doveva funzionare un ispettore in rapo per lutto il corso del liuine ed altret¬ tanti sol Io-ispettori quante erano le sezioni territoriali. Una tale organizzazione, superiore cerio all anarchia dominante sopra altri corsi d'acqua, doveva pero mol¬ lare meno efficace ed assicurare l’uniioroaità in minor grado dell autori là unica istituita nel Iddi, la (piale non era solamente deliberativa, ma come dissi anche esecutiva e perciò tanto più indipendente e tanto piu alla ad assicurare l’osservanza delle proprie delibe¬ razioni. Ad ogni modo un tale sistema assicurava abba¬ stanza i diritti e gi'iiiterassi dei ripuari. Ma ciò non faceva si che i vantaggi assicurati dall'alto di "Vienna anche ai terzi, ne fossero maggiormente garantiti. L'Olanda anzi resistè lungamente anche ai riconosci¬ mento della società fluviale pretendendo regolare esclu¬ sivamente (!) la navigazione ed il commercio del Reno nelle regioni del suo territorio dove si esercita sulle braccia ili quello la navigazione marittima. Era questa pretesa mia conseguenza di quella che voleva riser¬ vata ai ripuari la navigazione del fiume. Infatti cosi ragionava il Governo olandese: « A chi si concede la piena libertà di azione e di moto sul lumie. Cer¬ tamente ai soli ripuari. E perchè la si concede a questi? Senza dubbio in base alla, reciprocità degl, stessi vantaggi che essi rispettivamente si assicurano. Ora tale identica reciprocità di vantaggi cessa quando (1) Calvo, 1. c. ( si parla del possessore delle bocche. Su queste e sul mare territoriale ad esse circostante si esercita la navigazione marittima. Ora se rispetto a queste bocche ed al circostante tratto di mare si concede perfetta libei la ai ripuari superiori, quale compenso potranno dare questi come correspetlivo al signore della foce ? ». Logiche conseguenze di una premessa destituita di una solida base. finalmente colla Convenzione di Magonza del 31 marzo'1831 (1) l’Olanda si de¬ cise ad ammettere alla libera navigazione dal primo punto navigabile del Reno fino al mare, i sudditi le¬ gittimati come tali da tutti gli Stali ripuari, sia per il -.ecv che pei il \\ ahi come per la loro comunicazione ai iraverso il canale di Wreraa, collobbligo da pane dell Olanda nel caso d’oslruaione di tali vie, di indi- care nuelie altee delle quali facessero uso i propri su citi, ero quel trattato, sanzionando un accordo prussiano-olandese stabilito due anni prima, riservò questa liberta ai soli Stati ripuari anche in quanto si ^ferisce alla navigazione dal mare o verso il mare. lauto fu il rigore spiegato dai ripuari nel far va¬ lere simili pretese, che nel 1830 (2) una casa di com¬ mercio della Pomerania non potò noleggiare un ba¬ stimento inglese per ,1 tragitto diretto fra Stettino e Colonia, benché entrambi i porti appartenessero alla russia apuana, e che l’armatore, il capitano, e l’equi¬ paggio fossero prussiani. A Berlino si volle paralizzare 1 azione dei non ripuari perfino nel suo manifestarsi ( 1 ) Caratheodory, ]. c. pag\ 116 (2) Engelhardt, 1 . c. pag. 82. - « — indiretto più legittimo (1), esercitando cioè una specie di inquisizione sui capitali impiegati nella navigazione renana. Infoili con tale inlento il commissario prus¬ siano a Magonza presentò ai suoi colleglli il 12 set- tembre 18411 un progeUo di articolo segreto, secondo il quale gli azionisti stranieri delle Compagnie di na¬ vigazione non avrebbero potuto votare nelle assem¬ bleo di quelle società, ed un tale diritto sarebbe stato riservalo ai soli azionisti appartenenti agli Stali ripuari de] Reno ed agli altri Siali tedeschi. Una tale proposta non In accolta, ma l’iniziativa tentata dal Governo prussiano mostra abbastanza chiaramente quanto poco favorevole ambiente fosse il bacino del gran fiume germanico alla libera navigazione degli stranieri. Solo nel 1808 i rivieraschi del Reno, costituitisi in Commissione di revisione, adottarono il principio del 1815 che voleva aperto entro certi limiti il fiume al commercio ed alla navigazione di tulli i popoli. Ma, ammessa la sostanza del diritto, la Commissione stessa la attenuò e la ritagliò non poco colle condizioni stabi¬ lite per regolarne l’esercizio. La convenzione adottata allora a Mannheim, dopo aver sancito altari. 1" il principio generale, riserva (2) il diritto di condurre un legno a. vela od a vapore sul Reno a quelli che provano d’aver praticata la naviga¬ zione sul fiume durante un tempo determinato, e che hanno ricevuto dallo Stato dove hanno preso domi¬ cilio una patente che ne ti autorizzi. Ognuno vede che (1) Eopetharrtf, 3, c, (2) Alte 15. - 46 - un bastimento marittimo straniero dovrebbe per tal guisa, nel risalire il fiume, mutar capitano. In quanto poi ai bastimenti fluviali stranieri la loro situazione ò resa molto incerta da una dichiarazione che trovasi nei protocolli di quelle conferenze. Secondo tale nota esplicativa «deve intendersi che il diritto di esercitare la navigazione sul Reno ed alle sue bocche, non im¬ plica il godimento di quei privilegi che sono accor¬ dati ai bastimenti sotto bandiera degli Stali ripuari ». Dunque un bastimento iluviale estero non potrebbe giovarsi della disposizione delfart. 4 della Conven¬ zione di Mannhein che rispetto a certe facilitazioni ed esenzioni parifica nei singoli Stati bagnati dal fiume i egni degli altri ripuari a quelli dei nazionali; è dubbio a tiesì se 1 abolizione dei diritti di navigazione sancita a ai t. 3 debba intendersi come un privilegio riservato ai membri della comunità fluviale, e perciò è ancor tato a questi ultimi di rendere impossibile ai terzi ogni tentativo di concorrenza. Quest ultimo dubbio è con ermato dal fatto che il Governo prussiano, ap- pro\an o 1 art. o della Convenzione dichiarò che la disposizione in esso contenuta doveva, per ciò che ri¬ guardava la Francia ed i Paesi Bassi, pure entrambi ripuari, intendersi connessa coi trattati commerciali conclusi separatamente con quelle due Potenze (1); il che autorizza a credere che a più forte ragione non u si vogliano ammettere gli stranieri senza conven- ziom speciali. Basta accennare al trattato conchiuso il 2 dicembre (1) Engelhardt, pag. 136. — 47 — del 18..1 relativamente al Danubio fra FAustria e la baviera, cui accedette il \\ urtemberg quattro anni ^iupo. Quella Convenzione stabilisco una certa reci¬ procità di vantaggi Ira i contraenti ed è notevole per aver estesa la libera navigazione reciproca anche agli alllnomi che scorrono in un solo territorio; ma non può dirsi che abbia istituita una vera società ripuaria contemplando essa soltanto la sezione superiore del duine* Non poteva allora estendersi un regime con¬ venzionale a tutto il suo corso* poiché la sezione infe- riure e parte delle bocche appartenevano alla Turchia che non faceva ancora parte del consesso europeo. Entratavi essa nei 1850, l’Austria, la Baviera, il V\ ùrtemberg e la Porta concili userò il 7 novembre do!ranno seguente un atto generale di navigazione relativo a tutto il percorsa navigabile del fiume. Tale atto ha qualche analogia con quello che lu comTiiuso nudici anni più tardi a Mannhein relativamente al Reno, ma a chi ben lo esamini apparisce più liberale perchè unii appone veruna restrizione nè espressa nè sottintesa a quella piccola parto di libertà che con¬ cede ai non ripuari. Esso riproduce (1) la riserva della libera navigazione sotto il rapporto del commBmo quale la si trova nell atto finale di Vienna, ma abolisce (2) i privilegi, i pedaggi e gli altri diritti di origine feudale. Ammette (3) senza disfinzione alcuna tutte le nazioni (1) Art l f V* Caratheodory, appendice, pag. 176,195* (2) Alt. 2, 3* (d) Art. 5, 7. — Art. 5* I/ararci aio della navigatone del mare a ciascun porto ilei Danubio e da ciascuno dì liuesti porti al maro, è libera alle navi rii iurte le nazioni. — In conseguenza quièto navi potranno toccare tutti i porti situati nella direzione di questi viaggi, sbarcandovi in tutto od in parte - 48 - alla libera navigazione dal mare e dalle altre vie na¬ vigabili al buine e viceversa, ma riserva la navigazione fluviale propriamente detta a totale bendino dei ri¬ tmali (l). Gii articoli seguenti stabiliscono una serie di reciprocità Ira i ri [mari (2) c di disposizioni perle paLenti dei bastimenti e dei piloti (3} che implicano la conseguenza dì una navigazione riservata quasi esclu¬ sivamente ai soli rivieraschi. lui infatti chi consideri quanto piccola parte dei liumi navigabili possa essere generalmente risalila dai bastimenti marittimi, facil¬ mente si persuade die, una volta ristretta la libertà dei terzi alla navigazione con questi ultimi, un com¬ plesso di difficolta materiali viene in soccorso alla gelosia degli Stali ripuari, riducendo a ben poca cosa la libertà concessa in quei limiti a tutte le nazioni. Considerando però la vera portala dell'atto del lobi, non potrebbe affermarsi che esso fosse violato dalla Convenzione del 1857. Nell’atto finale fu adot¬ tata infatti la clausola restrittiva « sotto il rapporto del commercio » respingendo la forinola della libertà assoluta e generale proposta da lord Clancarty c dal imnistio badese De Berkheira; e quella restrizione fu vi^^tori iJiwim a'i* 1401 ' tl,B h’wportnao dui mare, eri imbarcare merci e saranno trattate sotto^iT-,^' late navigazione tutto te navi 0 ) Art. 8 I Wnw - * i * a PP° rt 1 b piede di una perfetta egMIflianm i -corti del Dannili/- ' L a »av.Ìga®ioiie fluviale propriamente detta IVa .* ™“ - m.ati secondo il tenore «lenii irticoli ^ ^ eate S forta ’ iefriUi ~ la navi frazione tinvìni» t seguonti, Latine il diritto di editare 5 A “U ***** SU1 l,i «»* Pretta uguagtea. (3) Art. 15,16, 17. — 49 — propósta e fu adottata appunto per escludere la per¬ fetta libertà fra ripuari c stranieri. Pure l'atto del 1857 non potè essere eseguito. — Per qual motivo dunque fra tutte le convenzioni die applicarono fino a quel giorno con interpretazioni piu o meno restrittive i principii della libertà fluviale, ri¬ mase senza esecuzione per taccia di illiberalità una delle meno illiberali? Ciò avvenne non solo perchè la condizione di fatto degli stranieri sul basso Danubio ue sarebbe stata peggiorala, privando alcuni Stati di maggiori concessioni che la Porta aveva già loro lai" gite, ma anche perchè il trattalo del 1856 che si trat¬ tava appunto allora di eseguire aveva applicali a quel fiume i prihcipii del 1815 con maggior larghezza di quella del testo primitivo. Ora le Potenze che avevano stipulato quel trat¬ tato pretendevano esercitare un diritto di controllo sulla sua esecuzione. È vero che si oppose anche piu tardi a tale pretesa essere stato anche latto del ISio un trattato europeo, ed essere perciò massime gene¬ ralmente obbligatorie anche le sue; e pure gli Stati non ripuari non avevano mai preteso di esercitare un controllo diretto e preventivo sulle convenzioni che applicarono poco fedelmente le massime stesse, da quella del 1821 relativa all’Elba, a quella del Reno del 1868 Ma il diritto di controllo era stato affermato più esplicitamente nel 1856; ed in quanto alla pretesa da parte delle Potenze europee di tarlo valere, ed alla possibilità di eseguire questo loro proposito tutto ciò dipendeva non solo da un complesso di peculiari prin¬ cipi! convenzionali, ma anche dalle cond.z.om del 4 _ CilTKU.AtU, ItetUilriOT - 50 - lutto speciali del territorio danubiano è degli Stali che ne possedevano la parte inferiore. Perciò le Potenze riunite in conferenza nell’agosto del 1858 vollero e po¬ terono impedire che l’atto de! 1857 venisse eseguilo. Da quando il Danubio entra nel numero dei fiumi internazionali, ci troviamo pertanto davanti ad un fatto nuovo nella storia del regime convenzionale dei ili uni. I primi tentativi della Repubblica francese per la riforma del diritto fluviale, l’ordinamento del fieno sotto 1 Impero, l’atto finale del 1815, e le convenzioni particolari clic lo applicarono, moslrarono,gempre pre¬ valente il potere del condominio fluviale sui diritti dei terzi. Rispetto ad alcuni fiumi è la società dei ripuari che esclude in tutto od in parte ì terzi dalla naviga¬ zione intèrna; rispetto ad alcuni altri è lo Stalo pos¬ sessore della foce che vi vuol dominare con pieno arbitrio anche a danno dei ripuari superiori; in lutti quanti pero il regolamento della navigazione dipende interamente dalle deliberazioni della società ripuaria, ed i navigatori stranieri devono seguirne le norme in omaggio alla sovranità territoriale. Nel caso del Danubio al contrario si palesa fin da principio insieme colla massima non praticala prima della navigazione assolutamente libera, anche quella più insolita ancora della volontà preponde¬ rante elei non ripuari, e d’una compartecipazione ili sovranità attribuita a questi ultimi ed ai ripuari su¬ periori a scapilo del possessore delle bocche, È un fenomeno complesso nelle sue cause c singolare in lui te le fasi del suo svolgimento, e che perciò merita tanto più d'essere esaminato un po’ da vicino. - 51 CAPO IV. Applicazione al Danubio del principio di libera navigazione. — Trattato del 1856, Diritti ed interessi delio Stato posses- sore della boccile sacrificati a quelli dei ripuari superiori e dei terzi. Origine e sviluppo della Commissione Europea, È singolare che l’ultimo grande fiume d’Europa cnlraLo nel numero dei corsi d’acqua internazionali sia stato appunto il Danubio, che non solo per la propria importanza attuale reclamava un ordina¬ mento ben concepito c rettamente applicato, ma fin dai tempi antichi era stato un portentoso veicolo di commercio e di civiltà. Le numeroso colonie greche del Mar Nero face¬ vano operosi negozi coi paesi del bacino danubiano, e la ìiam orsjjw! nv ‘isrpsu lasciava passare in tuLla libertà i naviganti nel loro viaggio verso i paesi solcali dal¬ l’ampio corso del buine. E tanto importante appariva quest’ultimo come mezzo effettivo di comunicazione, tanfo varia era la quantità degli oggetti trasportati dai commerciai!li clic lo discendevano, che Erodoto, non trovandone le sorgenti, suppose die avesse origine dai Pirenei e traversasse nel proprio corso tutta quanta l'Europa. Così florido continuò lungo tempo d commercio danubiano; le flotte romane vi entra¬ vano dal Mar Nero, e prima di quelle le galere dei - 52 - Ho di Persia c di Macedonia, percorrevano /molla medesima via che più tardi venne solcala dagli am¬ miragli bizantini ed ottomani. Ma alla metà del nostro secolo il Danubio era caduto in miserevoli condizioni ; le sue comunica¬ zioni col mare erano scarse, ed, anche a queste poche, mal si prestava lo stalo delle sue loci. A torto si pre¬ tese che la colpa di una tal condizione di cose dovesse cadere interamente sulla Turchia. Lo smentiscono i vantaggi che il Governo ottomano accordò in ogni tempo a quelle nazioni che volevano esercitare il commercio e la navigazione nel tratto del fiume tra¬ versante il suo territorio (1). Potenze non rapitane come la Prussia e la Grecia godevano, in grazia ili tali concessioni della Porta, di una libertà di navi¬ gare raramente accordata ai terzi sugli stessi fiumi convenzionali. Ciò non ripugnava del resto nò alla re¬ ligione degli Ottomani, nò alle loro dottrine giuri¬ diche. Il Dio di Maometto (2) insegnava agli uomini che loro appartiene tutto quanto egli creò sulla terra; ed i giureconsulti ottomani, distinguendo lo cose che possono formare oggetto di proprietà da quello di uso comune, noverano appunto fra queste ultime i fiumi ed ì loro alvei. La Turchia poteva, ri¬ spetto al Danubio, essere accusata piuttosto di in¬ curia e di negligenza che di malvolere e di mire esclu¬ sive. Queste piuttosto provenivano da altre Potenze che tentarono d’impedirne più tardi il regime con- (1) Caratheodory, L pag. 125-135, (Z) Coram, capo ai, vere, il-, ap . Caratheodoiy, |. pag . 03 . — 53 — venzìonale, e di limitarlo il più possibile quando fu istituito. I trattati fino allora conchiusi relativamente a quel fiume ed in modo speciale alle sue bocche, od erano senza importanza nei riguardi della libertà, o vi erano apertamente contrari ed erano rimasti senza esecuzione. Il Trattato di Bucliarest del 1812 (1), aveva stabilito che la navigazione del fiume appar¬ tenesse in comune alla Russia ed alla Turchia, colla facoltà per le navi da guerra russe di discendere il liume lino al firn bocca tura del Prudi. La pace di Adrianopoli del 1829 affidò la navigazione del fiume in quei territori alla piena balia della Russia, e ben¬ ché il trattato austro-russo del 1840 (2), tendesse a mitigarne gli effetti proclamando (3) il principio della libertà anche nel percorso interno del fiume, pure esso restò senza effetto veruno. La Russia che si era obbligata con quel trattato a sgombrare le boccile di Bulina non esegui tale impegno e ia navigazione del fiume non divenne per elfelto di quella convenzione, nè materialmente più facile, nè legalmente più li¬ bera. Anche le quarantene, rese più necessarie die in altri fiumi dalla direzione orientale del corso, si prestavano mirabilmente a se n’ire, esagerando le precauzioni volute dall’igiene, alle velleità del par¬ ticolarismo territoriale. Cordoni sanitari, lazzaretti, posti militari disseminati lungo la Salina di chilo¬ metro iu chilometro, erano collocati e latti agire in ( 1) A rt. 4, <2) Wlieaton, Storia, pag.333 o MartoDR-Murhwd, 1. 1 . p*g. 208. (3) Art. 9. modo atto a tener indietro insieme coi malati even¬ tuali anche quei pochi sani cui le condizioni misere¬ voli della foce avesse permesso di risalire o discendere il liume. A questi abusi della Russia, che durante la guerra della Crimea furono grandemente peggiorati nei pro¬ pri effetti sul Dèlta danubiano da uno stato di vera anarchia, si contrapponeva fin d’allora non sufficien¬ temente mascherata qualche velleità austriaca di predominio sul fiume che a Vienna si voleva retto da una Commissione ripuària, nella quale FAustria avrebbe signoreggiato e che avrebbe dovuto agire come sindacalo europeo. Lo Potenze che avevano ricacciato indietro la Russia nel suo cammino verso l’Orienle, e che certo non potevano adattarsi a lasciar cogliere all'Austria sola il frutto dei tanti sacrifizi che avevano fatti, dovevano avvedersi, mentre la guerra volgeva al suo fine, che, nel caso del Danubio, la questione giuri¬ dica della navigazione fluviale si complicava seria¬ mente colla questione politica dell’equilibrio nei paesi orientali. Tanto maggiore doveva dunque presentarsi ai Governi alleali la necessità di provvedere effica¬ cemente. Lo stato del fiume, i mutamenti polìtici del territorio che esso attraversa, le esigenze del com¬ mercio universale, cd j suoi diritti ed i suoi inte¬ ressi indicavano uri complesso di necessità tecniche, politiche e giuridiche cui era necessario provvedere. Qualunque ordinamento regolamentare fosse de¬ stinato ad essere adottato, bisognava pensare ad im¬ pedire che 1 autorità incaricata di eseguirlo uè fal- k 55 — sasse il significato, o ne mutilasse gli effetti. La nota negligenza della Turchia complicata dalla sua debo¬ lezza e dalla sua condizione precaria, non poteva affidare l’Europa, nè questa poteva d’altronde abban¬ donare il regime del fiume alla Russia che cessava d’esserne ripuaria od all’Austria che in tal guisa sa¬ rebbe stata arbitra assoluta fra gli altri Stati attraversati dal fiume. L’avvenire dell Oriente gravido di tempeste, e l’esperienza già fatta delle tendenze mal celate dei ripuari, aveva ammaestrato l’Europa. Da ciò doveva sorgere l’idea di un controllo europeo. Tale concetto, benché non mai posto in pratica in modo effettivo e permanente, non poteva però dirsi nuovo, nò contrario al diritto pubblico dell Europa. Agli art. 5 e 32 del Trattato di Parigi del 1814 avevano aderito implicitamente gli Stati che mandarono i propri plenipotenziari a Vienna nel 1815, e le regole procla¬ mate, senza un’espressa indicazione di particolarità, da quest’ultimo Congresso, hanno senza dubbio un ca¬ rattere di obbligatorietà universale. Ora la questione dei fiumi non fu considerata come particolare a qualche Stato dal Congresso di Vienna, che anzi estese le proprie norme dal Reno agli altri corsi d’acqua comuni a più territori. Il minimo di obblighi sancito a Vienna a carico dei ripuari, deve essere considerato dunque come un complesso di rapporti di competenza europea. E che ciò fosse ritenuto dalle stesse Potenze com¬ ponenti il Congresso del 1815, lo prova la presenza nella Commissione del plenipotenziario inglese Conte di Clancarty che non rappresentava uno Stato ri- - 56 - puario di verun fiume comune; e lo provò successi¬ vamente l’intervento reclamato dal Duca di Wel¬ lington al Congresso di Verona, a proposito della chiusura del Reno alle sue bocche da parte dell’O¬ landa. Gli articoliche lord Clancarty aveva proposti nel 1815 (1) per riservare ogni aumento di tariffa sui corsi d acqua comuni all’approvazione delle Potenze, e 1 arbitrato delle grandi Potenze richiesto nel 1838 dal commissario francese per decidere la questione sorta circa il riparto dei diritti percepiti sul Reno, sono ispirati a quella medesima convinzione. L’Eu¬ ropa ha dunque il diritto di esercitare un controllo limitato sugli atti dei singoli gruppi di ripuari, come ha il diritto di esercitarlo relativamente alla esecu¬ zione di tutti quegli obblighi ed all’esistenza di tulli quegli istituti che o per diritto naturale, o per la sanzione di un accordo generale fra le Potenze, sono rivestiti di un certo carattere di universalità. Ma pur affermato il criterio d’un certo controllo europeo, non fu agevole il concretarne precisamente l’indole e la misura, quando le Potenze che avevano espugnata Sebastopoli, ponendo fra le condizioni della pace colla Russia la libertà del gran fiume, si accinsero a cercare i mezzi atti a far si ch’essa non restasse una formula senza effetti pratici. La prima proposta indirettamente ispirata a tale ordine di idee fu fatta nelle conferenze di Vienna del 1855 dal- 1 Austria stessa, che non prevedeva allora l’allonta¬ namento della Russia dal Danubio e che perciò len- (1) Engelhardt, pag. 207, nota. — 57 — (.leva colla propria mozione a paralizzare l’influenza del suo potente vicino. Il plenipotenziario austriaco proponeva allora die la futura Commissione mista, chiamata ad esercitare la propria azione nel Delia ed alle boccile, dovesse funzionare come sindacato europeo, termine inusitato che il plenipotenziario russo comprese subito indicare un istituto lesivo di quella sovranità territoriale sul Delta danubiano che il suo paese allora sperava ancora di conservare. 11 Delta infatti, secondo la proposta austriaca, doveva esser neutralizzato, e la Russia non vi avrebbe con¬ servalo che la giurisdizione personale sui propri sudditi (1). Quando si comprese che la pace imminente avrebbe mutata ai danni della Russia la sovranità di quel territorio, l’Austria non insistette più sulla prima proposta della quale veniva per tal guisa a mancarle l’ohbieUivo principale, ma le Potenze alleale non abbandonarono il concetto che l’aveva ispi¬ rata, anzi la ripresero e la svilupparono per conto proprio. In Fatti l'anno seguente nelle trattative pre¬ liminari di Vienna che precedettero immediatamente il Congresso di Parigi fu stabilito nella seduta del 1° febbraio che « la libertà del Danubio e delle site bocche sarebbe efficacemente assicurata mercè istitu¬ zioni europee, nelle quali le Potenze contraenti avreb¬ bero dovuto essere egualmente rappresentate » (2), (1) Reime de rtroit mi. et dv l 253-1Z55. — Ari. 10, Allo scope rii realizzare le disposi- sdorò deir articolo precedente* ima Cu in missione nella quii le 1‘Austria, la Francia, la Gran Bretagna, la Prunaia, la Sardegna e la Turchia saranno rappresentate ciascuna ila un delegato, saia incaricata dì designare a ili far eseguire i lavori necessari ila Isakfclia in gh\ per liberare le bocche del Danubio e le parti del mare c imm vi ci ne dalle rabbie c dagli altri osta¬ coli che le ostruiscono e per mettere questa parte del fiume e del mare nelle migliori condizioni possibili di navigabilità. — Per coprire ! e spese ili questi lavori o degli stabilimenti aventi lo scopo d'accorare e di facilitare la na¬ vigazione alle bocche del Danubio, dei diritti fissi d’un tasso conveniente stabiliti dalia-Commissione alla maggioranza dei voti, potranno essere pre¬ levati colla condizione espressa che, sotto questo rapporto come sotto ogni - 61 — In una forma tanto insolita e con garanzie tanto eccezionali venne esteso senza restrizioni di alcuna specie al Danubio il principio della libertà di naviga¬ zione assicurata ai ripuari ed ai terzi sul piede della più perfetta eguaglianza. Il concetto della Commis¬ sione europea che è 1 organo precipuo e più originale di questo nuovo ordinamento, non uscì pertanto tutto ad un tratto dalla mente dei diplomatici radunati a Parigi, e, se pure non ispirato da altri scopi, esso fu certo fecondo di altri effetti oltreché quello di assi¬ curare la libera navigazione del fiume. La nuova isti¬ tuzione europea trovò altri fattori anche prescindendo dal bisogno di assicurare l’efficace adempimento delle regole adottate dal Congresso. Occorreva un qualche organismo che sostituisse con superiorità di forze altro, le bandiere di tutte le nazioni saranno trattate sul piede di una per¬ fetta eguaglianza. Art. 17. Una Commissione sarà stabilita e si comporrà dei delegati d’Austria, di Baviera, del Wurtemberg e della Sublime Porta. Questa Commissione che sarà permanente: 1° elaborerà i regolamenti di naviga¬ zione e di polizia fluviale; 2® farà sparire gli ostacoli d’ògni specie che si oppongono ancora all’applicazione al Danubio delle disposizioni del trattato di Vienna; 3° ordinerà e farà eseguire i lavori necessari su tutto il percorso del fiume; 4° veglierà, dopo lo scioglimento della Commissione europea, al mantenimento della navigabilità nelle bocche del Danubio e nelle parti del mare circonvicine. Art. 18. ù inteso che la Commissione europea avrà finito il suo còmpito e che la Commissione ripuaria avrà terminati i lavori designati nell’articolo precedente ai numeri 1 e 2, nello spazio di due anni. — Le Potenze con¬ traenti, riunite in conferenza, informate di questo fatto, pronuncieranno, dopo averne preso atto, lo scioglimento della Commissione europea, e da quel momento la Commissione ripuaria permanente godrà di poteri eguali a quelli de’ quali la Commissione europea sarà stata investita fino allora. Art. 19. Per assicurare l’esecuzione dei regolamenti che saranno stati stabiliti di comune accordo secondo i principii suenunciati, ciascuna delle Potenze contraenti avrà il diritto di far sempre stazionare due bastimenti leggeri alle bocche del Danubio. mH"* l’impotenza della Turcliia, c che, ponendo un argine alle mire sospette della Russia, valesse nel tempo stesso a porre eventualmente un ostacolo alle mire non meno sospette dell’Austria. Per tutte queste cause dal concetto del sindacalo europeo esposto nel dal Gabinetto di Vienna, si svolse gradatamente la Coìnmissione europea istituita l’anno dopo dal Con¬ gresso di Parigi. Ma il suo svolgimento non si arresta «pii; essa era il frutto di circostanze locali, della singolarità deU’ambienle che la vide sorgere, e dell’indirizzo po¬ litico europeo; ed il persistere od il modificarsi di queste varie condizioni estrinseche doveva influire sulle intime condizioni della sua esistenza, non meno che l'indole della sua missione e le difficoltà pratiche incontrale nel l’eseguirla. Cosi avvenne che essa si sviluppasse e sì rafforzasse in ordine al tempo mercè le proroghe che aggiunsero successivamente nuovi periodi di vita ai due anni prima assegnali alla sua esistenza; in ordine allo spazio risalendo gradata- mente pei' non breve tratto il corso del fiume; ed in ordine alla misura dcll'auLorità aggiungendosi a inano a mano nuovi poteri in parte per necessità ed in parte per consueti idi ne. Fin dalla loro prima riunione i commissari si av¬ videro come due anni fossero assai poco per non dir nulla rispettivamente alle molle difficoltà d’indoli; politica ed amministrativa e d'indole tecnica clic mi¬ nacciavano il successo della loro impresa. La popo¬ lazione del territorio sottoposto al loro controllo, for¬ mata nella sua minor parte di Rumeni, di Greci e di - 63 — Bulgari, e nella parie maggiore e più stabile di antichi emigrati Russi e Ruteni, costituiva un insieme die poteva dirsi vario per nazionalità ma uniforme per indole: era tutta una disseminala banda di ladri. Fin dal tempo che precedette la guerra le imbarcazioni degli abitanti, cui dovevano ricorrere i navigatori du¬ rante il passaggio dei banchi situali alla foce, avevano un doppio fondo che ingoiava gran parte del grano momentaneamente estratto dal bastimento. Così si spiegava come mai potessero lavorare sulla costa pa¬ recchi mulini a vento in situazioni deserte, circondate da territorio sterile e pantanoso. Durante la guerra tale stalo di cose non fece die peggiorare. Nel 1854 un colpo di fucile partito da Sulina uccise il figlio deH’ammiraglio inglese die vi si era avvicinato, in seguito a tale avvenimento gli Inglesi distrussero il villaggio e bloccarono le bocche del Damibio quasi fino al termine della guerra; ma non appena il blocco fu levato una popolazione, peg¬ giore ancora di quella che gli Inglesi avevano dispersa, calò d’ogni parte sugli stessi luoghi ai darmi dei na¬ viganti che erano o fatti incagliare, o spogliali addi¬ rittura impunemente per la mancanza d’ogni auto¬ rità sulla riva destra del braccio di Salina (1). A questi riuovi disordini pose un termine sul finire della guerra l’uccupazione austriaca e la legge marziale. Cessata l’uria e Feltra col trattato di pace, l’au- I ori là territoriale e la Commissione europea dovevano ( l) Rettu# tles Oeu;.e Mondi 7 a\ L" Inolia [870; Erige Ulani fc* Lea emhm- chui'cs (tu Danubd ri la Commis-don insiti ttèe par le Conyrèx de Par in, pag. 9ÌM17, IPIIWIill II Hill I III li II I II ottenere su quell’elemento torbido ed infido in modo permanente e con mezzi ordinari lo stesso elletto di tranquillità e di sicurezza che l’autorità austriaca vi aveva instaurata con mezzi eccezionali in via transi¬ toria. Da ciò la necessità che la Commissione europea non fosse soltanto tecnica e deliberativa ma parte¬ cipasse in una certa misura delle prerogative stesse della sovranità. In seguito a domanda della Commis¬ sione stessa i Governi allora le riconobbero il diritto di regolare la navigazione sul Danubio marittimo, ed un accordo diretto colla Turchia pose entro certi li¬ miti le autorità territoriali sotto la sua dipendenza. Nè meno ardua del compito morale e politico della Commissione era la sua missione d’ordine tecnico. Mancava una buona carta topografica del paese sul quale essa doveva agire, non erano stati fatti gli studi preparatorii sullo stato comparativo delle tre braccia del Delta, facevano completamente difetto gli stabili- menti necessari per fornire i mezzi necessari a quella qualunque serie di lavori che venisse deliberato di eseguire; tutto persuadeva la Commissione di una sola verità sopratutto: che se i suoi poteri non avessero dovuto essere prorogati, ogni suo tentativo sarebbe riuscito completamente a vuoto. Si tentò invano sul passo di Sulina lo scavamento diretto del fango; e si deliberò allora di fare provvi¬ soriamente su quel braccio dei lavori speditivi, rispetto ai quali, respinto il concetto dei canali e delle chiuse, si adottò il progetto di due dighe parallele protese oltre la bocca del fiume. Nel 1801 esse erano compiute; quella della riva nord aveva una lunghezza di 4631 — 65 - piedi inglesi, quella del sud di 3000; la spesa totale era stata di 2,200,000 franchi (1). Soddisfatto così nei primi cinque anni della propria esistenza ai più urgenti bisogni della navigazione, la Commissione europea doveva scegliere il braccio del Delta sul quale sareb¬ bero eseguiti i lavori definitivi per aprirlo poi al com¬ mercio universale. A 48 chilometri a valle dell’imboccatura del Pruth il Danubio si divide in due braccia, il primo dei quali, quello di Ivilia, corre verso l’est-nord-est assorbendo oltre la metà del volume d’acqua del fiume. Pochi chi¬ lometri più a valle l’altro braccio si divide alla sua volta in altre due diramazioni, la prima delle quali, la Sulina, si dirige verso il nord-est, e la seconda, il San Giorgio, verso il sud-est. La Sulina, benché non sia più ampia, fu prescelta come la più atta e la sola che, anche prima dei lavori, fosse frequentata dai basti¬ menti marittimi. Furono però varie e discordi le opi¬ nioni prima che una tale preferenza venisse data a quel braccio anche rispetto ai lavori definitivi. Fin dal 1857 per esempio era stato richiesto l’av¬ viso del Paleocapa su tale questione; e l’illustre uomo, quantunque del tutto cieco, rispose all’invito con una dotta Memoria, nella quale profondamente discusse le condizioni idrauliche delle tre bocche prin¬ cipali, si determinava a dare la preferenza al ramo di San Giorgio ad esclusione degli altri due (2). Co- (1) Revue cles Deux Moncles, 1. c., pag. 107. (2) La Memoria fu quindi pubblicata col titolo: « Considerazioni sulla scelta di quello fra i canali del Danubio che convien preferire per regolarne la foce nel Mar Nero, e sulle opere necessarie per conseguirne l’intento ». 5 — Gatellani, Danubio. - 66 - munque sia, il parere della Commissione prevalse anche rispetto ai lavori definitivi sulle opinioni emesse fuori del suo seno, si per quanto riguarda le dighe che furono preferite al sistema del canale che un Comitato tecnico di Parigi voleva imporre nel 1858, come per quanto riguarda il braccio di Sulina che fu definitivamente preferito contro ogni opinione contraria agli altri due. Se la esistenza della Commissione europea fu pro¬ rogata e rafforzata da tutte queste condizioni per dii* così negative, essa trovò ben presto una condizione positiva di vita e di svolgimento nel lavore destato nella pubblica opinione europea dei primi vantaggi economici dell’opera sua. La profondità della foce di Sulina che variava prima fra gli otto e i dieci piedi, raggiunse dopo il compimento delle dighe una media che sta fra i 1-6 e i 17, per ridursi a 12 invece di 8 sul corso inferiore del fiume (1). Da ciò evitata la necessità dei trasbordi, e diminuite di qualche milione all’anno le spese della navigazione in quei paraggi, e di una somma ancor maggiore i danni che, sopratutto il commercio dei cereali, pativa in causa dei trasbordi e della mancanza di una buona polizia fluviale. Il commercio di esportazione dando libero sfogo ai prodotti eccedenti del suolo fu causa principalissima Torino, Stamperia Reale, 1858, pagina 106, con una grande tavola, mappa d’avviso delle bocche del Danubio, pubblicata dal Ministero della marina. Per maggiori particolari vedi Torelli, Turazza, Sclopis nelle rispettive Monogralie. (1) Revue cles Deux Mondes , 1. c., pag. 110. — 67 - della rinascente prosperità di quelle contrade. Mentre nel 1861 erano usciti dal Danubio soli 57 vapori con un complesso di 17,324 tonnellate, nel 1868 il numero dei vapori fu di 334 con 145,687 tonnellate, per rag¬ giungere nel 1881 fra navi a vela e navi a vapore la cifra di 1711 con un tonnellaggio di 793,454 (1). Al pro¬ gressivo aumentare di questi numeri fa singolare e con¬ fortante contrasto il costante diminuire degli infortunii che dalla proporzione di 0,38 per cento verificata nel 1861 erano discesi ventanni dopo a 0,06 per cento (2). Mentre dunque le condizioni eccezionali del fiume e del paese furono le cause principali di una istitu¬ zione così eccezionalmente organizzata, i buoni effetti da essa ottenuti furono presso i paesi Danubiani e presso tutta l’Europa la sua migliore giustificazione. Così avvenne che, partecipando dei caratteri propri dell’istituto internazionale e di quelli che appartengono alla sovranità territoriale, essa presenti un fenomeno che può dirsi unico nella storia delle relazioni fra le società civili. Fin da principio essa si distinse dalle Commis¬ sioni fino allora istituite e contemplate dall’atto finale di Vienna. Queste infatti si compongono esclusiva¬ mente di mandatari dei rivieraschi, discutono e racco¬ mandano misure proficue alla navigazione comune, ma non promulgano direttamente nè leggi nè ordi¬ nanze. Essa invece, composta in maggioranza di dele- (1) Revue cles Deux Mondes , loo. eit., pag. 112 e documenti diplomatici (Libro verde italiano) sulla questione del Danubio. Roma 1883, n. 46, an¬ nesso li, pag. 139-161, Statistica della navigazione. (2) Loc. cit., stato n. 9, pag. 155. - 68 — gali degli Stati non ripuari, è nel tempo stesso deli¬ berativa ed esecutiva. Come corpo deliberante le spetta l’esame d’ogni questione relativa alla marina mercan¬ tile del basso Danubio. Essa compila i regolamenti di polizia e di navigazione sottoposti all’approvazione delle Potenze (1), e stabilisce le tariffe ed i piani dei lavori che riconosce opportuni. I progetti votali nel suo seno, diventano obbligatorii e la pubblicazione ne è fatta dalla Commissione stessa in proprio nome. Come autorità esecutiva essa possiede in parte i diritti di una amministrazione sovrana polendo diret¬ tamente eseguire e far eseguire le proprie deliberazioni così d’indole generale come d’indole particolare. A tale scopo essa ha sotto la propria dipendenza un per¬ sonale vario e numeroso che agisce unicamente se¬ condo i suoi ordini e le presta il giuramento d’obbe¬ dienza. Nella sua qualità di tribunale superiore le fu riconosciuto fin da principio il diritto di annullare, di modificare e di confermare le sentenze pronunciate dal capitano del porlo di Sulina e dall’ispettore gene¬ rale del Basso Danubio come giudici di prima istanza, e secondo il progetto di atto addizionale annesso al protocollo 341 del 24 novembre 1879, le sentenze del¬ l’ispettore del Basso Danubio e del capitano del porlo di Sulina devono essere rese in nome della Commis¬ sione europea. La Commissione europea è dunque rivestita in parte dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudi- (1) Atio pubblico del Basso Danubio del 2 novembre 1865, Palma, Trattati e convenzione. Torino 1880, pag. 247 e seg. - 69 - ziario; nè lo mancano le prerogative dì una certa per¬ sonalità autonoma nemmeno nei rapporti internazio¬ nali. Essa trattò direttamente cogli Stati vicini in più d una circostanza, ed ha bastimenti propri con una propria bandiera riconosciuta dallo Potenze, — Piui- l osto die una pura Con un iasione (Inviale essa può dirsi una vigile guardia europea posta a sorvegliare e coordinare intorno alle bocche del gran fiume i rap¬ porti degli Stati Danubiani, nel tempo stessocho tutela con esèmpio nuovo, anche a scapito dei diritti sovrani di questi Stali, i diritti e le franchigie dei terzi naviganti in quei paraggi. Era naturale che, appunto perciò, ogniqualvolta le Potenze non ripuarie riunite in conferenza, tratta¬ rono della navigazione Danubiana, esse fossero più proclive a prorogare quella Commissione che non a pronunciarne lo scioglimento previsto dall art. 18 del Trattato di Parigi, Alla conferenza di Londra del 1871 che pur ammise una strappo latto a quel Trattato dalla Russia riguardo al Mar Nero, prevalse egualmente quella stessa tendenza rispetto al Danubio ed alla Commissione europea. Questa vi fu prorogata per alil i 12 anni; fu previsto l'ordinamento della Commissione ripuaria già abortita nel 1857; fu garantita la neutra¬ lità delle opere e degli stabilimenti costrutti dalla Com¬ missione nel Basso Danubio ; ed affidando alle Potenze ripuarie del Danubio medio i lavori da farsi alle Porte di Ferro e l'esazione dello tasse da imponisi per sop¬ perire alle spese relative, vi si accennò per la prima volta allo smembramento amministrativo c giuridico del illune, in sezione bassa, media ed alla, così poco — 70 - in armonia colle logiche esigenze (li un buon ordina¬ mento come colle massime di Vienna e di Parigi (1). La Commissione Europea superò una crisi piu pericolosa riuscendo ad essere man tenuta colle ga¬ ranzie che la circondavano anche dal Trattato di Santo Stefano del 1878(2), per ricevere una conferma piu importante ancora poco tempo dopo dal Trattalo di Berlino che le aggiunse un delegato della Ritmema; portò i suoi poteri lino allalalz, sanzionandone espres¬ samente la perfetta indipendenza dallantorilà territo¬ riale; provvide alle sue proroghe future, e la incarico dei regolamenti per la sezione fra Oatalz e le Porle di Ferro, affidando all Austria i lavori da eseguirsi su questo punto (3). (1) Archhrò' de droit hiL et de léff. comprir&, 187-i: Trattato ili Londra. SH71. — Alt* 4. La Commi gitine europea è man tenuta nella sua composizione attuale* La durala di questa Cuminiasione è libata pei- tua perìodo «li 12 anni a partire dal 2.4 aprile 187 L — Art., fi. Le Potenze ripa a tip della par fu del Danubio dova la cataratta e lo Porto ili Fervo mettono degli osiamoli alla navigazione rfeeivaniùsi d 1 * 3 intendersi fra il! loro allo scopo di far sparire fall trètàeoli, le altre partì ermi,menti riconoscono lom Un tVora II diritto di percepire ima tassa provvisoria tifile navi ili commercio sott i? ogni bandiera che Un d'ora no proti! tornino lino al resi iny.it ma ilei debito con (ratto por la esecuzione dei lavori, eil esse didiiamiin fari Itolo 15 ilei Trattoti d I dirigi (abolizione dei diritti di navigazione) inapplicabile ri questa parie del dumo per un coreo di tempo necessario al rimborso dei debiti, iti questione. (&) Annmirè de droit ini., anno IY, pag. 232-284, Trattalo dì Salito Sta¬ tano. - Art. 12. Tutte ]e loriche del Danubio saranno rase, uè qtiolle nè altre costrutte; non si ammetteranno bastimeli Li dti guerra nello acquo dei 1 * ri n c i pati J )au nbiarii* e>. mt tua ti gli % taa i i ? na ri ed 3 l m 1 i in ai ili legg io ri ] >c v la polizia, fluviale e per il servizio delle dogane, — i diritti,, le obblig astoni e le prerogative della Commissione ìntomazionale del Lasso Danubio sono mantenuti intatti, — Art, 13, La Sublimo Dotta prende a proprio carico il risia Ijiiimenio della navigabilità del passo dì Bulina. (3) Ammaini de droit nUermdionat, anno IV (1880), pag. 2C0 e 2fi", I ruttato di Berlino* — Art, 53. La Commi ss tono europea, nella quale la Rumarmi sani rappresentata, è tóàniemjtu nelle sue finn zi uhi e lo eserciterà — 71 — Cosi la Commissione Europea trovava esteso fino a Galatz il tratto di fiume sul quale doveva agire diret¬ tamente, e fino alle Porte di Ferro quello sul quale doveva agire indirettamente; mail regime del Danubio non ne diventava che ancora più eccezionale. Il Da¬ nubio continuava bensì ad essere unico esempio di un fiume comune a più Stati, rispetto al quale una for¬ mula chiara ed esplicita garantisca i diritti dei terzi, senza che i regolamenti o l’autorità sindacale tentino comechessia di ledere questi ultimi con una falsa interpretazione della legge; ma il suo ordinamento cominciava ad avere qualche cosa di troppo complicato e di troppo confuso. Regolamenti fluviali elaborali, anche al di la dei limiti della navigazione marittima, da Stati non ripuari, sezionamento del fiume in tre tronchi sottoposti a regimi diversi con un’ingerenza più o meno diretta dei non ripuari nella parte media e nella parte bassa e coll’esclusione dei ripuari inferiori a profitto dei soli d’or; torii vile del compiersi del termine assegn ono confermati. - Art. 54. Un anno prima le assegnato alla durata della Commissione europea, ,, i _..i_,„i.,« reo manta tipi suoi "ooteri o sulle ritto di percepire una tassa provvisoria per sono Ul IJOl ~ .. l , mantenute in favore dell’Austria-bnghena. — n - superiori nella parte alta del corso; affidamento di lavori e perciò di autorità al di là dei confini del suo territorio all’Austria, che dal canto suo non ammetteva all'ineonlro vermi controllo, a monte delle Porte di Ferro, da parte degli Stati inferiori danubiani; tutto ciò. compiutosi nel Congresso di Iterlino, complicò stranamente la condizione del Danubio e del territorio die esso al traversa. 11 Congresso del 1878 segna il punto culminante nello sviluppo della Commissione Europea: esso la fa procedere fino a Galatz nel suo cammino percorso prima da Tu li dia ad I satolla verso la parte superiore del fiume; in osso è fatta anche balenare da parte di qualche Potenza l’idea di trasformarla in un istituto permanente. Ma nelle disposizioni prese a Berlino c’è anche il germe d'ima possibile decadenza. Noti solo è poco meritevole d'elogio, e perciò poco sicura di durala, l’instaurazione di vari regimi sullo stesso fiume, e quella sovrapposizione di istituti eccezionali oltre la misura voluta dalla necessità; ma altri pericoli mi¬ nacciano da quel momento l’esistenza dello riforme danubiane. Per effetto di quel Trattato tornano in giuoco sulla sezione inferiore del fiume appuri tu quei due elementi russo ed austriaco per frenare i quali la Commissione era stata principalmente creata; i mutamenti (errilo- riali della penisola balcanica vi aggiungono altri ele¬ menti di sovranità locali, nuove e gelose delle proprie prerogative; e chi vuole studiare la questione danubiana devo da quésto moménto addentrarsi nell’esame di una lotta assai complicala di diritti e d'interessi diversi. - 73 — CAPO V. Diritti ed interessi russi. — Loro sconfitte e loro rivincite fino alla liberazione del braccio di Kilia dal controllo europeo. Il Danubio ebbe sempre per la Russia una im¬ portanza del tutto speciale. Tutti gli sforzi tentati dai successori di Pietro il Grande contro la Turchia fu¬ rono rivolli alle sponde di quel fiume. Perciò il grande Stato slavo non poteva essere che avverso alla libera navigazione del Delta danubiano, ed ogni tentativo per allontanarne le altre Potenze, per farne un campo assolutamente proprio e per impedire che altri inte¬ ressi potessero trovarvisi in collisione coi suoi, era una conseguenza necessaria delle sue aspirazioni e della sua politica. La Russia non ignorava i vantaggi delle comu¬ nicazioni facili e sicure; Pietro il Grande nel 1698 durante il suo viaggio in Inghilterra, concepì il di¬ segno di collegare il Volga col Don e di unirli mediante un canale colla Dvina, facendo così una via non interrotta dall’Oceano al Mar Nero ed al Gaspio. Ma appunto perchè il vero ufficio ed i van¬ taggi derivanti dalle vie d’acqua moltiplicate e per¬ fezionale non sfuggiva ai reggitori di quel paese, lauto più essi dovevano perseverare in questi due scopi: cercare d’impadronirsi del Danubio inferiore ^*74 - e del territorio che lo circonda, e procurare, in quanto non potessero impadronirsene, di tenerne lontani i ripuari superiori e gli altri Stali che volessero pni [icario entrandovi dal mare. Cosi avvenne che gnaulo più la potenza della Turchia accennava a decadete, e quanto più il suo Governo si mostrava ino hi h *- fiacco, con tanto maggior ardore la Russia si ado¬ perasse al conseguimento di quelli scopi che orata* un elemento necessario del successo agognato dalla sua politica in Oriente. Col trattato di Bucarest del 1812 (!) essa gua¬ dagnava la Bessarabia e giungeva cosi col proprio confine alla sponda sini&Lra del braccio di Kilia pre¬ parandosi sgombro il terreno a maggiori conquiste colla condizione imposta alla Turchia che il Beltà dovesse restare territorio neutro e disabitato* In lai li quattordici anni più lardi il traila Lo di Ackerniann faceva ritirare la Turchia alla sponda destra del braccio di Salina, dal quale la Russia si avanzava ancora colla pace d’Àdrianopoli del 1820 fino alla sponda sinistra del braccio dì San Giorgio* Così tutte le isole formate dal Delta danubiano erano diventate territorio russo; soltanto la riva destra del San Giorgio restava alla Porta, ma le condizioni che questa era costretta ad accettale rispetto alla sponda che le rimaneva, non lasciava dubbio alcuno sugli intenti della sua rivale. Era stabilito infatti in quel trattato che la riva destra, a partire dal punto nel quale il braccio di San Giorgio si separa da (3 ) Debrai, Le., pag-, : 109 e seg. quello di Stillila, dovesse restare disabitata Duo alla disianza di due ore dal fiume, die non vi dovesse esistere stabilimento di veruna specie, e che anche sulle isole possedute dalla Russia, non potessero esistere forti [reazioni o stabilimenti al lui fuori di quelli resi necessari dalle quarantene. Aiutato da tali stipulazioni, il Governo russo poteva impedire efficacemente in quei luoghi ogni concorrenza straniera. Ed esso ne approfittò rifiu¬ tandosi a favorire in modo alcuno la navigazione fluviale a vapore iniziata a Vienna da una società, e cercando di rendere sempre più difficile il pas¬ saggio dal Danubio al Mar Nero, Il trattato Austro- Russo del 25 luglio 1840 (1) aveva bensì lo scopo di porre un fine a questo stato di cose: la Russia vi sì obbligava (2) a cominciare il più presto pos¬ sibile i lavori necessari ad impedire i progressi deir insabbiamento alla bocca di Salina ed a farvi costruire un faro; e riconosceva come ormai defi¬ nitivamente adottato ìl principio della libera navi¬ gazione; ma tali stipulazioni non furono osservate. I Russi continuarono, favoriti dalle quarantene, gli abusi sulle navi che uscivano dal fiume per entrare nel Mar Nero. Benché, per propria sicurezza, essi costruissero un faro neU'isoIu dei Serpenti ed imo minore al sud del braccio di Salina, continuarono a lasciar aumentare gli ostacoli della navigazione per modo che i bracci di Kìlia e di San Giorgio non (1) Al uri éTi$-Mu thaiil, C u pa*j- W* {2) Art 5, G e 9. — 76 — furono più praticabili che ai soli bastimenti minori. La stessa bocca di Stilimi, al tempo della guerra di Crimea, era fronteggiata da due gran banchi di sabbia, uno dei quali era coperto da soli dieci piedi d’acqua e l’altro, più avanzalo verso il mare, era maggior¬ mente profondo ma anche più esteso: tu'' per impe¬ dire il loro aumento progressivo poteva nulla spe¬ rarsi dalla Russia che aveva interesse di chiudere al commercio quello sbocco ormai solo a profitto del porto di Odessa (1). Tutto ciò che il Governo russo faceva per com¬ battere l’ostruzione di questa ormai unica via navi¬ gabile, era nè più nè meno una canzonatura. Un cavafango compariva aH’iinbOccalura di quando in quando per ritornare poco dopo avariato nel porlo di Nicolajef. Gli agenti consolari ravvisavano in ciò un astuzia adoperala per ingannare la loro vigilanza, ed uno fra essi affermò perfino die il personale stesso della macchina, invece dì polire il canale, occupava il proprio tempo ad ostruirlo con sacelli pieni di sabbia (2). fale condotta, che non si era smentita mai ad onta delle disposizioni solenni dei trattati, aveva per¬ suaso, durante la guerra di Crimea, le Potenze alleate, della necessita d assicurare con guarentigie più sicure la libera navigazione del Danubio. L’indole e la mi¬ sura di tali guarentigie doveva dipendere dalla più o meno rapida line delia guerra. Le Potenze infatti ( 1) Engelhardt, l pag, 50, ( 2 ) Mevme. m Umcc Mmtes, J. pag . m — 77 - deliberarono nel 1855 che so la Russia, acce bando ili buon grado il memento dei 28 dicembre 1 851 presentalo dal conte Buoi al principe Goricilakoff, desisteva dalla lolla, esse si sarebbero appagate della creazione d’uria Commissione mista composta da delegali degli Alleali e del Sultano, coll’incarico di verificare lo stato delle cose, di proporre i lavori necessari alle bocche e di sorvegliarne l’esecuzione ed il mantenimento. Ma se la Russia voleva resistere e la lolla con¬ tinuava, allora si sarebbe richiesto tulio quanto fosse reso possibile dalle eventualità della guerra. E tali maggiori pretese, fatte già intravvedere ne!l'abboccamento di Vienna del dicembre 1854 dal Barone di Bourquenev al principe GortchakoiT per incaricò del ministro degli esteri francése Drouyn de Uiuys, dovevano consistere nel togliere senz’aliro alla Russia il possésso delle bocche danubiane e della Bessarahia. Ciò fu espressamente dichiaralo dal conte Walewski quando, nel maggio del 1855, sostituì il Drouyn de Llntys. Giunto il Governo francese ad indurre in que¬ st'ordine d’idee il Gabinetto di Menna, il risultato di tale accordo fu il menwnmdiiin austro-francése del I \ novembre 1855, nel quale, fra le altre condizioni esposte, era detto clic la libertà del Danubio avrebbe dovuto essere efficacemente assicurata da istituzioni europee nelle quali le Potenze contraenti sarebbero rappresentate, salve le posizioni particolari dei ripuari; che il fiume avrebbe dovuto essere regolato dai pilli¬ ci pii dell’atto finale del 1815; e che infine ogni Potenza contraente avrebbe potuto far stazionare alle bocche uno o due bastimenti leggeri destinati ad assicurare 1 esecuzione dei regolamenti relativi alla navigazione del Danubio. La Russia, desiderosa di pace e inabile ad affron¬ tare resistendo un nuovo nemico neH’lmpero austriaco, dovette sobbarcarsi ad accettare tali condizioni nella forma più concreta e più dettagliata sancita dal Trat¬ tato di Parigi, nel tempo stesso che subiva la per¬ dita del territorio ed i limiti strettissimi posti alla sua potenza militare nel Mar Nero. Solo ad una delle garanzie richieste dalle Potenze essa resistette pili lungamente. Quando nelle conferenze di Vienna il 23 % marzo 1855 il Barone di Prokesch-Osten pro¬ pose per il primo lo stazionamento alle bocche dei bastimenti leggeri delle Potenze, i plenipotenziari russi obbiettarono ostarvi il trattato del 13 luglio 18il sulla chiusura degli stretti, il quale sarebbe stato violato col lasciarvi passare dei legni da guerra diretti al Mar Nero. E nelle definitive conferenze di Paiigi dell anno successivo, benché la Russia avesse accettato, col complesso dell 'ultimatum austro-fran¬ cese, anche quella condizione, il conte Orloff ripetè, nella seduta del 28 febbraio, la stessa obbiezione, aggiungendo che tale clausola, ammettendo 12 legni da guerra esteri alle bocche del Danubio, gli pareva contraddicesse anche alle nuove stipulazioni sulla neu¬ tralità del Mar Nero (1). Ma il Congresso non ino- (I) Debrauz, 1. c., pag. 116, 119 e protocollo n. 5, pag. 459, 460. — 79 - dificò le decisioni della maggioranza e la Russia dovette piegarsi anche sn quesito punto- Jl Trattato di Parigi taceva perdere tFun tratto all’Impero russo il frutto dama lunga serie di com¬ binazioni politiche e d'imprese guerresche. Privato del territorio danubiano sul quale era andato pro¬ gressivamente discendendo, allontanato dalle sponde di quel fiume sul quale aveva lungamente aspirato ad esercitare una signoria esclusiva facendosene una base d’operazioni per la sua marcia futura su Costan¬ tinopoli, esso doveva vedere in tutte le miovegaranzie clic assicuravano la tranquillità dell'Oriente, istitu¬ zioni tanto più ingrate quanto più esclusivamente erano un frutto delle sue sconti Ite, cd una barriera opposta ai suoi possibili tentativi per riguadagnare il predominio perduto. La politica di raccoglimento che il principe Gerì-* rhakolf inaugurò dopo la guerra di Crimea, e mercè la quale fu dato aUemiuente. uomo *di Stato di con¬ durre il suo paese dal trattato di Parigi a quello di Santo Stefano, ebbe pertanto come ultima meta la rivincita delle sconfitte avute nella guerra di Crimea, della quale tre conseguenze pesavano alla Russia pin ancora coironla che col danno: la mutilazione della sua potenza marittima sul Mar Nero; la ces¬ sione della Bessarabia meridionale; e la perdita di ogni parte del Danubio e degni dominio sulla na¬ vigazione del fiume, ÀI primo danno essa riparò nel 1870, Il 10 ot¬ tobre di quciranno, mentre infieriva la guerra franco¬ germanica, il Governo russo denunciò con un dispaccio circolare il trattato ile! LSrifi, in quanto si riferiva alla neutralità de! Mar Nero, e la convenzione speciale russo-turca che limitava in quel mare il immuro e la dimensione delle navi da guerra delle due Potenze (I). 11 trattato di Londra del Li marzo ISTI diede la sanzione dell’Europa a questa prima rivincila della Russia, abolendo gli articoli 11, 13 e li del Tratta lo di Parigi relativi alla neutralità del Mar Nero ed al limile delle forzo navali, pur conservando le dispo¬ sizioni relative al passaggio delle navi da guerra negli streLti (2). Animata da questo successo la Russia non si arrestò nell'opera ili demolizione rivolta contro le barriere oppostele nel 1801!. e, dopo l'ultima guerra d Oriente, tornava, in forza del Trattato di Santo Sle- lauu, a piantare la propria bandiera sullo sponde del Danubio. Per quel trattato essa imponeva alla 1 orciàia- una spesa di .i(Hfimo franchi, ondi' riparare ai danni prodotti sul passo di Stilimi unicamente per opera delle autorità russe, e ciò nel tempo stessei che le toglieva il possesso di quelle bocche e di tutto il Delta danubiano, combinando tale mutamento di territorio con un’eventuale retrocessione della Bus¬ sai abia da parie della Rumeuia, in modo da restare m ogni caso nuovamente ripnana del Danubio (3). wiVlak^ StlT ' ni '<’n Cotigrìs de pag. 419 o seg. 1 1 * M !>- comparile, voi. xii , 11 . 4, — 83 — doppiamente necessaria quella proroga alle Potenze non ripuarie, queste fossero disposte, per dir così, a pagarla a più caro prezzo, era l’obbietlivo che l’e¬ goismo della propria politica indicava fin dal 1878 al Governo russo. L’anno seguente esso domandava che, essendo stato scelto come via internazionale il braccio di Sulina, quello di Kilia gli venisse abbandonato in¬ teramente (1). Tale richiesta non venne appagata, ma un gran passo era fatto. Quando la Russia, il cui assenso era necessario alla conferma della Commis¬ sione europea, avesse mostrato di volerne lo scio¬ glimento o tutto al più di adattarsi per l’ultima volta ad una proroga assai breve, il minimo che le Po¬ tenze potessero concederle per evitare lo. sciogli¬ mento di un’istituzione a loro tanto cara, doveva essere appunto una completa autonomia riconosciuta alla sua parte di fiume. Conscia di tale scioglimento probabile della controversia, la Russia si adoperò perchè il successo non le sfuggisse di mano. Deli¬ berato pertanto a tenere aperta tutta intera la que¬ stione in vista della prossima conferenza preveduta dal trattato di Rerlino, il gabinetto di Pietroburgo dichiarò recisamente fin dalla primavera del 1882 che non avrebbe esaminati i regolamenti del Danubio medio, finché non fosse decisa la questione della pro¬ roga della Commissione europea (2). (1) Georges Lyon, La question danubienne, Revue politique et litté- raire , 10 febbraio 1883, pag. 187-189. (2) V. Documenti diplomatici (Libro verde). Questione del Danubio , Roma, Tipografìa del Senato, 1883, n° 11, pagina 66. Dispaccio dell’am¬ basciatore Nigra da Pietroburgo del 3 maggio 1882, e n° 12, pag. 67. - SI - Seguendo una tale linea ili condotta, quando si chiuse, un mese più lardi, la sessione d’estate della Commissione europea, col l’approvazione a maggio¬ ranza dei regolamenti per il Danubio medio e co! progetto di istituire per questo trailo del fiume una Commissione mista, che presupponeva la durata della Commissione europea, il delegato russo a Galatz si oppose alla proposta inglese di redigere un proto¬ collo tinaie adducendo il motivo che, per il dissenso della Rurnonia, era mancata l’unanimità, ed aderì solo a Ormare un protocollodi chiusura con riserva relativamente agli articoli che non avevano ottenuta l’unanimità (1). Losì cerco la Russia di prepararsi il terreno; e con tali disposizioni essa si presentò nel principio del presente anno alla Conferenza riunita in Londra per risolvere la questione danubiana. Tre compili si pre¬ sentavano .sopraturo ai diplomatici riuniti a quello scopo. L Estendere il sindacato comune sul per¬ corro del basso Danubio comprendendovi lutto il tratto dove giunge la navigazione marittima. 2. De¬ liberare sui regolamenti del Danubio medio che erano stali arridati dal Congresso di Berlino alla Commis¬ sione generale, ma rispetto ai quali quest’ullima non aveva potuto raggiungere l’unanimità. 3. Provvedere '* J llUura es ®J e nza della Commissione europea, i cm poteri erano prossimi a spirare. Quest’ultimo punto non fu perduto di vista dal (I) Libro Verde t n. 26 G 27, conile italiano a «alato a ***££ Rapporti dot cav, Revest, règio fone europea. - m — l>I ei i i i.i o leu zia rio russo Barone di Mofarenheìm, che chiese d invertire bordine di discussione di quei tre punti, per deliberare prima su quello segnato al il 3; e, non avendolo ottenuto, lece un'espressa riserva che subordinava le sue approvazioni eventuali sugli altri due punti alla possibilità di un accordo su quello. Facendo così dipendere lino alla fine tutto il successo della conferenza dalla risoluzione del solo argomento che gli interessava, poteva dirsi che i esito delle trat¬ tative stasse tutto intero nelle sue mani. Infatti nella seduta del 20 febbraio, posta in discussione da lord Granville la proroga della Commissione europea, il ministro russo sorse finalmente ad esporre sotto quali condizioni il suo Governo aderisse alla conferma di quei poteri (1). La Commissione europea, egli diceva, era stata giustificata da uno straordinario concorso di condi¬ zioni locali che ora più non esiste, nò la sua continua¬ zione è ormai necessaria alla libertà del Danubio; pure il suo Governo non si professava assolutamente ostile al mantenimento di quella istituzione, ma vi poneva alcune condizioni. « La Commissione, continuava il Barone di Moh- renheim, aveva scelto per ì propri lavori, corno più aito alla navigazione, il braccio di Stillila; il corso di Kilia da essa abbandonato costituisce una risorsa di prosperità locale di cui non si potrebbero fru¬ strare le popolazioni ripuarie; infine le obbligazioni relative ai corsi d’acqua convenzionali non potrebbero (I) Libro Verde, pag. 3B9-192, Conferenza di Londra, protocollo tu L - 86 - estendersi al di là delle esigenze unanimemente ri¬ conosciute necessarie allo sviluppo della navigazione generale, non potendosi con quelle avere lo scopo di portare una lesione gratuita al principio sacro della sovranità, ma dovendosi conciliare in uria misura reciprocamente equa questo principio con quello della lìbera navigazione ». Egli chiedeva pertanto che « il braccio suddetto del Danubio, rimasto nel fatto e nella pratica fuori dell attività utile della Commissione europea, rien¬ trasse sotto 1 autorità territoriale sovrana della I lussi» per intero od in parte secondo che costituisce o non costituisce nelle varie sue parti un corso d’acqua misto, e salvo ad applicare alle parli di questo braccio che rientrassero nella seconda categoria, regolamenti coniarmi a quei principii del diritto pubblico fluviale che stabiliscono il trattamento di tulle le bandiere sul piede duna perfetta eguaglianza ». Benché tale domanda non riuscisse inaspettata, la forma (1) nella quale il plenipotenziario russo nc / 1 ^ ' 1Iitno P'yposte del baco fio di Mohrenheitu erano coni concepite: l'Le diramazioni e le bocche del brando di lidia, Hi..- tmvmmio por mito d li.ro corno il territorio della Russia mi appartengono per tal guisa le due rive, rientrano sotto Untanti territoriale esclusiva delia Russia: 2* Il corso misto del braccio di Ivi!,a, d cui ttolwag (orma la Uwrtim'a tra la Russia e la Rame ma, «entra sotto l’aataHà territoriale esclusiva della Russia, sulle rnc « mille acque che le appartengono, lino al Ihalweg; 3* Il regolamento liuvja'e di «gggarfone e di polizia di qnmrto corso misto prenderà per base rU^- 4» M-^riV^ tn ! T’ ! ^appUcato dagli Stati sovrani delle .lue ' - J uuuu f il a Russia intraprendesse a proprio spese ne Ile ? r,,11 ? WMi 111 wigabditì in un iuta,vaso , . u , L '. V 111 -nvEsasseiii la via internazionale, non dovendo, secondo laM ® inteiwioni, portare pregiudizio ài braccio di bulina, i casi di divergenza su questo riguardo fra lo autorità della Rosela Commissiono europea, — 87 — concepiva le proposte relative, turbò non poco i di¬ plomatici adunati nella conferenza. A nessuno sfug¬ giva la difficoltà di premunirsi, rispetto al braccio cosi emancipato dal controllo europeo, da ogni peri¬ colo dì ostacoli posti alla libera navigazione- Bisognava poter evitare che il braccio di Bulina, formantesi a valle di quello di Kilia, venisse danneggiato nelle sue condizioni di navigabilità e nel volume delle acque dai lavori intrapresi nel la! irò braccio dalla Russia, e bisognava altresì garantirsi che, quando vi fossero due vie marittime e due regimi nel basso Danubio, una guerra di tarlilo non ponesse in grado la Russia di rovinare colla concorrenza la comunicazione europea. Lord Granville nella seduta seguente propose a questo intento una nuova redazione della proposta russa, mediante la quale i primi articoli del Barone di Mohrenheim venivano leggermente modificali. Secondo gli emendamenti inglesi, agli agenti della Commissione europea doveva essere permesso di cir¬ colare nel braccio di Kilia fino al mare; la Russia doveva comunicare alla Commissione i piani dei la¬ vori da eseguirsi nel suo braccio ; e le opere com¬ piute o da compiersi al Tchatal d Ismail erano man¬ tenute al sindacato europeo, al quale il Governo russo sarti libero oggelto di spiegazioni dirette (Va. le Potenze contraenti filtrici degli interessi ilei corso intenzionale del Danubio, ni solo scopo di consta¬ tare che i suddetti lavori non sono tuli da danneggiare quelli che furono gì A eseguiti nel braccio di Salina; 5° Per i rogo! ani enti dei pedaggi la Russia prenderà in considerazione ravviso della Coni missione europea, salvò ad intendersi in caso di divergenza colle stesse potenze contraenti. V. Libro V$rd4> pagina 192, avrebbe dovuto comunicare preventivamente anche il regolamento dei pedaggi a scopo d'uniforrnilà {!}. Quest ultima condizione riusciva sopra tu Ilo incre¬ sciosa al plenipotenziario russo, e, benché il conte Granville non gli celasse ch'cssa era indispensabile all accordo finale, pure egli si riservò di chiedere nuove istruzioni al proprio Governo (2), e finalmente, dopoché la divergenza su questo punto avea fatto dubitare per parecchi giorni sull'esito intero della conferenza (3), si riuscì a trovare la formula accetta alla Russia senza trascurare le garanzie richieste dalle I utenze, stipulando che la comunicazione dei ■ o f protocolli) n. 5, tosto della proposta inglese „.= ^ '"“’T" 6 n °“ ,“ e ™ iteri ‘•'"‘iwtlo effettivo ™H,. parti .li ..! del Inerii, il"'r-r 01l<> i a ' lln ° l! ' 'Cesio li-accio; T l'or la pari l’uniforma'-, i' - paasa ,ra 1 territori russo o ni meno, ad asswntror l,El » "«Mnmnn.l in vigore » Russia c di Ri» lf . ara,tao applicati sotto ta sorveglianza .lei delegati «: Jss^sssss^sssr .* -- ».- • nfl io „ii | | , . V , F>ea polimmo, per propria falnTzionr* penst 4° Ne] cawpln i r>KHia fino alle sito bocche inaliisivamenit L ,D,I1 *« a « l — ^orl nel l.raccio misi, e la I dei piatti di linai ^ n<>ìv/A ' à atla Cuin milione europe alcuna fliipHoifl*_ ]T ■ * ? ^ constatare cito essi non portali che forano già eseguiVi “il ^ ’l' ,,ra “ l ° ,h Su,i " a ' 1 Iavl " trollo della Com mitri-ma . ° furiai I restano a carico e soUtt il con egualmente alla Como.^^pM Rragófam ” !* cwml " ,fl . her «■intenzione*prelevare.all,,«opódi I " ?" '!*? caso .li divergenza fra le autorità della R ,« , ‘'" n " n " 0rme? "* U spetto ai piani dei lavori o ai re»oWm T* * ? T miwtoB8 e,m, P“ ri sottoposta dirattamente allePoieLe 7» 'IW,f^ K1 ' ,|u *’ illu, “ ; sa,v ’'' 1 relativi al Dannili» ad alle suo boralo, 1 ultl 1 ^taU, alti e eonveosdoti loro disposizioni die „„„ S0I1(1 aJLù' f'Wlerrnati in quelle fra I, precedano. * e 0 dalle stipulazioni eh ÌS y- Libn ’ Imte ’ protocollo ó, pag. 190 e 107 Mille XlS BT* ^'^^atore Klg * a & K. i — 89 — regolamenti di pedaggio sarebbe latta, anziché alla Commissione europea, direttamente ai Governi in essa rapprese©lati (1). .Mercè tali concessioni le Po¬ tenze ottennero anche l'adesione della Russia alla proroga per 21 anni della Commissione europea, e nel Trattato di Londra del 10 marzo gli articoli (2) clic sanciscono la proroga sono immediatamente se¬ guiti da quelli che sottraggono aU'autoiilà collettiva il basso Danubio russo (3). (!) Conferenza dì Londra, protocollo m 7, seduta del 7 marzo 1883, L e,, pag. 202 e seg* (2) Art, 1 e 2, h e, 7 pag. 21$, (3) Loc. eìt, pag. 213 o 214. — Art. 3. La Commissione europea non eserciterà controllo effettivo sulle parti del Itraccio di Kitia le cui due.rive appartengono ad uno dei ripuari di questo braccio, — Art 4, Perla parte del braccio di Ivi Ita che traverserà ad un tempo i territori russo e rumeno, alili scopo di assicurare l'un dormii A del regime nel Basso Danubio, i regola¬ menti in vigore nel braccio di Siliina saranno applicati .sotto la sorveglianza dei delegati di Russia e di Rumenta alia Co mirti ss ione europea, — Arto, Nel caso clic la Russia lo la Rumenta] (aggiunta proposta dal plenipotenziario italiano, vedi protocòllo mmi. 5, pa£, 196) intraprendessero lavori, .sia nel braccio misto, sìa fra le duo rive clic loro appartengono rispettivamente, l'autorità competente darà notizia aliti Commissione europea dei piani di questi lavori al solo scopo di constai,aro die essi non portano alcun danno allo stato di navigabilità degli altri ùnteci (sostituite alla dizione « del braccio ili Bulinai per proposta del pionipotenziarlo italiano, v. protocollo mini, A pag, 196), 1 lavori già eseguiti al Toltala! d'Jsmail restano a càrico e sotto il co a tedio della Commissione europea dd Danubio. In caso di divergenza fra le autorità della Ri issi a e quelle delta Rumenta e la Commissione europea rispetto ai piani dei lavori da in tra prenderli nel braccio di Ritte, odi discre¬ panza noi seno della Commissione circa l’esipnsione che potrebbe convenire di dare ai lavori ile! Teli.atei dTsmaii, tali questioni sarebbero sottomesse direttamente alle Potenze. — Art. 6. K inteso die nessuna restrizione sarà posta al diritto della Russia di prelevare dei pedaggi destinati a rimborsare So spese dei lavori da essa intrapresi. Però, allo scopo di salvaguardare gli interessi recìproci della navigazione noi bràccio di Bulina ed in quello di Kilìa, il Governo russo, ad Assicurare un accordo su tale argomento, infor¬ merà ì Governi rappresentati nella Commissione europea dei regolamenti di pedaggio eli'e sso stimasse liti le d’introdurre. - 90 - Chi esamina le stipulazioni ilei Trattato di Londra relative alla Russia senza porle in rapporto con tutti gli antecedenti della questione e colto sialo attuale di quasi lutto il corso danubiano, non vi può tro¬ var nulla, che si presti specialmente alla critica. Infatti tutte le franchigie dei terzi sono mantenute sul braccio di Lilia; mio Stato ripuario si incarica di aprire per quella via un nuovo shocco al com¬ mercio europeo; ed a quello vien concesso il con¬ trollo della via fluviale che gli appartiene, come vogliono le. regole ordinarie del diritto fluviale in¬ ternazionale e come lo reclamano i diritti e gli interessi della sovranità. Ma il difetto di tali accordi appare chiaramente a chi li esamina insieme con tutto il complesso di circostanze che li circondano e di stipulazioni che li accompagnano. Allora si vede che la Russia volle far trionfare alla conferenza di Londra solo quel tanto delle regole normali che combinavano colle esigenze del suo speciale interesse, mentre aiutò nel tempo stesso le altre Potenze a mantenere sul resto del fiume un regime più anormale che mai, scono¬ scendo quei diritti appunto della sovranità territoriale iti nome dei quali la Russia aveva ottenuto di fare, per quanto la riguardava, un nuovo strappo al Trat¬ talo di Parigi. Così in quattro tronchi ed in quattro regimi è ormai diviso il Danubio: la parte russa, la parte europea, la media (ino alle Porte di Ferro, posta dal 1 ruttato di Londra sotto un altro sindacato, e la su - periore abbandonata ai ripuari al di là delle Porte — 91 - di Ferro. Quanta sia la difficoltà di mantenere in tanto frazionamento un complesso di regole e di pratica uniforme; quanti pericoli ne possano deri¬ vare per la navigabilità del fiume e por la sua stessa libertà non è chi non veda. E strana la contraddizione di aver riconosciuto i diritti dell’autorità territoriale a prolitto della sola Russia, che era stata appunto la causa della crea¬ zione di un sindacato europeo e che sera mostrata colla sua politica danubiana tuLfaltro che meritevole di tanta fiducia. La Russia dal canto suo, svincola¬ tasi dal controllo europeo sulla parte de! fiume che le appartiene, non doveva certo essere aliena dai mantenerlo per un certo tempo sulle sezioni del fiume che scorrono al di là dei suoi confini. Anzi, ridotto il sindacato delle Potenze a questi limiti ter¬ ritoriali. essa doveva trovarsi d’accordo agli altri Governi nello si esso intento conservativo, guidata da una perfetta analogia d’interèssi politici. Mercè una tale combinazione di regole contrad¬ dittorie è dato infatti alla Russia di fruire lutti i vantaggi dello stato ordinario e tutti i vantaggi del¬ l’anormalità in fatto di diritto lluviale. Niuno le nega il passaggio nel corso supcriore del fiume, nulla è tolto ai suoi diritti di controllo su tutto il basso Danubio che non le appartiene; e nel tempo stesso il braccio clic scorre in territorio suo è staccalo dal regime comune per impedire ad altre autorità estranee di esercitarvi alcun potere in concorso colla sua, mentre essa, continuando a trascendere i confini del proprio territorio, esercita ancora, insième colla Cora- 92 — missione europea alla quale partecipa, maggior in¬ fluenza della sovranità territoriale sul resto del basso fiume. Cosi la Russia trovò il modo di guadagnare molto senza dar nulla, e la sua adesione al mantenimento della Commissione europea fu ottenuta alla condizione di mutilare quest’ultima in quanto potesse offenderla e di rivolgere quanto ne sussisteva a profitto di quella stessa Potenza ai danni della quale sopralutto quella Commissione era stata primamente istituita. CAPO VI. Diritti ed interessi austriaci» La controversia di navigazione fluviale si trasforma in controversia sulla sovranità territo¬ riale. Il Trattato di Londra e Fistituzione della Commis¬ sione mista del Danubio medio. Mentre gli interessi della Russia sul Danubio erano sopraUitto il portato delle sue aspirazioni po¬ litiche, quelli dell’Austria derivavano, prima ancora che da questa causa, dallo stato del suo territorio, che quel fiume attraversa da Passati ad Orsowa per un'estensione di 1292 chilometri. Furono gli sforzi fatti dall'Austria fino dal 1818 che resero naviga¬ bile la sezione alla del fiume. Dopo il 1830, mercè l’esplorazione fatta dal conte Zecheny al di là delle Porle di Ferro, la navigazione dell’Impero potè spin¬ gersi dal primo punto navigabile fino alle bocche; e fu appunto per proteggerla tino a quel punto che verme concluso colla Russia il trattato del 1840, gli effetti del quale però, come vedemmo, restarono pres¬ soché nulli. L’Austria in tal guisa riuscì a dominare il com¬ mercio danubiano da Passati fino al basso fiume con sommo vantaggio proprio e con profitto non indif¬ ferente anche dei ripuari inferiori che, in quel mo¬ vimento fatto sempre più operoso, trovarono un in¬ cremento notevole di ricchezza e di civiltà (1). Il lungo (I) IvngGlhardt, I. c*, pag. 48, 49, - 9i - percorso del fiume sul suo territorio, percorso eguale a quello degli altri ripuari uniti insieme, e la im¬ portanza di quella via commerciale anche al di là dei suoi confini, doveva rendere mollo avveduta e molto gelosa l’Austria per ciò che si riferisce al dominio danubiano. Le teorie da essa professate in circostanze analoghe seguendo il consiglio dei propri interessi erano appunto in armonia con questa idea del dominio. Infatti il 18 giugno 1819 il Governo austriaco aveva presentata alla conferenza di Dresda, a proposito della navigazione dell’Elba, la proposta seguente: « Il pensiero tifile alte parti contraenti a Vienna sembra essere stato quello di riconoscere ai soli sudditi ripuari il diritto alla libera navigazione, e non già di estendere anche ai non ripuari un tale vantaggio per il quale non vi sarebbe reciprocità ». Tali erano i principii dell’Austria anche rispetto al Danubio: « limitare i vantaggi della navigazione ai soli ripuari finché essa fosse in grado di domi¬ narli tutti, per limitare ancor maggiormente la so¬ cietà fluviale, quando si trovassero per avventura fra i paitecipanti al sindacato Potenze alte a contrabi¬ lanciarvi la sua influenza». Ma se il suo stato territoriale effettivo ed i suoi interessi commerciali spingevano l’Austria ad una certa gelosia rispetto ai terzi e a vagheggiare una cei la piivativa di controllo per ciò che riguarda la na¬ vigazione danubiana, le sue vedute politiche di un’in¬ dole immediata dovevano farla tendere senz’ai Irò ad un predominio sovrano ed esclusivo su quel fiume che nella sua parte marittima ha tanta importanza eco- - 95 - no mica e strategica. Gli ultimi avvenimenti dell'0- l'ienle dimostrarono che, fra i vari appetiti minac¬ ciatiti la caduca eredità dei Sultani, quelli dell’Austria non sono nè i meno voraci nè i meno impazienti. Ma se la decisione d’espandersi in Turchia fu recen¬ temente confessata con franchezza da parte dell A u- slria colie parole e coi fatti, non è a credersi che sia recente quanto i suoi effetti. Essa ha ormai una tradizione lunga e tenace quanto quella della Russia; i pericoli corsi durante le invasioni turche ne furono il primo incentivo; i vantaggi territoriali ottenuti alle paci di Carlowitz e di Passarowilz ne furono finco¬ raggiamento; finalmente la perdita d’ogni influenza in Italia ed in Germania ne fecero per ia politica austriaca direi quasi una necessità. Da ciò l’aspira- zione ad un vero predominio territoriale che cominciò colla pretesa di proteggere i Luoghi Santi ed i Cat¬ tolici della Turchia, per finire coll’occupazione della Bosnia e dell’Erzegovina. Spinta da questi due scopi nel tempo stesso, essa occupò, durante la guerra di Crimea, precisamente i Principati danubiani che potevano dirsi in quel momento il centro di questi suoi così vari interessi, e s’impadronì provvisoriamente della sola bocca ac¬ cessibile allora alla navigazione marittima, condu- cendovisi da padrona con tutto il rigore dei potori militari (D- Quando, al finire della guerra cui non aveva partecipalo, l'Austria si accorse eli’essa uvea fatto troppo poco in favore degli Alleati per poterne (J ) Rème dèa Deuu Montica, I. c,, pag, y-t o imi. - 96 - sperare grandi vantaggi, la sua politica danubiana cominciò ad ispirarsi alternativamente a tre obbiet¬ tivi secondo il mutare delle circostanze. Come ultimo scopo essa continuò a vagheggiare il predominio su tutto il fiume e specialmente sui suoi sbocchi; ma si limitò intanto a cercare di riservarsi la suprema signoria dell’alto Danubio, ammettendo relativamente al basso fiume il controllo europeo solo in quanto questo mettesse un ostacolo alle voglie della Russia senza contrastare del tutto le sue. La sua condotta nelle trattative clic precedettero la pace del 1856 è ispirata appunto a tali concetti. Nelle conferenze del 1855 essa infatti era riuscita a far adottare l’istituzione di due Commissioni delle quali la prima, l’europea, non doveva che deliberare sui lavori ed essere di breve durata per lasciar agire dopo in via permanente e come sindacato europeo quella ripuaria, nella quale l’Austria avrebbe domi¬ nato. Ma, deliberato più tardi dalle Potenze di tras¬ ferire il mandato esecutivo relativamente al basso Danubio dalla Commissione ripuaria alla Commissione europea, e tolto completamente alla Russia il possesso del Delta, l’Austria il cui unico scopo veniva per¬ tanto a mancare ed i cui desiderii trovavansi di gran lunga oltrepassati, non si mostrò più favorevole al sindacato europeo, e divenne perfino parligiana della coesistenza di più regimi sullo stesso fiume per poter così dominare assolutamente almeno l’alto Danubio. Il conte Buoi addusse allora al Congresso di Parigi in favore di tale soluzione parecchi motivi: il corso superiore del fiume non aveva mai destato conflitti - 97 - fra gli interessati; l’Austria era impegnata colla Com¬ pagnia privilegiata della navigazione a vapore cui aveva concesso il monopolio fino al 1883; il proto¬ collo n. 5 firmato fanno antecedente applicava ap¬ punto i principii del 1815 al Danubio inferiore a partire dal punto nel quale esso diventa comune all’Austria ed all’Impero ottomano. Ma tutti questi motivi ne celavano un altro più sostanziale; colla rettificazione delle frontiere russe lo scopo di un controllo europeo non esisteva più per l’Austria, anzi esisteva ormai un obbiettivo contrario. È dunque certo che quando il conte Buoi, dopo essersi opposto alla proposta d’invitare la Baviera ed il Wùrtemberg a farsi rappresentare nella Commissione mista, cedendo alle insistenze dei suoi colleghi an¬ nunciò che « il suo Governo aderiva all’intera appli¬ cazione così all’alto come al basso Danubio dei prin¬ cipii stabiliti dall’atto finale di Vienna », l’Austria non faceva che subire una stipulazione che le pe¬ sava quasi tanto quanto incresceva alla Bussia la servitù impostale sul Mar Nero (1). Dopo questo insuccesso cominciò per l’Austria una nuova serie di tentativi. Il suo obbiettivo era ormai quello di frustrare la stipulazione fattale su¬ bire dalle Potenze, rompere l’uniformità del regime fluviale, e, senza perdere nulla sul Danubio basso, trovare il modo di restare arbitra nell’alto. Il suo primo tentativo per ottenere o l’uno o l’altro di tali scopi non si fece attendere lungamente e non si può (1) Debrauz, 1. c., protocollo n. 8, seduta del 18 marzo 1856, pag. 469-473. 7 — Catellani, Danubio. - 98 - dire che sia stato sfortunato; l’atto di navigazione del 1857. benché non messo peranco in attività, non tu per l’Austria del tutto privo di risili lamenti. L’intento dell’Austria nell’ispirarc quell atto era appunto questo: emanciparsi in tulio od in parte dal controllo europeo. Questo infatti si estendeva indirettamente su lutto il fiume in forza del trattalo del 1856. Ora l’alto dell’anno successivo, ammettendo alla libera navigazione solo quelle navi che viaggias¬ sero dal mare al fiume e viceversa, escludeva dalla navigazione fluviale propriamente della i non ripnari. -Non essendo pertanto iì fiume praticabile ai basti¬ menti di maggiore portala al di là dei limili di «ve si estende la navigazione marittima, quelle disposizioni, unite col divieto del cabotaggio, equivalevano ad una esclusione assoluta dei legni stranieri a monte di quel punto dove la navigazione marittima cessa gri¬ dar luogo a quella fluviale. In una tale condizione di cose il controllo europeo non avrebbe avuto più modo di esercitarsi per mancanza assoluta di inte¬ ressi europei su tutto il corso superiore del fiume. L’atto del 1857 rappresentava dunque per l’Austria la rivincita del Trattato del 1850. Ma la conferenza riunita a Parigi nei 1858 non ratificò una convenzione così contraria al diritto ri¬ conosciuto ed agli interessi europei (I). Quelle stipulazioni infatti erano contrarie non solo alle clausole del Trattato di Parigi ma a quelle del Congresso di Vienna che non avevano parlato del (Ij Protocollo ». la rlol 16 agosto 1858, ap . Engoltordt, 1. c, m . 86. - 99 — cabotaggio, ed alla stessa pratica in vigore negli altri fiumi convenzionali che non suol negare sul corso inferiore agli stranieri quel genere di naviga¬ zione. Invano l’Austria sostenne che, secondò Tarli- colo 18 del 1 nettato di Parigi, la Commissione ripuaria non doveva che dar notizia dei regolamenti da essa stabiliti alle varie Potenze, mentre queste non ave¬ vano se non il diritto di prenderne atto; i Governi francese ed inglese risposero che il diritto di prender (dio implica necessariamente quello di esaminare se i principii superiori posti sotto la tutela collettiva delle Potenze siano per avventura violati dalle dis¬ posizioni che vengono loro sottoposte. Quest ultima opinione prevalse nella conferenza del .1858, e cosi avvenne che il regolamento fluviale votato a Vienna l’anno antecedente, quanlunque debitamente ratifi¬ cato dai sovrani rispettivi, non potè più essere messo in esecuzione. Nè, come notai, questa soluzione, da chi ben la esamini, può dirsi per TAuslria un vero insuccesso. Respinti i regolamenti relativi a tutto il Danubio, e resa impossibile la costituzione della Commissione generale ripuaria, non solo veniva a mancare Tonico organo col mezzo del quale il controllo europeo avrebbe potuto agire indirettamente sulla parte su¬ periore del fiume, ma l’Austria, senza perdere la sua parte d'influenza sugli sbocchi mercè la partecipazione nella Commissione europea, restava sull’altra parte del corso d'acqua libera dai terzi e preponderante sul resto della società fluviale. Così essa cominciava ad abituare l’Europa a quella coesistenza dì più re- — 100 — gimi diversi sullo stesso fiume che due anni prima le era stata negata, ed essa aveva ormai due basi d’operazione: l’alto Danubio che era in sua balia ed il basso che in un momento opportuno avrebbe potuto cadervi. Tanto poco le pesava intanto tale condizione di cose che per il corso di vent anni non fece notevoli tentativi per mutarla. Tutto d’un tratto l’Austria si trova nuovamente nel 1878 in una posizione analoga a quella del 1855. I preliminari di Santo Stefano fanno ritirare la Tur¬ chia al di là del Danubio mentre la Russia ritorna sulle sue sponde ed il resto del suo corso inferiore è diviso fra due piccoli Stali che lutto faceva cre¬ dere destinati a subire permanentemente l’influenza russa. Tutto ciò basta a spaventare nuovamente il Governo di Menna che, per timore della preminenza russa, tornò a mostrarsi caldo fautore della Commis¬ sione europea. U1 veruno, nella seduta del _ iugn il barone^ De Havmerle presentava pertanto a non del suo Governo le proposte di dichiarare neutro Danubio fino alle Porte di Ferro, facendo eccezioi per i soli stazionari delle Potenze; e di ammette la Romania a formar parte della Commissione e ropea, che lo Havmerle voleva inoltre si dichiaras in via assoluta e con termini espliciti del tutto i dipendente dagli Stati ripuari. Il Congresso non era in generale alieno dai se imen iota e vedute politiche che ispiravano in qu momento le proposte del plenipotenziario austriac nzi 1 Austria andò debitrice a tale comunanza — 101 — preoccupazioni e di timori di un altro duplice suc¬ cesso ottenuto al Congresso di Berlino. L art. 5/ affidava al Governo Austro-Ungarico i lavori da eseguirsi alle Porte di Ferro facendo un obbligo agli Stati ripuari di secondarlo, ed accor¬ dandogli il diritto di percepirvi una tassa collo scopo di rimborsare le spese sostenutevi. — Ora, siccome le Porte di Ferro, benché prossime ai confini del¬ l’Impero, non vi sono comprese, ma trovansi in un punto dove ripuari del fiume sono soltanto la Serbia e la Rumania, all Austria veniva concesso mediante quella disposizione l’esercizio di un’autorità e la per¬ cezione di un’imposta fuori del suo territorio, e le era fornito un pretesto per reclamare più tardi un trat¬ tamento speciale su quella sezione del fiume. Ciò ledeva senza dubbio i diritti della sovranità territo¬ riale dominante alle Porte di Ferro; ma questa so¬ vranità apparteneva a due Stati allora soggetti ancora di diritto alla sovranità della Porta, 1 quali, mentre erano pronti da un lato ad ogni sacrificio per ottenere la propria indipendenza, non potevano ancora dal¬ l’altro, per le condizioni speciali del loro diritto pub¬ blico, far udire efficacemente i propri reclami nel Congresso. Lari. 55 del Trattato di Berlino dava un’altra soddisfazione alle velleità dell’Austria. Esso infatti disponeva che i regolamenti di navigazione, di po¬ lizia fluviale e di sorveglianza dalle Porte di Ferro fino a Galatz dovessero essere elaborati dalla Com¬ missione europea. Tale disposizione era il risultato dell’accordo momentaneo fra gli interessi dell’Europa — 102 - e quelli deH’Austria-Ungheria. Un complesso di re¬ golamenti speciali limitati alla sezione fra le Porte di Ferro e Galatz, implicava nel futuro la sorveglianza di una Commissione diversa dalla Commissione eu¬ ropea, e nella quale pertanto, nè a titolo generale, nè a titolo particolare, avrebbe potuto entrare la Russia. Ecco l’obbiettivo comune alle Potenze occidentali ed all’Austria. Questa poi dal canto proprio vi coglieva un altro importante vantaggio. Era sancita finalmente quella coesistenza di più regimi sullo stesso fiume » che le stava tanto a cuore fino dal 1855; non si par¬ lava più di un solo regolamento e di un solo sin¬ dacato per tutto il Danubio, come avrebbero ri¬ chiesto le norme più logiche e più generalmente praticate; le si lasciava l’influenza primitiva nel Da¬ nubio basso mantenendo la Commissione europea; la si lasciava arbitra pienamente al di là delle Porte di Ferro; e, per il tratto che corre fra queste e il punto dove comincia la navigazione marittima, si isti¬ tuiva un terzo regime che avrebbe resa necessaria una terza autorità sindacale. Solo che l’Austria avesse potuto insinuarsi anche in quest’ultima autorità essa avrebbe potuto dire d’aver conseguito il compimento d ogni suo desiderio, così d’ordine economico come d’ordine politico, rispetto a quel fiume, e d’avervi raggiunta quella somma, direi quasi ideale, di van¬ taggi che consiste nell’essere calcolata ripuaria di tutto il fiume in quanto si riferisce all’influenza da esercitare oltre ì limiti del proprio territorio, e nel restare nel tempo stesso isolata sulle sezioni che e appai tengono in quanto si riferisce alla com- i - 103 — pietà libertà di queste da ogni ingerènza degli altri ri p uari. Da quelle disposizioni del Congresso ha origine appunto la fase attuale della questione danubiana. Ammessa implicitamente nel 1878 la coesistenza di due autorità fluviali nel basso e nel medio Da¬ nubio, senza indicare 1 indole e la misura di questo secondo controllo, il compilo più difficile per la Com¬ missione europea non era dunque più la parte in- triuseca e dispositiva dei regolamenti, ma bensì la costituzione di quel fautori! a appunto che doveva es¬ sere destinata a sorvegliarne ed a curarne l'esecu¬ zione. A tacili tare il proprio compito (!) la Commis¬ sione elesse dunque un Comitato nel proprio seno col fin carico di preparare il progetto di regolamento, che doveva poi essere esaminato da tutti i delegati. Il Comitato, composto dei delegati d’Àustria-Un- gheria, di Germania e d'Italia, compilò nel 1880 un progetto distinto in due parti, la prima delle quali contiene le disposizioni generali sulla libertà della navigazione e sulle autorità fluviali, e la seconda ri¬ guarda la polizia del fiume e dei porti, il pilotaggio e le contravvenzioni (2). Chi vuol esaminare questo schema di regolamento, detto semplicemente nelle posteriori trattative YAvant- (1) Memoria del cav, Re vest, delegato italiano nella Commissiono euro¬ pea. — Libro Verde, n. 46, annesso i, pag. 131. (2) «Avant-projet polir leà reglernents riè navigalion, de polire fluviale et ile surveill&ncfl, à élaborer, eri oxèmtion de rari, 55 il» Traité de Berlin, pour la parile du Dantibó comprile entre ies Pprtes de b’er et Gaiata. Vedi Libro Verde, n. I, annesso r, pag, 2-18. pr&jet del 188(3, deve fare una importante distinzione fra quelle parli che si potrebbero chiamare tecniche e riguardano le guarentigie da concedersi alla navi¬ gazione universale e la polizia del fiume in se stessa, c quelle parti che si riferiscono alle istituzioni desti¬ nate a garantire quella libertà ed a far osservare quelle norme di polizia. Le regole della prima specie non sono meritevoli che d'encomio. Vi è assicurato infatti con opportune disposizioni il mantenimento della via fluviale e delle vie ili alaggio il); sono rego¬ late in senso liberale le patenti da presentarsi dai bastimenti (2); è provveduto alla sicurezza di questi ultimi, sia durante il viaggio (3), sia durante le fer¬ mate (4); sono stabilite, rispetto agli incagli ed ai naufragi, regole che armonizzano la prontezza dei soc¬ corsi e gli avvedimenti de’ salvataggi colia cura di non danneggiare nè con questi nè con quelli la via lltiviale e la sorte degli altri legni che la al traver¬ sa no (..)!; e linai mente è assicurala nel l'interesse ge¬ nerale 1 osservanza delle norme suaccennate mediatilo Opportune ammende minacciale ad ogni specie di trasgressioni (fi). Ma lo stesso elogio non si puà fare delle istituzioni che, secondo VAmni-j>r^t del ISSO, devono assi cu - rare l’osservanza di quelle norme e la durata di quel (1) Art. 2, 9.1,38-45. (2) Art. 20 e m. (3) Art. 25, 'J7, 40-49, 95-101. (4) Art, 50-53, 78-04, (5) Ari. 57-07. (6) Art. 102-122. - 105 — sistema. Oltre ad essere esposte alla critica, perchè, moltiplicando le sezioni e le autorità, fanno sempre meno garantita 1 uniformila del regime fluviale, sono tanto più contrarie al diritto ed alla logica,inquanlochè ledono in ogni maniera la sovranità dei ripuari di quella sezione danubiana cui si riferiscono. Era lu¬ tati i indicata mlYÀvant-projet la formazione, per il Danubio medio, dì una Commissione mista, com¬ posta dei delegati della Romania, della Serbia, della Bulgaria e delfÀustria, che vi avrebbe avuta la pre¬ sidenza ed un voto preponderante in caso di divi¬ sione (1). La Commissione mista così progettata si sarebbe trovata pertanto totalmente in balia del— FAustria, che vi aveva due voti su cinque, ed alla quale rinfluenza sempre maggiore acquistata sulla Serbia doveva immancabilmente procurare il terzo voto necessario a darle la maggioranza* Quando si pensi che secondo quel progetto tutto il personale di sorveglianza era posto sotto gli ordini della Com¬ missione mista, e che, ad eccezione dei capitani di porto, la cui nomina era lasciata ai ripuari rispet¬ tivi, gli altri funzionàri, cioè l’ispettore in capo, gli ispettori dalle sezioni e gli impiegati subalterni, do- (1) Ari. 3. Lesemi runa del presente regolamento tS posta sotto l T au- torità di una Commissione, dotta Commissione mista del Danubio, sedente a Rutscluik, nella quale L’Àustria-Unglieria. la Bulgaria, la Romania e la Serbia saranno rappresentate da un delegato per ciascuna. — Art. L Essa sarà presieduta dal delegato dellCAu stri a-Un gloria* Le sue derisioni saranno prese alla maggioranza dei voti; in caso dì divisione la voce de! presidente gara preponderante. La Commissione mista terra ogni anno due sessioni ordinarie, una in primavera e Taltra in autunno* Essa stabilirà da sè d rego¬ lamento interno por l’ordine dei suoi lavori e le istruzioni speciali ai suri agoni i in vista del l'applicazione ilei presente regolamento. — 106 — vevano essere nominati dalla Commissione mista; quando si consideri che il sezionamento del fiume doveva essere fatto in senso trasversale e non lon¬ gitudinale (1), così da attribuire ad tuia diretta auto¬ rità comune territori di Stati diversi, si vede appieno quanto le disposizioni dell'Armihiiwjel. concepite com’erano a totale profitto dell’Austria non ripuaria di quella sezione, offendessero in ogni maniera i di¬ ritti sovrani dei ripuari. Alle molte e vive opposizioni che, anche prescin¬ dendo dai piccoli Stali danubiani, si sollevarono su¬ bito nella stampa e nell’opinione pubblica contro 1 Avant-projet, il Governo e la stampa austriaca ri¬ spondevano che le Porte di Ferro sono bensì al di là dei confini austriaci, ma che, pur non badando al fatto che l'Austria fu incaricata dal Congresso di Berlino del miglioramento di quel passo, non sarebbe equo porre il suo grande traffico sotto il controllo di tre Stati nuovi, uno dei quali non è nemmeno sovrano, e che prendono ancora colia propria ma¬ rina mercantile una parte insignificante alla naviga¬ zione danubiana. Tale argomento dell'Austria aveva però il grave toito d essere esci usi vani ente politico anziché giuri¬ dico. Che il commercio austriaco debba essere ga- Ie , Poltedi * flato sarà diviso in t, "X ’ , ™ 1,elle ,|Uali *' «tende dalle Porte di Ferro e la terza da Oltenilzs iViT™' 1 * 5 Uernanma .. . . 3 0 Norvegia ....... . . 3 0 Danimarca ...... . . 3 0 Svezia . . 1 0 Bulgaria ....... . . 0 1 Serbia . . . . - ■ ■ * . , 0 0 L 1 Austria occupa imo dei primi poèti auclie per il tonnellaggio; vedi jjag. i4£. — 108 - per quelle negli ultimi 11 anni (1871-1881), la Rn- mania non ha alcun piroscafo ecl ha soli 15 basti¬ menti a vela, la Bulgaria ne ha un solo di quest'ul¬ tra specie, e la Serbia manca del tutto così degli uni come degli altri. Sicché mentre alla navigazione del basso Danubio da parte dei ripuari del fiume 1 Austria-Ungheria contribuisce colla totalità delle navi a vapore, oltre la metà delle navi a vela le ap¬ partiene, non riunendone tutti gli Stati del Danubio medio che un numero inferiore di due al suo. Di questi fatti 1 Europa doveva certamente tener conto, ma non poteva dimenticare che trattasi di fatti dindole transitoria; che il diritto è immanente e assoluto, mentre le condizioni economiche e quelle e a civiltà sono soggette ai maggiori mutamenti, sicciè ogni deroga portata ai principii del primo a e pretese delle seconde non può avere tutto al piu c io un carattere passeggierò di opportunità. Se unque eventuale sottomissione del commercio au ¬ striaco alla sorveglianza di tre Stali nuovi, che con- uiscono in così piccola proporzione al movimento commerciale del fiume, poteva, fino ad un certo • GSS ? re utenuta un inconveniente politico, la dava afi’A 1 prepon( ^ eranza °he YAvant-projet accor- e j a • llS ria SU1 n P uar i nella Commissione mista, esla a d IS ? P “ autj<.’h il voto dell’Austria non vi fosse pre¬ ponderante che nelle questioni amministrative, mentre nelle questioni di principio, quando non vi fosse stata l’unanimità, ogni delegato avrebbe potuto doman¬ dare l’aggiornamenlo della esecuzione finché la que¬ stione non fosse decisa definitivamente dalla Com¬ missione europea. 11 delegato britannico (5) proponeva invece che ( l) Parto B, cap. i, art 3, pag. 2tì e 29. (♦>) Pag. 38-40. (3) Pag. 40-44, (4) Loc. cit., pag, 40, (5) Loc. cit, pag. 40, 48. — m - ogni Governo potesse appellare dalle decisioni della Commissione mista alla Coni missione europea, la qualti avrebbe dovuto anche decidere se tra Ila vasi ili questione di principio o di questione amministrativa. Guasti due emendamenti non trovarono favore presso la maggioranza dei delegati, il primo perche pareva allo ad originare una iiitenniiiabile serie di contro¬ versie per decidere in ogni caso speciale se tratiavasi di questione di principio odi questione amministra- ii\a ? il secondo perchè rendeva la Commissione mista troppo subordinata alla Commissione europea. Prima che quest ultima si riunisse nella sessione del iScSJ per deliberare di nuovo sui regolamenti, una proposta iniziata personalmente dai delegato francese Barrère, e nresfiniafa in eamOi.ir_ - 113 — L’Austria accettava subito tale emendamento cui il viaggio del conte di Wolkenstein (1) otteneva l’ade¬ sione del Governo di Berlino, e al quale rispon¬ devano affermativamente anche gli altri Gabinetti, meno quelli di Bucharest e di Pietroburgo, dall’ul¬ timo dei quali vedemmo quale riserva e con quale scopo venisse opposta. Nò è a stupirsi che il Go¬ verno Austro-Ungarico si mostrasse così sollecito a piegarsi a tale transazione; era una condiscendenza la sua che, mentre gli dava apparenza di conce¬ dere molto, riusciva a non fargli perder nulla, e che perciò doveva essergli consigliata nel tempo stesso dall’interesse e dalla prudenza. La sua partecipazione alla Commissione mista gli era conservata infatti sullo stesso piede dei ripuari insieme con tutti i van¬ taggi morali inseparabili della presidenza. È vero ch’esso vi perdeva il voto preponderante; ma, a ben guardare, a quale scopo doveva servirgli un tale voto? A null’altro che a vincere le resistenze rumene e bulgare in ciò che si riferiva al regolamento in¬ terno della Commissione ed alle istruzioni speciali da compilare per i suoi funzionari. Ora tanto il rego¬ lamento quanto le istruzioni potevano esuberante¬ mente compilarsi e pubblicarsi nel termine di un anno. Secondo la proposta Barrère nel primo seme¬ stre il turno alfabetico indicava il commissario eu¬ ropeo che doveva sedere nella Commissione mista nella persona del delegato alemanno; nel secondo (1) N. 7, pag. 57. Il regio ambasciatore italiano a Berlino al ministro degli affari esteri. 8 — Catellani, Danubio. — 114 - semestre sarebbe venuto il turno di quello Austro- Ungarico. L’Austria era dunque sicura di avere du¬ rante una metà del primo anno due voti propri e durante l’altra metà un voto altrui che sarebbe stato in perfetta armonia col suo; sicché, nei riguardi che più le stavano a cuore, essa conseguiva, secondo il progetto Barrère, un ideale raramente raggiunto dagli uomini politici: conservava cioè l’identica prepon¬ deranza appunto allora che mostrava di perderla e di rinunciarvi spontaneamente. Il progetto Barrère conciliava troppi interessi per poter essere respinto. La Francia, l’Inghilterra, 1 Italia e la Turchia l’accettavano come una soluzione che dava anche nella Commissione mista una parte d in¬ fluenza alla Commissione europea, e che, legando 1’esistenza di quella alla durata di questa, faceva più sicura la continuazione e più facile la permanenza del controllo cui esse partecipavano. La Germania oltre a questo motivo trovava un altro impulso ad approvare il nuovo progetto nella sua stretta alleanza coll’Austria-Ungheria; e la Bussia non lo approvava esplicitamente ma nemmeno lo respingeva, calcolando fin d’allora di fare più tardi della sua adesione il compenso dell’esenzione d’ogni controllo che voleva chiedere per il braccio di Kilia. Così avvenne che la Commissione europea, nella sessione che si chiuse il 2 giugno del 1882, vedesse sparite le antiche discordie davanti al progetto Bar¬ rère, e lo inserisse nel testo definitivo del progetto di regolamento. Le resistenze della Rumania e le riserve della — 115 — Russia nel firmare il progel.lo toglievano a questo la necessaria sanzione della unanimità. Perciò, do¬ vendosi riunire una conferenza nel 1883, per deli¬ berare sui poteri della Commissione europea die il Trattato di Londra del 1871 aveva prorogato per dodici anni e che perciò scadevano nella primavera ora trascorsa, il Gabinetto inglese propose che quella conferenza, si riunisse a Londra e vi deliberasse anclie sui regolamenti lluviali già discussi in seno alla Commissione europea (1). La conferenza tenne le proprie adunanze a Londra dall’8 febbraio al 10 marzo del corrente anno. Dopo aver estesa la giurisdizione della Commis¬ sione europea lino a Brada, che è veramente ['ultimo limite della navigazione marittima, la conferenza di¬ scusse lungamente sull’ammissione della Romania, alle sue sedute, e sull’esenzione del braccio di Kilia dal coni rollo europeo; e, deciso il primo punto in senso negativo, ed in senso affermativo il secondo, adottò senz’altro con variazioni di poco conto i re¬ golamenti approvali a maggioranza nel 1882 dalla Commissione europea (2). Solo si respinse la pro¬ posta austriaca di dichiarare il regolamento esecu- (1) Libro Isrctei il 28 e $0, pag. Ili e 113- (2) Coi l J voti rai fì i Londra, protocollo n. 3, Libro. I erde* pag. lesl ° della diolliàmilione colletl iva : « 1 sottoscritti pleaipittònstbr^ &cc., cons¬ uma l'accordo unanime Intervenuto ita loro ai loti ano a tale ^oopo llregó- 1 ara et ito di navigazione, eoo., € t n ^ le t \i e la borato dalla Coin mi ss ione europea o quale .si trova annesso al protocollo n. 24 del 2 giugno 38B2,,. 1 sottoscritti esprimono il voto die gli Stati i quali non prendono parto alle d&Iiljemiohi della con Ter ea za, si arrendano a questo voto unanime od adottino sguaini ènte, il regolarnenio in questione. torio (1), e, coll’adesione del delegato austro-ungarico, si escluse la possibilità del doppio voto (2) nella Com¬ missione mista non comprendendo nel suo turno di ammissione i delegati della Commissione europea ap¬ partenenti a quegli Stati clic vi sono già rappresentati, si ammise il sezionamento longitudinale del fiume (.1), e si conferì agli Stati ripuari la nomina dei sotto ispettori preposti alle singole sezioni (4). Così la conferenza di Londra, dopo aver lunga¬ mente discusso sulle varie questioni più o meno strettamente connesse con quella della libera navi¬ gazione del Danubio, finì per appagare quasi senza discussione alcuna anche le velleità dominatrici del- 1 Austria-Ungheria, come appagò le domande d un regime particolare fatte dalla Russia. Parve necessario concedere l’uno e l’altro favore perchè le due Potenze che li chiedevano aderissero a mantenere la Commis¬ sione europea; e d’altro lato il mantenimento di questa era troppo caro per diversi motivi alle Potenze non lipuarie perchè queste, non s’inducessero, pur di con¬ servarla, a sacrificare ad uno di quei postulanti una parte del proprio controllo ed all’altro una parte della sovranità territoriale dei ripuari. Tale condiscendenza dell’Europa posta davanti alle pretese austriache e russe parve, politicamente parlando, elemento necessario di una transazione- Ma se questa può essere stata politicamente neces- 1 Ubro Verde, Conferenza di Londra, protocollo n. 3, pag. 178. 2 Regolamento definitivo, art. 96, Libro Verde, pag. 229 3 Regolamento, art. 103, Libro Verde, pag. 23 ò (4) Regolamento, art. 101, Libro Verde pag 2 3 o - IH — saria, non pare altrettanto facile sostenere che sia stala anche giuridicamente buona. Fu una [causa¬ zione fra ì più farli die sacrificò completamente i più deboli. La Rumania, la Serbia e la Bulgaria che, in quanto riguarda il Danubio medio, sono più degni altra Potenza interessa tè* non furono ammesse alla conferenza sul piede d eguaglianza cogli altri Siati; st diede all'Austria un’autorità semisovrana in ter¬ ritorio non suo; si istilli irono autori là amministra¬ tive e giurisdizionali in territori appartenenti a so¬ vranità che non vi aderivano; infine si presentò agli interessati non intervenuti alla conferenza un com¬ plesso di regole già adattate perchè essi vi si sotto¬ pongano. E ciò è tanto più notevole in quanto che i ripuarì aderivano pienamente a tutte le parli del regolamento che si riferiscono alle garanzie normali assicurate alla navigazione dei terzi, in guisa che nè per quesli nò per F Austria poteva dirsi che vi fosse alcun pericolo così nel lasciare ai ripuarì 1 esecuzione delle norme di polizia sul loro [erritorio rispettivo, come nèll'invitarli a deliberare cogli altri la forma dei regolameli fi e le eventuali regole anormali della loro esecuzione, Ora se quanto fu fatto non era reso necessario né da un motivo economico, nò dà un motivo giuri¬ dico,— eppure l’Austria fece dipendere dall 1 autorità eccezionale concessale l’approvazione dei regolamenti e la formazione del controllo tulio ciò dove ne ces¬ sa ri a mente avere un motivo politico. E questo non è altro che l'aspirazione al predominio nella penisola balcanica da parie deU’Àuslria, quella stessa che la spinse a]['occupazione della Bosnia e dell Erzegovina, che le fece attirare nella propria orbila il piccolo regno di Serbia, e che ora, sognando per la li bei la della navigazione danubiana uri pericolo che non esiste, le fa tentare ogni mezzo per sottomettere alla propria influenza anche la Romania. Ecco i molivi che nella conferenza di Londra fecero dar ragione ai furti e torto ai deboli. Ma ni uno studio di diritto internazionale non basta aver indicali questi molivi; è necessario altresì accennare alle ragioni che avevano i deboli per essere uditi e per non essere sacrificati, ed alla condotta eh essi hanno diritto dì tenere dopoché gli alici de libera¬ rono ai loro danni senza il loro intervento. CAPO VII. Diritti ed interessi dei ripuari completamente sacrificati al van¬ taggio dei terzi* La controversia primitiva si mata in una controversia di eguaglianza fra Stati indipendenti. Conflitto austro-rum e no. — Conferenza di Londra. Diritto della Romania a parteciparvi e, non avendovi partecipate, a non eseguirne le stipulazioni. Infra duo cibi disiami e moventi D'iiii moda, prima si m or ria dì fame Che li ber noni l'un ri recasse m denti. Ma se può dirsi che due cibi sed liceali del pari siano sicuri quando sì trovano ad eguale distanza ila mi solo appetito, non può dirsi lo stesso di un cibo che si trovi ad eguale disianza da due voracità. Della sua sicurezza bisogna dubitare come di quella dun agnello posto infra duo brame di fieri lupi La sorte dei pìccoli Stati danubiani e la loro av¬ versa forili ria, poste a confronto colla piena soddis¬ fazione ottenuta dalla Russia ed n11’Ausirin-Ungileria alla conferenza di Londra, sono prova non poco evi¬ dente della esattezza di quella immagine. La Serbia almeno ratificò col proprio assenso la posizione che le venne procurala alla conferenza e le stipulazioni di questa che la riguardavano. Nel dicembre del 1882 essa chiedeva alfe Potenze d es- sere ammessa a quelle adunanze (1) come Stato ri- puario che aveva anche partecipato, in virtù del Con¬ gresso di Berlino, all’elaborazione dei regolamenti da parte della Commissione europea; ma, non essen¬ dole stata accordata che una partecipazione con voce consultiva, dava al signor Mari novi tch suo rappre¬ sentante l’ordine di prender parte egualmente alle sedute dei plenipotenziari accettando questa posizione subordinata (2). Più tardi il signor Marinovitch do¬ mandava perii proprio paese una rappresentanza per¬ manente nella Commissione europea (3); ma, negatogli anche questo vantaggio, quantunque suffragalo da ogni ragione d’ordine giuridico e di opportunità e quantunque lo stesso plenipotenziario austriaco ne appoggiasse la domanda, il delegato serbo, pur mo¬ vendone qualche lamento, si sottomise alla decisione dei plenipotenziari e continuò a partecipare fino al- l’ultimo alle loro adunanze. Perfino la facoltà di firmare i protocolli fu negata al rappresentante della Serbia senza che quest’ultimo si decidesse ad altro che ad invocare una dichiarazione assicurante il suo paese, che un tale precedente non potrebbe in av¬ venire pregiudicarne i diritti che gli spettano come a Stato sovrano (4). Ma non fu altrettanto docile e rimessa la con¬ dotta della Bulgaria. 11 ministro degli affari esteri (I) Libro Verde annesso al num. 45, dispaccio del ministro degli esteri clnferenTalw P T° COl, ° 2 3 4 ' lel 111 feb ^aio 1883, pag. 175, 176. 2 " di Londra, protocollo n. 3, Libro Verde, pag. 177. (3) 1 rotocollo n. 4, 1. c., pag. 185-189. 1 (4) Protocollo n. 8, 1. c., pag. 209 21(j. — 121 del Principato domandava nel gennaio e ne! feb¬ braio del 1883 che a] suo paese fosse concesso un seggio nella conferenza (I); e quando questa deferì alla Turchia, nella sua qual ila di Potenza smerdine t la rappresentanza del suo Stato tributario; i signori Youlcovilch e Schismarelf delegali di quest 5 ultimo, replicarono diffusamente a lord Gran vii le insistendo nella domanda di una rappresentanza diretta (2), Ma i plenipotenziari insistettero alla loro volta nel ri¬ fiuto, accordando per tuILa concessione ai signori Yuuieovieth e Sehismareff la facoltà di assistere alle loro sedute* Allora i delegati bulgari, con una nota molto dignitosa indirizzata a lord Granville presi¬ dente della conferenza (3), si rifiutarono di comparire nella sala della conferenza come semplici spettatori, e dichiararono fin d allora il Principato sciolto da ogni obbligo rispetto ai regol amenti che fossero per essere adunati. Nel tempo stesso essi affermarono estinti per il loro paese quegli impegni che, non pre¬ vedendo le eventuali modificazioni apportatevi dalla conferenza senza il suo consenso, esso aveva preso fanno antecedente rispetto ai progetti di regolamento nel seno della Commissione europea. li rifiuto opposto alle domande bulgare non era i11fatiì conforme nè alle regole del diritto delle genlì in generale, nè al diritto pubblico speciale di quel Principato. E vero che f indipendenza degli Stati (l) Lue, di.,, ìliIlleso ìli li* 49, p. Irta, m, e rumesso ai ». 50, pag. W t 165. (9) Loti, eit., annesso B al protocollo n. 3 tiri 13 febbr. 1,883» P&éT- i, j) Annesso A ai protocollo li. 1 Ud 20 febbraiu itìtìJ, b e., pag. Ile* — 122 — vassalli deve essere necessariamente ristretta sul ter¬ reno del diritto internazionale (1); ma deve pur con¬ siderarsi che fra il possesso d una completa libertà e quella condizione di dipendenza che autorizza i rapporti diplomatici fra lo Stato semi-sovrano e le altre Potenze col solo intermediario dello Stato che vi si è riservata l’alta sovranità, esiste un numero notevole di gradazioni. Ora la Bulgaria, nell’ordine delle Potenze dotale di una sovranità limitala, rap¬ presenta, non già l’estremo della massima dipendenza, ma una delle gradazioni intermedie. L’articolo 6 del Trattato di Santo Stefano, con¬ fermato dall’articolo 1 del Trattato di Berlino, costi¬ tuisce la Bulgaria in Principato autonomo e tribu¬ tario sotto l’alta sovranità del Sultano; e l’articolo 8 del Trattalo di Berlino le concede implicitamente il diritto di concludere trattati di commercio e di na¬ vigazione colle altre Potenze (2). Ora qui ci troviamo evidentemente davanti ad un organismo politico di natura particolare, che può dirsi, piullostochè vas¬ sallo, tributario, e che, come tale, ha diritto a man¬ tenere rispetto agli altri Stali, ad eccezione del suo allo dominatore, la posizione che gli compete in forza del suo titolo e della sua importanza (3). Dice anche il Wheaton che gli Stati Iributari non cessano d’essere considerali come Stati sovrani in quanto quei loro rapporti speciali non riguardano (1) Bluntschli, Das moderne Vòlkerrecht , eoe., art 76 2ÌS OK0 ede International, anno IV, pag. .27, (3) Bluntschli, 1. c., art. 03. — 123 - direttamente o non modificano la loro sovranità (1). Ora gli articoli 1 e 8 del Trattato di Berlino provano che la sovranità, per dir così, interna, della Bulgaria, è intera; e d’altro lato la questione trattata alla con¬ ferenza di Londra riguardava esclusivamente norme da applicarsi a quel territorio appunto che è retto dal Governo del Principato con tutte le prerogative della sovranità. Non può negarsi che la designazione di semisovranità, come quella in cui si vogliono coni' prendere i due concetti opposti di arbitrio indipen¬ dente e di soggezione, è ambigua e capricciosa e perciò si presta facilmente agli equivoci (2); ma trattandosi d’uno Stato semisovrano posto dal suo diritto pub¬ blico in una condizione eccezionale e vantaggiosa rispetto alla categoria degli organismi politici cui appartiene, è deplorevole che la conferenza di Londra abbia voluto limitargli, con una interpretazione restrittiva, i diritti die gli competevano e che gli erano stati assicurati solennemente da un Congresso europeo. Ma furono lesi ancor maggiormente i diritti della Rumania rispetto alla quale non si aveva nè la scusa della rassegnazione che giustificò l’esclusione della Serbia, nè i motivi della semisovranità, che, dal punto di vista giuridico, rendevano discutibile l’ammissione della Bulgaria. Può dirsi anzi che rispetto alla Ru¬ mania si sia continuato a Londra il sistema ripro- (1) Wheaton, Eléments de droit International, 2 e edit-, Leipzig, Brock- haus, 1852, voi. i, pag. 48, 49. (2) Austin, Province of jurisprudence, p. 214, ap. Beacli Lawrence, Commento al Wheaton, voi. i, pag. 225, Leipzig, Brockhaus, 1868. - ìU - ve voi e ctl antighiridiep inizialo appunto allorquando le si riconosceva ['indipendenza dalla sovraitilà del Sultano. Se le Potenze riunite a Merlino ammisero Ira gli Stati europei la Romania indipendente, fu la I litmauia stessa che s’era conquistate queste lhiucliij.de poli¬ tiche sul campo di battaglia; la cessione della Bes- sarabia non può paragonarsi in veruna guisa a quella della Savoia alla Francia da parte del Piemonte. Questa fu volontaria mentre quella fu forzala; l una lu pattuita prima della guerra, l'altra fu imposta dopo; I ima era giustificala come prezzo di un soc¬ corso richiesto ed ottenuto, l'altra non poteva giu¬ stiziarsi perchè fu la Russia die cominciò la guerra, e la Romania violò da prima la neutralità per con¬ cederle il passaggio delle truppe, e poi uni le proprie armi alle sue portandole un aiuto valido ed invocato nella campagna dei Balcani. Il Congresso di Merlino pertanto quando staccò una provincia dalla Ruminila, per attribuirlene un altra senza il suo consenso e senza quello delle popolazioni cedute, violò, col diritto delle genti in generale, i diritti dello Stalo rumeno in particolare, ratiQcando l’operato della Russia che, venendo meno agli obblighi degli Alleati, aveva stalli- de a Santo Stefano, senza l'assenso del Principato, le condizioni della pace. Un'altra disposizione che interessava la Romania era presa dal Congresso di Berlino senza la sua ade¬ sione a U andò (1) alla Commissione europea, assi¬ di Berlino, ^art!pii **^ drOU * Uer »«W$£l, «mw IV, Trattato — 125 - stila dai delegati (logli Stati ripuari. l’elaborazione dei regolamenti relativi alla navigazione, alla polizia llnviale c alla sorveglianza da Galatz alle Porte di Ferro. Una tale clausola però non poteva dirsi egual¬ mente lesiva dei diri t li ni meni, avuto riguardo al regimo speciale ed al controllo europeo che fino dal Congresso di Parigi erano stati adottati per il Danubio col l'adesione degli Stati allora ripuari. L’articolo nò del Trattato di Berlino rendeva, come dissi (1), necessaria la istituzione di una Com¬ missione mista; anzi il protocollo del 4 luglio si era spiegato a questo riguardo (2). Era naturale die la Romania proclamala indipendente volesse essere tale per davvero, e che, una volta stabilito un regime speciale per il Danubio medio, intendesse che [ap¬ plicazione ne tosse riservata ai soli ripuari. Che se a questo riguardo essa poteva indursi a tare qualche concessione, ciò ragionevolmente non poteva avve¬ nire che in favore della Commissione europea. Questa intani, per le disposizioni del Trattato di Parigi com¬ binate con quelle del Trattato di Berlino, poteva ac¬ campare qualche titolo giuridico ad un controllo su¬ periore di quella sezione fluviale. E d’altronde, dal punto di vista della convenienza, il nuovo Stato au¬ tonomo non poteva dimenticare die gli antichi Prin¬ cipati danubiani non avevano avuta parte alcuna nelle spese fatte per assicurare loro uno sbocco la¬ ti) V. Gap. VI. (S) Engelhardt, La question 'tu Dnmthv, Rcmie de droit mternntioiml et de. Ugi^loAìmi compari# ^ voi. xv t 1683, il 1 (febbràio), pa^* J - - 126 - die al mare, e che, nell’accingersi dopo la guerra di Crimea a quell'impresa dalla quale i lìumeni ri¬ cavarono il maggior profitto, le Potenze allora alleate contro la Russia non avevano chiesto vermi com¬ penso materiale in ricamino delia loro liberalità (1>. Quando sì fosse franato dunque di costituire l’au¬ torità esecutiva per i regolamenti del Danubio medio, la Rii mania poteva essere indotta, da qualche ragione di diritto e da molte ragioni di opportunità, a dare maggiori garanzie alle Potenze coll’aiiuneUervi una ingerenza più o meno estesa del controllo europeo; ma ogni motivo giuridico ed ogni consiglio della prudenza doveva dissuaderla dal permettere che s’in¬ sinuasse in quell* autorità esecutiva l'in liti eri za del- lAustria-Ungheria. Ora, siccome l'Austria aspirava appunto fin d allora ad insinuarvisi ed a dominarvi, cosi era inevitabile il conflitto clic vedemmo sorgere Ira 1 una e l’altra Potenza rispetto a quella questione, pei risolversi colla peggio della più debole alla eno¬ tere] iza di Londra. La maggioranza della Commissione europea col- I Arant-pivfel del 1880 scelse appurilo una via sulla quale era impossibile che incontrasse le condiscen¬ denze rumene. Anche nel resto d’Europa 1 ’Àvant- projal in. come ebbi occasione di notare, oggetto di ulne critiche, e per vari molivi, come era già avve¬ nuto della convenzione danubiana del 1858. Seno neh è, mentre quest ultima era stata combattuta per ciò che ( 1 ) Engel hard t, Les emione}, 1° luglio 1870, pag. in. Danuht^ Re mie dea Urne: Monika, — 127 — conteneva (1), YAuant-projet era male accolto {ter ciò die passava sotto silenzio. Pareva in generale che, mentre un alto di navigazione deve essere qualche cosa di più d'im semplice regolamento di polizia, per comprendere e definire anche i principi] generali il cui insième collii 1 lisce il regime fluviale propriamente dello, il Gomitato di Galalz avesse invece trascuralo il principale por l’accessorio, sorvolando sulla Commis¬ sione mista e sui suoi agenti e tacendo completamente delle massime lo ridameli tali di libera navigazione, per limitarsi ad esporre diH’usameiile in 124 articoli le regole da seguire quando i bastimenti si incro¬ ciano o si oltrepassano, quando navigano dì notte o di tempo nebbioso, quando sono ancorati o quando incagliano. Tulio ciò, mentre regolava in modo op¬ portuno la polizia fluviale, non conteneva a dir vero nulla che direttamente minacciasse i diritti dei terzi; ma questi potevano sentirsi non del tutto sicuri man¬ candovi una esplicita ripetizione di quelle garanzie di piena libertà, che non possono ritenersi inutili in un allo di navigazione, lincliè una serie di stipula¬ zioni europee non abbia tolto la possibilità di tutte le varie interpretazioni cui pur diedero origine gli atti del 1845 e del 1851*. Tanto più i terzi dovevano insistere nel domandare esplicite garanzie, in quanto che l’articolo 124 (2) deW'Amniprojcl diceva: « Il pre¬ sente regolamento può essere modificato secondo ì bisogni dalla Commissione mista del Danubio (medio), ( 1) Engelhardt, Rcvue de droit ìntematmwL L c.* il. (2) Libro Farete, pag, 18* - m — in quanto non siano in contraddizione coi regola¬ menti della Commissione europea del Danubio ». Ora pareva die con tale clausola si desse soverchia au¬ torità alla Commissione mista sugli interessi gene¬ rali impegnali nel gran fiume. Nè queste obbiezioni riguardanti i diritti dei terzi, nè i difetti cui esse si riferivano orano tali però da compromettere seriamente l'approvazione linaio del regolamento. Il progetto modificato dell'anno suc¬ cessivo conteneva infatti, perciò die riguarda la libertà della navigazione c le modificazioni fui tire, due ar¬ ticoli alti a rassicurare pienamente i non ripnuri fi). Ma non poteva dirsi altrettanto rispetlo alle ob¬ biezioni speciali della Rumenta che si riferivano in gran parte agli stessi concetti fondamentali cui il progetto sera ispirato. Allo schema di regolamento modificato nel 1881 il Governo Rumeno opponeva alcune obbiezioni d ordine tecnico relative alla po¬ lizia fluviale propriamente detta. Rispetlo ai poni» mobili (2) il Governo ili Bucharest non accettava I articolo che ne sottoponeva lo stabilimento all'ap¬ provazione preventiva dellautorità comune (3): e la perfetta liberta del transito nei riguardi delle do- ^anc. e la negazione del diritto di controllo sulle carte di bordo sancite agli articoli ti ed S (1) dello schema mof ucato del 1881, parevano dare troppo insufficienti (1) Libro Verete, Entrati ùb \ 1881 aH t (2) Libre Verdi’, annesso al „ flrtimto ' P” del ministro State*». ~ ’ p ,A e77 > no, « ‘tei 1° r-iajrpio I» (1-ì) Libro Verde-, pag. 20, (4) Libro Verde, pag. 21, Ili UHM II I II II l| | | — 129 — garanzie, alla difesa dal contrabbando la prima, ed alla sorveglianza del fiume la seconda. Alla prima di tali obbiezioni fu data soddisfazione nel testo de¬ finitivo dei regolamenti (1), alle altre due no (2); ma nè l’una nè le altre erano di natura tale da po¬ tere, senza altre cause, impedire un accordo. Senonchè il vero punto della questione e quello rispetto al quale la Romania non poteva cedere in ve¬ runa maniera, era la partecipazione nella Commissione mista colla presidenza e col voto preponderante con¬ cessa all’Austria-Ungheria dal YAvant-projet (3) e con ¬ fermatale dallo schema del 1881 (4). È facile dimo¬ strare come la partecipazione e la preponderanza austriaca nella Commissione mista offendesse non solo le massime giuridiche normali ed i diritti par¬ ticolari della Rumania, ma fosse contraria altresì a tutti i precedenti. Abbiamo già veduto come le stipulazioni del 1856 e le altre che le seguirono, nell’applicare al Danubio i principii della libera navigazione, ne abbiano affi¬ data l’esecuzione a regimi diversi, a due cioè nel principio, per aumentarli a tre dopo il Congresso di Berlino. Giuridicamente parlando, chi comincia sulla carta a percorrere il Danubio dal primo punto na¬ vigabile fino al mare, lo trova diviso in tre sezioni distinte. La prima comincia alla foce dell’lller al Sud di Ulma, termina alle Porte di Ferro ed è retta (1) Art. 4, Libro Verde , pag. 215. (2) Art. 6, 7 e 8, Libro Verde , pag. 216. (3) Libro Verde , Avantprojet del 1880, art. 3 e 4, annesso 1 al n. 1, p. 2. (4) Libro Verde , Extrait del 1881, parte C , art. 1, 3 e 5, pag. 45, 46. 9 — Catfllam, Dnnubio. — 130 - dai trattali conclusi fra ì ripuari di quel percorso, Austria, Baviera e AVurtemberg, fino dal 1855; la seconda, che va dalle Porte di Ferro a (lalalz. o più esattamente, dopo la Conferenza di Londra, a Braila, deve essere sorvegliala dalla Commissione contestala che si tratta appunto ora di istituire; e la terza fi¬ nalmente va da Gahitz, o, secondo la Conferenza di Londra, da Braila al mare, e costituisce la parte riservala fino dal 1856 al diretto controllo europeo. Ora, essendo cosi sezionato il Danubio tanto rispetto al regime, quanto rispetto aliati tori Là sindacale, esso può bensì essere riguardato come un solo fiume nei riguardi del controllo europeo, che, in virtù dei prin¬ cipi! sanciti nel 1815 e nel 1850, può sorvegliarne la Ubera navigazione e tutelarne l'uniformità dei rego¬ lamenti; ma nei riguardi dei ripuari rispettivi appar¬ tenenti alle singole sezioni, ognuna di queste deve essere ritenuta come un fiume distinto. Infatti dal momento che ai ripuari a valle delle Porte di Ferro si nega qualunque ingerenza nella sezione a monte di quel punto, i ripuari di quest’ultima sezione non possono essere ritenuti, così senza reciprocità, ripuari a valle. La loro pretesa di essere ritenuti ripuari della sezione altrui senza che gli altri possano essere am¬ messi come tali sulla loro, ò giuridicamente analoga alla pretesa che potrebbe accampare li n gl ti I terni di ossei e calcolata ripuaria del Danubio in virtù del- 1 operoso movimento dei suoi commerci su quei paraggi. IVI ragionare dunque della questione danubiana bisogna prendere per base questo punto di latto; ii — 131 — fiume è retto da un ordinamento speciale che Io di¬ vide in tre sezioni, le quali, nei riguardi dei ripuari rispettivi, devono calcolarsi come tre fiumi distìnti, È sperabile che un tale ordinamento venga abolito per lasciar posto al regime unico di tutto il percorso navigabile controllato da tutta la società dei ri¬ puari (1); ma, finche ciò non avvenga, non si può ammettere nel ripugno di una sezione il diritto, senza il corrispondente obbligo di reciprocità ? di entrare come ripuario nel regolamento e nella sorveglianza delle sezioni altrui. La sua partecipazione a tale re¬ gimameli lo ed a tale sorveglianza in condizioni cosi eccezionali e privilegiate, non è , dal punto di vista del diritto, maggiormente giustificata di quella che sì volesse concedere ad uno Stato qualsiasi non ripuario. Una tale anormalità sarebbe contraria a tutti i precedenti in materia di navigazione fluviale ed al diritto pubblico speciale che regge quella del Da¬ nubio, L'alto del 1815 sancì esplicitamente J s auto¬ nomia della società ripuaria, e gli aiti di navigazione (1) Al prò gei in di convonzlone suiti navigazione ilei fiumi internazio¬ nali, proposto dall'Engelhardt come conclusione del suo -studio sul Regime con mi. z tona le dei fiumi, mi parrebbe opportuno aggiungere il sogli tìnto: Articolo transitorio. — Gli antecedenti storici e le peculiari condizioni attuali della penisola balcanica consigliando per un tempo indeterminato Pappiicariano di un regimo speciale alfa navigazione del malto e del basso Danubio; a tutelare i diritti degli .Stati ripuari e quelli delle Potenze inte¬ ressate, I poteri della Commissione europea del basso Danubio, si, estendono sino alle Porte di Ferro, duellò le Potenze firma tari e del Trattato di Berlino, riunite in spedale conferenza con tutti gli Stati ripuari del fiume, non deli¬ berino di sottoporne tutto il percorso, dal primo puntò navigabile fino al mare, al regime convenzionale ordinarlo che regge secondo 11 diritto europeo la navigazione degli altri fiumi internazionaVL - Vii — successivi (1) riconobbero a quella soltanto il iliritio di provvedere alla polizia della navigazione come una facoltà che non è necessario diminuire nell interesse della libertà di tutti e che discende d’altronde diret¬ tamente dalle prerogative sovrane, l’er lo stesso mo¬ tivo fu riconosciuto al condominio fluviale il diritto di provvedere ai lavori di correzione e di manteni¬ mento necessari alla regolarità del corso ed al buono stato dell’alveo. Ora il Congresso di Parigi, ncH’adot- tare par il Danubio i principii dell'Ano liliale del INI"», dichiarava esplicitamente salci i di riili dei riputivi l-). II Trattato di Londra del 1871 si uniformava appunto a tali principii quando, dopo aver distinto ii Danubio medio dall alto e dal basso, e dopo aver riconosciuta in quello la necessità di certi lavori, attribuiva questi ultimi e la percezione relativa di una lassa ili naviga¬ zione, allo Potenze ripuarie di quella parte ilei limite, le quali soltanto dovevano costituire l'autorità sin¬ dacale (3). Cosi dunque per diritto primitivo, come per di¬ ritto risultante dalle positive stipulazioni dei trattali, ai non ripuari non può spettare veruna ingerenza nel controllo dei fiumi convenzionali; e, nel caso speciale, Austria non poteva pretendere d’essere calcolata fi¬ lmarla della sezione fra Galatz e le Porlo di Ferro. L e Lma pa !‘ l ; e dl frollo può spettare a qualche altra autonta a 1 minori di quella rappresentante il pondo- U ) L n gol ftamft, Rag mn (2) Pro!., i, n. 2, Debraoz, E. c, T par (3) Trattato dì Londra dei LB7 1 , art natìonal et pag. 67 e seg. - 135 — proprio emendamento alla parte C dello schema di¬ scusso l’anno prima, sorse il delegato rumeno respin¬ gendo il progetto francese e proponendo invece di quello un emendamento all’articolo 1°, secondo il quale il Danubio medio era affidato al controllo della Commissione europea (1). In tal guisa la Rumania di¬ mostrava che le sue resistenze alle pretese austriache non dipendevano da un culto geloso e puerile dei propri diritti sovrani come certi organi austriaci ama¬ vano far credere. Essa si spogliava delle sue attribu¬ zioni sovrane, non solo nella misura pretesa dal¬ l’Austria, ma in proporzione maggiore, poiché cedendo il controllo del Danubio medio alla Commissione eu¬ ropea; essa avrebbe avuto in tale controllo una parte minore e meno importante di quella che le sarebbe spettata nella Commissione mista. Con ciò essa mo¬ strava che voleva solo evitare la pericolosa ingerenza di un potente vicino sul suo territorio, ma che, evitato questo pericolo/era disposta a fare, in favore delle garanzie dei non ripuari, ogni maniera di concessioni. L’Austria non accettando una tale proposta dava a vedere come i suoi fini non fossero nè di ordine giuridico, nè di ordine politico ed economico limitato ai rispetti della navigazione fluviale, ma come fosse suo ultimo scopo l’egemonia nella penisola dei Bal- (1) Libro Verde, n. 26, pag. 82. - 1* Controproposta rumena. «L’ese¬ cuzione del presente regolamento è posta sotto la sorveglianza della Commissione europea del Danubio che la eserciterà col mezzo di un ispet¬ tore generale da essa nominato. - La Commissione europea dovrà giudi¬ care in appello tutti i litigi che le si presenteranno per contravvenzioni al presente regolamento ». — 136 — cani. Infatti se questo non era l’obbiettivo che la induceva ad insistere nelle primitive pretese, quale altro motivo poteva indurvela? Non certo le ragioni giuridiche della garanzia d’ogni libertà, la quale a nessuno poteva meglio affidarsi che alla Commissione euiopea; non lo scopo economico di non abbandonare il proprio commercio agli arbitrii di tre Stati piccoli e nuovi, perchè questi, mercè tale combinazione, sai ebbero stati completamente messi da parte; non infine il motivo politico di non sottoporsi ad un’au¬ torità straniera, perchè d’un lato la Commissione eu¬ ropea è una istituzione collettiva cui partecipa cogli a tri delegati quello anche dell’Austria, e dall’altro la sezione del fiume che si trattava di affidarle non tocca in a cuna parte il territorio dell’Impero, che restava o ni modo arbitro assoluto del Danubio superiore. .^nonostante. ^ delegato rumeno, quando vide respinto 1 suo primo emendamento ed accettata in¬ vece la proposta Barrère, cercò un’altra volta ili tro- Aare ei termini conciliativi che il suo paese potesse are. g 1 proponeva pertanto (1) che la Commis¬ ti) Libro Verde, n. 26, pag. 82 83 _<>.rw cuzione del presente * \ * Lontr °proposta rumena. « L ese- fiuviale detta Commissione di sorv P< ^ a SOtt ° hl sorve £ lianza di un’autorità ropea del Danubio sarò, rarmn ■ f g . la ° za » neIla f l u ale la Commissione eu- cioè la Bulgaria, la Serbia e la^Ruman^ ^ delegati ’ 6 gU Stati ri P uari * membri della Commissione europea da Un delegato * “ 1 due della Commissione di sorvegliane ’ dovran no prendere parte ai lavori delle Potenze, per un periodo T""' ,eSÌgnati , per ordine alfabetico quelli degli altri membri della suddetti p 6 godranno deì (liritti eguali a alfabetico avrà designato il turno dolio Comm,ss| one. — Quando l’ordine viene immediatamente dopo per evito u * ama , si passerà allo Stato che seno alla Commissione di sorvegliane J-r 6 essa disponga di due voti in sessione ad uno dei delegati delio n ^presidenza spetterà in ciascuna ° della Commissione europea eletto a maggio- - 137 — sione mista si componesse bensì ili cimine delegati, ma che invece d’esservene un solo mandalo dalla Commissione europea, i delegati per turno dalla Com¬ missione stessa fossero due, restando cosi esclusa l’Austria dal seggio permanente e ridotta alla rota¬ zione insieme collo altre Potenze. Anche un tale emendamento fu respinto, quantunque nel primo periodo di tempo, importantissimo per la compilazione del regolamento interno e delle istruzioni ai funzio¬ nari, assicurasse all’Austria ed alla Germania, che dovevano essere prime per ordine alfabetico, insieme colla Serbia, la maggioranza della Commissione. Evidentemente era un pretesto di supremazia po¬ litica futura die 1 Austria voleva procurarsi, ed era ormai questo soltanto che la Romania faceva ogni sforzo per evitare; la questione del sindacalo comune, che in condizioni normali avrebbe dovuto essere del tutto tecnica, aveva dato origine ad una lotta per 1 in¬ tegrità della indipendenza nazionale. Chiusa così la sessione della Commissione eu¬ ropea, il delegato rumeno si rifiutò a firmate i te^ golamenti, votali colla proposta Barrère da tutti ì suoi colleglli ad eccezione della riserva falla dal de¬ legato russo (t). Tali regolamenti non possono dirsi ranza rii voti... La Emissione europea 1**. domandare, col nwaod'unu dei «tot delegali, alla J deei- glianxa, lo informazioni che le «*e« "“2" «inni prese dalla Commissione di sorveglianza rispetto alla IMI navigazione ». mjtocollo n. 21, seduta del 2 giugno lBfdMism'fiS i* W «nlwejrato di Rumania non potrebbe lìrinaTe il duco- - 138 - pertanto quelli previsti dall’arlicolo 55 del Trattato di Berlino che li caratterizzava come lavoro compiuto e collettivo della Commissione europea. 11 rifiuto rumeno, le riserve sostanziali della Russia, e quelle minori di altri delegati (1), toglievano al progetto discusso questo carattere necessario perchè potesse essere presentato alla approvazione delle senza essere affetto prima da un serio motivo di nullità. Era riservato alla Conferenza di Londra di ag¬ giungere a tante altre stipulazioni antigiuridiche che la avevano preceduta, la lesione d’un altro diritto incontestabile. 11 Trattato cui essa diede origine rac¬ chiude pertanto due gravi violazioni del diritto delle genti: la prima consiste nella diminuzione di sovra¬ nità imposta alla Rumania dai regolamenti del 1882 e ie la Conferenza del 1883 approvò e dichiarò ob- igatorii. la seconda, che è ancora più grave, risulta a modo della loro approvazione compiutasi senza risulti da un accorri! ^ ^ teSt ° cora P lessiv ° dei regolamenti il quale n può essere considerato ! nanime G n ° n porti le firme (ìi tutti ' delegati, r emanato dalla Commiss^^* 8111 ^ 0 de l le deliberazioni nè come documei stesso tutte le riserve anche^erdò'h 11 C ° Ionnell ° Scovici fa nel toro luzione presa dai suoi o™ P ,- ° 10 cbe ri guarda l’esecuzione di tale ri vedere, essa è contraria ' rG ^° 1 coPe ehi, perchè, secondo il suo modo menti della ^ ineo -Patibile cogli stessi rego rilevare che, se egli non ha e ‘egato della Rumania si fa premura causa il fatto che tali emendamenr ^ emendamenti aIla P arte c > ne conseguenza di quello formulato sull-art"! aVre . bbero P otuto essere che discusso ogni base ha i ! , ,e clle non essendo questo stì trattare della suddetta parte dei regofamenS PCT COntinUan pai 87 92 ^ Pr ° tOCOll ° "• 24 da " a Commissione europea nel 18: wLuuimnidu 139 - la partecipazione della Rumania, con sommo pre¬ giudizio dei più sacri e vitali diritti che spettano agli Stati sovrani. Da ciò avvenne che, se il Governo di Bucharest non voleva accettare i regolamenti prima della Con¬ io ronza, tanto meno potesse seni irsi disposto a su¬ birli dopo, poiché, se cosi avesse latto, al cattivo precedente di accettare disposizioni che per la loro indole intrinseca offendono le sue prerogative, avrebbe aggiunto il precedente mollo peggiore di accettare nel proprio territorio istituzioni, rapporti, ed obblighi dovuti esclusivamente all’iniziativa degli altri Stati e punto alla sua. Quanto fosse evidente il diritto della Rumania di sedere a condizioni eguali a quelle delle altre Potenze nelle adunanze di Londra, lo prova il mo¬ tivo adotto dall’Austria per impedire che ciò avve¬ nisse. 11 Gabinetto di Vienna che, come vedemmo nel capitolo antecedente, cercò in ogni fase del con¬ flitto, di celare le proprie astuzie politiche sotto una parvenza giuridica, questa volta non trovo 1 espe¬ diente e dichiarò che la Rumania non poteva essere ammessa sullo stesso piede delle altre T otenze come quella che in seno alla Commissione europea aveva reso impossibile l'accordo (t). li che vuol dire che si pre¬ tendeva escluderla precisamente per quel motivo che sopratutto attestava il suo diritto ed il suo interesse di intervenirvi. (1) Libro Mp» 122,I» Robi,ant alministr ° ' ,eglì 8SterÌ italiano, 24 fllcefl&bre 140 — Non può negarsi che il metodo seguito dal conte Hoyos e dal conte Karolyi per assicurare l’unani- raità delle deliberazioni, se non è mollo persuasivo è certo molto efficace, ed, anche applicato in materia elettorale, darebbe risullamenti meravigliosi. Quell’ar¬ gomento prova però una circostanza assai importante; che cioè, per chiudere alla Romania le porte della Conferenza di Londra, non si poteva trovare l’ap¬ poggio, non solo di un motivo, ma nemmeno di una sottigliezza giuridica. Nel processo che Giacomo II fece nel 1088 ai \escovi anglicani davanti la Corte del Banco del Re, il cancelliere della Corona tentò ogni sforzo perchè il collegio dei giurati riuscisse composto interamente di papisti, e la difesa cercò ogni maniera di farvi entrare il maggior numero di non conformisti e di partigiani della Chiesa stabilita. Il solo Michele Ai- no c dava da temere ad entrambe le parli. Giunti m atti alla votazione undici giurati parteggiavano per innocenza, ma 1 unanimità non si poteva rag- & iun & ere perchè Michele Arnold restava ostinato e n \o eva unirsi ai colleghi. Allora sir Tommaso sin genti uomo di campagna si avvicinò al suo nace co ega e gli disse: « Guardatevi bene amico * ni’ 10 SOn ° d piu forte ed il più grasso di terò tanirTIf 13 n* verdetto di colpabilità aspet¬ ta Ir a Urmi magro COme la canna di una bellava ^” a . nimita era necessaria, Arnold vi si ri- allo Itesso V PaUra d6lla fame bastò P er ridurre della giuria ^ r . IOrninatore an che quest’ultima frazione S ' tema del conte Hoyos ha qualche — ut — analogia con quello di sir Tommaso Austin; senonchè ù ancora più semplice, perchè, mentre il gentiluomo inglese otteneva l'unanimità allumando la mino¬ ranza, il diplomatico austriaco raggiunge in modo più sicuro lo stésso scopo sopprimendola. 11 diritto spettante a lutti gli interessali d'inter¬ venire alle adunanze dove si trattano affari che li riguardano è ormai ammesso dalla scienza del diritto internazionale come una comnmms opinio, ri¬ tenendosi clic diversamente non sia punto garantita la libertà delle Potenze non invitate a deliberare, le quali, costrette come sono in tal caso ad accettare o rifiutare cosa già l’atta, debbono, senza risorse ili conclusioni intermedie, « o sottomettersi con pau¬ rosa deferenza, o resistere con pericolo » (1). ( 1 ) [‘ertile G. R, Ebimmti «tt diritto inter nazionale moderno, Padova, Sacetiettò, 1877* pag. 200* _ „ fi LI cIìù pur si propose rii non ammettere net proprio uwuee so non i print'ipii or. imi «quiriti atta scienza, vi sancisce mpnmnri* £ stessa massima. « Ogni Stato europei.. egli .-erive (Vi), ha diritto die 1 suo alteri non siano Irollati in vomirne dalle granili Potere «m*a die u* *■» sudo invitai o a premiare parie alte uviUative c vi ^ diritto. Recando l’illustra anta* (ti.» «™< te “ 1 . Potenza intorbata non non, perisca enu, è una parte davanti “ ^ 1 « 1 *» “ •, -. » «stfsss: ssasfisss ats tttt ss fi-» - »■ . . "t“: h . . | i iiicìiità dcllti m'ft jffgfcrfliiim tacciano m pia, dirsi dia 1 opinione « la t uta *_ “ ^ v essel , ; oppressa se nn Congresso andie jun Li »• desiandole la faeolfA d’intorvodre . interviene, mine non può essere «oppi £ /tauri (d), tate quella Tate ipure .opinione dall Esjpewou (e) « delUr . M “ 1 ; [а) BLuntsd% i art* 105. (б) Bluntsehli, 1. e., art. 106, US. Cnn „ re , sì e conferma, (c) Bspemu, Diritto J e , -nazionale pubblico di (ri) Carnata-Amari, Imitato di auuw pace , 2 IL £dtà,, Milano 1875^ pag* '■ E vero che i precedenti storici a questo riguardo non sono tutti in armonia colle conclusioni della scienza nemmeno negli ultimi tempi, ma non man¬ carono tuttavia esempi nel senso migliore, egli esempi contrari ebbero nel tempo stesso qualche scusa più o meno valida che manca del tutto nel caso della Romania. Nella conferenza riunita a Londra nel 1831 per trattare gli affari del Belgio, il rappresentante dei Paesi Bassi non fu ammesso a deliberare con quelli delle grandi Potenze, le quali decisero da sole ed imposero poi il proprio volere ai contendenti (I). professata prima di loro dal Mai mani (V), I\v di verr^rnenf e pan.va il * 1 Eie- rantolìi (&); ed il Fiore nel l'ultima edizione do I suo trattati) (c) si esprimo a tale proposito cosi: * Como remota generai e doliamo stabilire elm un trattato non pun nè arpècaie profitto nè nuocere ni le]*^i> eccettuato ^ J in il caso che il terzo si trovasse per i suoi rapporti di protri foralo sotto la dipendenza condizionale o assoluta dell'una o dell'aJtra delle parli eomra- entL... Se [e parti avessero stipulato fra di loro un trattato che importasse qualche modificazione ai rapporti internazionali di un terzo Srato ed n mn irisàpnr. a, trattato non potrei Un.• a cieca ro alcun pregiudizio ai d l v i U incontestati d el terzo, sicché, se questo non lo accetta, vi sarebbe una impos- Sìbdita morale per dare esecuzione a epici trattato. Da tutto dò il Fiore deduce la seguente regola: « Un trattato non può stabilire, modificare od ascendere 1 diritti che fra quegli Stati che lo conclusero in qualità di parli contraenti, Esso quindi deve ritenersi meflteace rispetto, agli altri Siati por tsiTte quelle disposizioni die possono arrecare loro alcun pregiudìzio o danno, e senati che a ciò ,vo necessario alcuna protesta, dovendosi riconosci.*re sempre m favore degli Stati die possano essere interessati, il difillo a tutto le eccezioni finché non vi abbiano ejggpessamenfe rinunciato o con didimre- zione formale o ch’adesione al trattato», (1) Flore, 1. c,, voi* x, pag. 322-329 e voi n, pag, -185, 1 SG. (a) Mandarli, Dì un nmm diritto europeo* V ediz-, Torino 1851, ì>. 3G*1 e segue riti. (f>) Pi Gran toni, Storia del diruto intemazionale nel secolo XIX , Na¬ poli, Marchierà 1875, pag, 28 E (c) Fiore, Trattato dì diritto intemazionale pubblico. 2“ ediz. t voi. xr, pag* 305-307 e 489. - 143 - Fu questa certamente un’aperta violazione dell’egua¬ glianza giuridica fra gli Stati garantita dal diritto naturale, ma, se non altro, la sottigliezza dei Gabi¬ netti poteva accampare due pretesti: l’uno, che il Re dei Paesi Bassi aveva provocata la riunione della conferenza, l’altro che trattavasi del Belgio dato dalle Potenze all’Olanda dopo averlo staccato dal caduto Impero di Napoleone. Nel 1855, per compiacere ai desiderii austriaci, si escluse la Sardegna dalle Conferenze adunate a Vienna per stabilire le basi della pace fra la Russia e gli Alleati (1); ma il sacrificio imposto alla Sardegna in quell’occasione non è paragonabile a quello attuale della Romania, poiché non trattavasi direttamente del suo territorio e dell’esercizio dei suoi diritti di sovranità. Nella Conferenza tenuta a Parigi nel 1857 per la frontiera della Bessarabia, la Moldavia non fu ammessa benché si trattasse dei suoi confini colla Russia; così avvenne nelle Conferenze tenute suc¬ cessivamente a Costantinopoli ed a Parigi circa 1 u- nionc dei Principati Danubiani; così nel 1862 non fu ammessa la Serbia a deliberare colle Potenze a Costantinopoli sull’occupazione della fortezza di Bel¬ grado; ma almeno in tutti questi ultimi casi tratta vasi di Stali semi-sovrani. Destò maggior rumore la deliberazione presa dalle grandi Potenze nel 1869 di risolvere il con¬ flitto turco-ellenico causato dall’insurrezione di Creta (1) Esperson, 1. c., voi. i, Congressi e conferenze. senza l' intervento delia Grecia. A dir vero quando Napoleóne nel suo discorso d’apertura del 1867 disse a proposito di queli’insurrezione: « In Oriente scoppiarono dei torbidi, ma le grandi Potenze si concertano per trovare una situazione che soddis¬ faccia le popolazioni cristiane, riservi i diritti del Sultano e prevenga delle complicazioni pericolose », egli affermava un principio assai meno in armonia colle massime giuridiche di quelli relativi al diritto marittimo propugnati al Congresso di Parigi, e della dottrina del non intervento professata negli affari di Italia. E quando la Conferenza del 1809, dopo aver ammessa la Turchia con voto pieno ed intero, non concesse alla Grecia che un voto consultivo ad onta della disapprovazione del ministro russo, ed il signor Rangabé si ritirò protestando, fu unanime lo sdegno in tutta Europa. Nè fu minore la disapprovazione quando, rifiutandosi il Governo ellenico ad accettare le impostegli condizioni. Napoleone mandò ad Atene il conte Walewski con una lettera autografa per ii Re dei Greci, che, costretto da tale pressione, mutò Ministero e subì la legge del più fòrte (1). Pure se lutto contribuiva a dare a quella ammissione limi¬ tata, seguita da una tale pressione, tutti i caratteri d una violenza, potevasi dire che Irai lavasi d’un paese insorto il quale, secondo il diritto pubblico vigente, non apparteneva alla Grecia; e che questa aveva in una certa misura violati i doveri dei neutrali; mentre, ( I ) Pierantoni, loc. cit., pa s . 274-282 e lieach Lawrence, loe. cit. pag. 451-463,501-505. , vo!. li, - 145 - nel caso della Romania, si tratta di un paese che diede dopo la sua indipendenza un esempio raro di zelo nell’adempiere gli impegni internazionali, per far rispetlare i quali, essa riuscì ad attutire perfino le passioni più basse e perciò meno rapidamente guaribili della parte meno colta del suo popolo. Nè a chi vuol suffragare i principii della scienza colla forza della tradizione mancavano esempi con¬ trari a quelli finora accennati. Il protocollo di Aquis- grana del 15 novembre 1818, si esprimeva infatti così: «.Que dans le cas où ces réunions auraienl polir objet des affaires spécialement liées aux intérèts des autres Elats de l’Europe, elles n’auront lieu qu a la suite d’une invitation formelle de la part de ceux de ces Etats que les dites affaires concerneraient et sous la réserve expresse de leur droit d’y participer directe- ment ou par leurs plénipotentiaires ». Tale principio fu rispettato, almeno in parte, nel Congresso di Lubiana del 1821 ed in quello di Verona del 1822 e sopratutto nel 1856 coll’ammissione della Sardegna. Quando si trattò di deliberare i regolamenti suppletorii per il Reno e per gli altri fiumi comuni, tutti i ripuari furono ammessi egualmente a prender parte alle trattative; nel 1857 la Svizzera fu invitala a delibe¬ rare colle grandi Potenze sull’affare di Neuchàtel; ed il progetto abortito nel 1867 d una Conferenza sulla questione renana assicurava in quella all India un voto deliberativo; finalmente alle trattative di Londra, tenute nello stesso anno relativamente al Lussemburgo, presero parte senza verun caiatteie subordinato così il Belgio come 1 Olanda. 10 — Catellani, Danubio. — 146 — Sicché quando il Governo rumeno reclamava un seggio alla Conferenza di Londra (1), esso non chie¬ deva nulla più di quanto lo autorizzassero a chie¬ dere le massime più incontestale del diritto naturale, e non pochi precedenti concreti del diritto pubblico europeo. Le condizioni speciali della Rumania ed i suoi diritti acquisiti non rendevano che più valida ancora la sua facoltà a pretendere che, senza la sua parte¬ cipazione, nulla si deliberasse rispetto al Danubio medio; ed i suoi stessi interessi materiali valevano, se ciò fosse stato necessario, a porre più in evidenza ancora il diritto che le spettava. In forza dell’articolo 46 del Trattato di Berlino essa possiede le bocche del Danubio e perciò ha un titolo superiore a quello d’ogni altro ripuario ad interessarsi in tutto quanto riguarda l’intero per¬ corso del fiume; il Danubio medio poi, che si trat¬ tava di regolare, mentre non tocca nemmeno il tei ritorio austriaco, e bagna solo un centinaio di chilometri di costa serba, scorre per un tratto assai più esteso, benché non con tutte le proprie acque, lungo il territorio bulgaro; ma bagna in tutto il suo percorso il territorio della Rumania che da Silistria a Braila, cioè per circa un terzo del suo corso to¬ tale, ne possiede entrambe le sponde. L articolo 5L del trattato di Berlino aveva so¬ stituito la Rumania alla Turchia in lutto quanto rJm%l Verde ' anneSS0 A al protocoll ° num - 2 del 10 febbrai0 1883 ’ — UT — concerne le imprese ili lavori pubblici ed altre di natura analoga, e l’articolo 53 le aveva concesso un seggio nella Commissione europea. Fu appunto per causa del disaccordo fra il delegato rumeno c gli altri delegati rispetto ai regolamenti, che questi ul- Iinii furono portati alla Conferenza di Londra. Era evidente dunque che siccome il delegato ru¬ meno era stato ammesso nella Commissione europea, non già col mandalo imperativo di un voto cos[au¬ le mento affermativo, ma col diritto di discutere e di deliberare allo stesso titolo degli altri delegati; con questo stesso titolo e con non minori poteri dovesse far udire la sua voce nella Conferenza. Negandogli tale facoltà si giungeva al seguente assurdo: che un argomento riconosciuto da tulli di competenza della Rumatila finché era trattato da un’assemblea, non deliba più essere di competenza sua, quando venga trattato da un’altra assemblea. Conclusione logica quanto quella di chi sostenesse die i ricorsi contro una sentenza del Tribunale di Roma non possano decidersi dalle Corti d’appello o di cassazione italiane, ma da quelle poniamo di Parigi o di Berlino. Ma a Londra, olLrechè sui regolamenti, si doveva deliberare sulla proroga della Commissione europea. Dì quest’ultima la Romania fa parte e la ospita sul proprio territorio; la durala, lo scioglimento o la mo¬ dificazione d’un tale istituto doveva dunque in Ines sarde più che a qualunque altro Stato.—La Russia voleva sottrarre il braccio di Kilia al controllo eu¬ ropeo; l’accordarle una tale esenzione avrebbe dato anche’ alla Romania certi maggiori diritti nella sua I ■ MMFtfTBf numi - 148 — qualità di Stato ripuario di quel braccio, e d’altro lato avrebbe diminuito il campo d’azione della Com¬ missione europea e con questa, per altro rispetto, quello della stessa Rumania che ne fa parte; poteva questa adattarsi a lasciarsi dare in tal guisa e to¬ gliere controlli comuni e diritti esclusivi senza pur poter manifestare la propria opinione? — Le Potenze non ripuarie volevano estendere il dominio della Commissione europea fino a Braila; da ciò un nuovo tronco del fiume che passava dal sindacato speciale dei ripuari a quello generale dell’Europa; da ciò un danno economico per il porto di Galatz, un van¬ taggio pel porto di Braila, uno spostamento di di¬ ritti e d’interessi che si voleva compiere su acque rumene in territorio esclusivamente rumeno; e tutto questo si voleva fare senza che la Potenza territo¬ riale domandasse altro che di essere informata delle disposizioni che gli altri sancivano rispetto alle sue acque ed al suo territorio! Riassumendo tutti gli argomenti or ora esposti si vede chiaramente che doveva farsi bensì una distin¬ zione fra la Rumania e gli altri Stati rispetto alle pro¬ poste presentate alla Conferenza di Londra; ma la distinzione era soltanto questa: che mentre alle altre Potenze interessava specialmente l’una o l’altra di quelle proposte, i diritti e gli interessi della Rumania erano eminentemente implicati in tutte quante. Messo pertanto in non cale questo diritto del quale, se ce ne furono altri di più incontestati, non ce ne furono certamente di più incontestabili, la que¬ stione di diritto fluviale che era stala spostata dal- — 149 - YAvanl-projet e trasformata in una questione di sovra¬ nità territoriale, si sposta una seconda volta e il conflitto in questo ultimo stadio acuto si mula in una controversia sull’eguaglianza e sui diritti fonda- mentali delle sovranità indipendenti. Il delegato rumeno non accettò pertanto il voto consultivo che gli veniva offerto e che non era meno offensivo di un rifiuto, e si ritirò dalla Conferenza protestando e dichiarando che le deliberazioni future non sarebbero ritenute dal suo paese come obbliga¬ torie (1). Tale condotta era così nettamente indicala dai diritti della Rurnania e dalla sua dignità, che, quando il ministro Sturdza annunciò alla Camera, nella seduta dell’ll febbraio, il ritiro del principe Ghika, l’opposizione si unì alla maggioranza in una unanime voce di approvazione (2). L’esame dei documenti e la lettura dei protocolli della Conferenza persuadono del resto che l’esclu¬ sione della Rurnania fu imposta alle altre Potenze dall’Austria e dalla Germania. L’idea di ammettere quello Stalo, dovuta all’iniziativa dell’Inghilterra (3), era gradita alla Francia (4), alla Russia (5) ed alla (1) Annesso A al protocollo num. 3 del 13 febbraio 1888 (Libro Verde, pag. 181,182), nota del principe Ghika a lord Granville... «Mi trovo, signor conte, nella necessità di declinare l’onore d assistere alle sedute della Con¬ ferenza; ed a nome del Governo del re, faccio le riserve più solenni, e pro¬ testo contro le decisioni che venissero prese senza la partecipazione della Rurnania, dichiarandole non obbligatorie per essa». (2) Mémorial diplomatique, 17 febbraio 1883. (3) Annesso al num. 31, pag. 116, Circolare di lord Granville dell’ll di¬ cembre 1882. (4) Libro Verde , n. 34, pag. 118. (5) N. 42, pag. 124. - 150 Turchia. L’Italia sopratutto Tappo.ggi.ava e S, E. ii Ministro degli esteri nelle istruzioni al conte Migra del 10 gennaio 1883 (1), gli dava l’incarico di darle il suo voto. Alla Conferenza prevalevano le identiche disposizioni quando il conte Granville propose d’in¬ vitare la Romania. Fu allora che, per salvare le apparenze, il plenipotenziario tedesco si oppose al¬ l’ammissione della Rumania sullo stesso piede delle grandi Potenze e concluse col dire « qu’elle n’y pcut ótre adrnise quen qualità d’io vi tèe et non commi; maitresse de maison * (2). Allora ii conte K arolyi, plenipotenziario austriaco, fece mostra di rassegnarsi all’opinione del suo collega tedesco, e gli altri dele¬ gati, compreso che ì'accordo era prestabilito fra l’Austria e la Germania, o non ebbero l’energia o non videro la possibilità di indurre quei due oppo¬ sitori a mutar parere. li plenipotenziario italiano, non potendo da solo mutare le decisioni della Conferenza, cercò ir; tutto il corso di questa di proteggervi i diritti della lìti- mania nei limili che gTimpegni già presi preceden¬ temente dai vari Stati Europei circa la proposta Barrère, gli consentivano. Cu il rappresentante ita¬ liano che propose alla Conferenza di esprimere al Governo rumeno il rincrescimento di non vederlo partecipare ai suoi lavori (3), e più tardi, in tutto il corso delle discussioni, egli continuò a mostrarsi co¬ stantemente sollecito degli interessi rumeni. ( 1) Ti 45, pag. 128 0 129. (2) Protocollo n.2, seduta del io febbraio 1883, pàg. 189-171. (3) Protocollo n. 3, pag. 178- - 151 - Ma tali simpatie inglesi ed italiane che la con¬ dizione delle cose e la fiacchézza o la malevolenza degli altri Gabinetti impedirono di estrinsecarsi in diversa guisa che con espressioni lusinghiere, non potevano rendere meno amara al giovine regno da¬ nubiano la soluzione del lungo e laborioso conflitto. Non era però scossa ancora la sua fermezza e il re Carlo, inaugurando la sessione legislativa il giorno 22 maggio, diceva: « 11 nostro passato ci dà a spe¬ rare che l'Europa non vorrà attentare ai nostri di¬ ritti di Stato indipendente e non ci chiederà di eseguire deliberazioni alle quali non abbiamo pai le- ri palo e cui non abbiamo consentilo » (!)■ Nell’adottare i regolamenti del 1882 (2) i pleni¬ potenziari fecero la seguente dichiarazione. « I sol leseci Ili esprimono il desiderio che gli Sta ti, i ijuali non prendono parte alle deliberazioni della Confe¬ renza, sì arrenderanno a questo volo unanime e adot¬ teranno egualmente il regolamento in questione 11 • A lenlar di persuadere gii Stali ripuari s incaricava lord Gran ville (3), ed a tale scopo lari. 9 del Trat¬ tato di Londra (4) stabiliva un termine di sei mesi per le ratifiche, sperando che in questo intervallo il ministro inglese avrebbe potuto persuadere i rilut¬ tanti ripuari e soprani Ilo la Rumatila. Ma la nota di lord Granville (5) provocò da parte del Governo di (1) Mèmorica 9» *•' » 6 M 2 &* 8 ” 0 (2) Libro Verdèj protocollo »■ % (3) Protocollo n, pag. 2QÒ- m Libro Verde, ( 5 ) mmarinl diplomali'/u« tei - l"Sl' n im — 152 — Bucharest una risposta negativa (1), in seguito alla quale si dice che il ministro inglese, non volendo rinunciare ad ogni speranza di successo e pur ve¬ dendo la somma difficoltà di conseguirlo, intenda proporre una nuova proroga di tre o quattro mesi al termine per le ratifiche del trattato. Riuscirà egli in questi suoi tentativi? Abbandonerà egli, come si dice, 1 incarico d’esercitare questa pressione morale alla Germania (2)? Cederà finalmente la Rumania? E arduo il far simili previsioni, poiché i risulta- menti delle trattative e delle contingenze politiche non sono di così certo ed immutabile apprezzamento come quelli delle discussioni giuridiche. È certo però, ed io credo d’averlo dimostrato abbastanza, che se la Rumania fosse costretta a cedere, ciò non rappresen¬ terà certo un trionfo del diritto internazionale. Per¬ durano tutti i motivi che dovevano indurla prima del trattato a non rassegnarsi, ed a questi si è aggiunta di poi la naturale ripugnanza dell’obbedire ad una pressione straniera. Alcuni pubblicisti, scrivendo in periodici ben noti come organi austriaci, vogliono far credere che le re¬ sistenze della Rumania ormai siano ridotte a que¬ stioni di forma; che per essa l’intervento dell’Au¬ stria nella Commissione mista per diritto proprio debba riuscire equivalente a quello che le si conce¬ desse per mandato europeo; che infine quando (1) Mémorial diplomatane , 30 giugno 1883. Nota, del Ministro degli esteri Rumeno al Ministro inglese del 23 maggio 1883. -- Utl /i-.J iliclgj (2) Mémorial diplomatique , 7 luglio 1883. — 153 — l'Austria avesse un tale mandato sarebbe più peri- coloso pei’ la Rumania laveria a compagna nella Commissione (I). Basta aver esaminato un po' accu¬ ratamente la condizione giuridica rispettiva, la posi¬ zione politica attuale, e le aspirazioni ilei due Stati danubiani, per persuadersi che i reclami rumeni non sonu di forma, ma di sostanza; che l’Austria con mandato europeo potrebbe accettarsi dalla Romania nella Commissione, perchè sorvegliata daJP Europa, mentre l'Austria sola non vi può essere ammessa, perchè minaccia la sua sovranità. Si dice che la questione danubiana è un espediente elettorale degli uomini politici rumeni; che la si vuole mantenere insoluta in vista delle probabili complica- ziniii europee (2). A dimostrare la insussistenza di tali accuse basta osservare che non occorre cercare un motivo remoto e sottinteso d’ima condotta della quale abbiamo mostrato tanti inolivi immediati, palesi e fondali sulle nórme del diritto e sull’istinto stesso della conservazione. Del resto le complicazioni eu¬ ropea sono più facilmente cercate dagli Stali forti, i quali possono sperare di guadagnarvi, come l’Austria- Uugherìa, che, senza colpo ferire, ottenne a Berlino la Bosnia e l’Erzegovina ; che non dagli Stali piccoli, i quali devono sempre temere di uscirne in ogni modo perdenti, come avvenne appunto alla Rutnania, che dopo una serie di sacri Ozi eroici e di battaglie vit¬ toriose, dovette privarsi a forza d’una provincia come dopo lina sconfitta. (1) 'Mémorkil tìlplowntìque^ 30 giugno IS8J. (2) Mimo-rial dipfamidìq'M?, ìoc> eit. — 151 — Ma se la Rumania è tenace nella resistenza, l’Austria si mostra altrettanto tenace nelle pretese. La lotta che sul terreno ilei diritto è favorevole alla prima, su quello della forza sarchile troppo fa¬ vorevole alla seconda. È però assai poco probabile che, se a Londra l’Europa volle accontentare l'Impero Austriaco coll’esclusione della sua rivale, essa voglia ora permettergli di imporre a quest ultima le decisioni della Conferenza mediante un intervento, CAPO Vili. Se sia lecito un intervento por costringere la Kimmnia ad accettare il Trattato di Londra. Sa v'ù paese rispetto al quale ogni questione [tossa far sorgere facilmente il progetto d'un inter¬ vento, quello è certamente il territorio che appar¬ tiene od appartenne fino agli ultimi tempi alla so¬ vranità della Porta. Uopo aver enumerato tutte le specie e tutte le formo d'ingerenza straniera, si vede come non ve ne sia alcuna che la Turchia non abbia provocalo, tollerato o subito; eccezione lauto pili strana nella storia del diritto internazionale in quanto che l’Impero ottomano non fu mai maggiormente leso nella sua autonomia interna, di quello die dopo il giorno nel quale quell'autonomia, solennemente proclamata in un Congresso, fu posta sotto la ga¬ ranzia del diritto pubblico europeo (1). Incominciata colfammissione dei privilegi giuris¬ dizionali, sviluppatasi col protettorato dei Luoghi Santi disputata fra la Russia e la Francia, colla protezione austriaca per i cattolici bosniaci e bui- ( 1 ) Revue de droìt International et de lègwlation campar ée, voi xu s 188Q num . 4, pag£ 3LU-3RU. — Le droìt tVintervmtim et la Turgide par E. Engelhardt 156 - gari e colla proiezione inglese per i protestanti del¬ l’Asia Minore, l’ingerenza estera in materia religiosa si allargò nel 1856 rispetto a tutti i cristiani indi¬ geni della Turchia (1), per estendersi nel 1877 e nel 1878 a tutti i non mussulmani (2). Dopo il 1856, dal campo giurisdizionale e da quello religioso, l’ingerenza straniera s’insinuò in tutti gli affari interni dell’Impero ottomano. Sia come consegnatari di un atto convenzionale, sia come cu¬ stodi dei principii fondamentali del diritto europeo, sia come vindici dei diritti dell’umanità, gli Stali europei non hanno mai trascurata occasione d’in- tervenirvi; e nel 1856 ogni dubbio ed ogni esitanza sulla costituzione della Commissione europea, e sullo stabilimento del controllo danubiano, cessò non ap¬ pena tutta quanta la parte inferiore del fiume venne nelle mani della Turchia. Non ve ormai interesse alcuno d’ordine interno rispetto al quale la Porta non abbia ricevuti impulsi dall estero; e così l’amministrazione della giustizia come gli uffici finanziari, così i servizi delle poste e dei lavori pubblici come quello della guerra, sono pieni di agenti europei con commissione ufficiale dei loro Governi. Così 1 intervento, che fu sempre rite¬ nuto un eccezione, divenne gradatamente in Turchia la regola comune, e lo Stato vi giunse a rinunciare (1 HaUi-t-humayoun del 18 febbraio 1856. V. Debrauz, 1. c„ pag. 435, 436. (2) Trattato di Berlino, art. 62. — La Conferenza di Londra del 1877 decise di sorvegliare la Turchia, e, se questa non corrispondesse, di « cercare in comune i mezzi più propri ad assicurare il benessere delle popolazioni cristiane e 1 interesse della pace generale ». — 157 - negli stessi territori lasciati al suo pieno dominio, alle più essenziali prerogative della sovranità (1). La Rumania, oltreché subire il contraccolpo di tali ingerenze straniere imposte al suo Stato sovrano, aveva veduto da secoli inceppato il proprio libero svolgimento dalla violenza e dall’indebita azione dello straniero. Nella lotta lunga e suprema sostenuta contro i Sultani prima di accettarne la supremazia, i Rumeni, stretti al sud dall’incalzare degli Osmani, al nord-ovest dagli Ungheresi, ed al nord-est dai Po¬ lacchi che li odiavano come scismatici non meno dei Turchi, videro il loro paese alternativamente oppresso dalla tirannia slava o magiara che infieriva su esso colla scusa di marciare su Costantinopoli. Ma il pe¬ ricolo maggiore per le loro libertà interne cominciò (piando, perduto nel 1791 e nel 1792 dalla Polonia e dalla Turchia il territorio sito fra le bocche del Dnieper e quelle del Dniester, il loro paese cominciò a subire le ingerenze della Russia. L’identità della religione fece sì che essi non respingessero l’influ¬ enza moscovita come aveano respinta sempre quella polacca; e la Russia dal canto suo seppe opportu¬ namente far precedere ogni intervento dalla scoperta di qualche reliquia e dall’azione miracolosa di qualche santo ortodosso (2). Allora, col presentarsi dell’Impero di Pietro il Grande alle sponde del Pruth, cominciò (1) Art. 61. La Turchia s’impegna a compiere le riforme in Armenia e ad informarne periodicamente le Potenze che ne sorveglieranno Vappli¬ cazione. . (2) Edgard Quinet, Les Roumains, cap. x; (Iiuvres, voi. vi, Paris, Pa- gnerre, 1857. — 158 — quell’influenza russa che, funesta sempre, dopo aver provocati da parte della Porta gli orrori del regime del Fanar, giunse al suo massimo grado nel 1829 quando diede ai Principati una mala costituzione sotto il nome di regolamento organico. Nè l’azione delle altre Potenze, esercitatasi con varia fortuna prima del 1856, e dopo quell’anno con maggior successo, giunse a diverso fine che a so¬ stituire la pressione di molti a quella di un solo. Da ciò le garanzie collettive, i Protettorali comuni, le costituzioni date dalle Commissioni europee, l’u¬ nione o la divisione dei Principati trattate dalle grandi Potenze senza punto badare alla loro volontà. Ora, come nella vita interna degli Stali cosi nei rapporti della Nazioni, è assai difficile che una categoria di individui privilegiati rinunci ai privilegi ed agli abusi che sono loro proficui. Ecco perchè l’articolo 49 del Trattato di Berlino confermò la esistenza e la effi¬ cacia delle capitolazioni nella Rumania indipendente, mentre bastò, pochi anni dopo, una violenta occupa¬ zione francese perchè tutti gli Stati si dichiarassero disposti ad abolirle nella Tunisia; ecco perchè l’a¬ bitudine del passato avvilimento fece trattare il nuovo regno latino senza verun riguardo alla Conferenza di Londra; ecco infine perchè si tentò da qualche parte di dichiarare il Trattato del 1883 esecutorio, prepa¬ rando in tal guisa il pretesto di un intervento. Non è impossibile che nella formula di qualche vecchio scrittore si possa con abilità di dialettica trovare qualche argomento che giustifichi una pres¬ sione esercitata sulla Rumania. Questo è certo però, mwsmmm clic negli scrittori più autorevoli nulla è dato trovare che possa giustificarlo. liià Grazio sanciva senza restrizioni il principio del rispetto serbato all'integrità di Lutti gli Siali (ì), e \ al tei ammetteva la sola eccezione del l'intervento in una guerra civile per soccorrere la parte che ha ragione. Così il Kant respinge l’intervento come un attentalo al Fi ridi pendenza delle Nazioni (2). Il Ma¬ nuali i (3) ammette, contro l'opinione dei AVheaton, che sia possibile precisare ì casi mollo rari nei quali esso possa dirsi lecito; e, dopo averne espressamente negala la legittimità quando abbia lo scopo di eser¬ citare una pressione morale o materiale sulle delibe¬ razioni d’uno Stato, lo riconosce giusto soltanto per respingere un intervento altrui, per distruggerne gli eHelli anche dopoché sia cessalo, o per proteggere i diritti calpestati dell’umanità e della giustizia, L’A mari nega il diritto d’ingerenza negli affari al¬ trui. affermando che fra Stati non vi sono che rap¬ porti esterni, che l’uno non può avere pertanto al¬ cuna prerogativa sovrana sull’altro (4), Il Lawrence giunge a conclusioni analoghe, ed il Fichi ed il Pétru- shevccz le sanciscono nei loro progetti di Codici (5). Ma nel caso concreto ,che dobbiamo esaminare, una pressione straniera non potrebbe giustificarsi (1) th'ÒL, L th, li!), ìl t CiVp. X.2L (?) Ap. Calvo, I. fì,, pag, 227 e seg. (3) Marni ani, I. c., piag, 103, ì 98-200. (1) Amari, I. c., pag„ 3G1-440, V. anche Nuova esposizione del principio del non intervènto. (5) Lawrence, 1, c,, voi. li, pag. 472 e 47T3 ; Fiditi, toc, cit., riti, [3 e 901 e PtìtrushsweiE T art* 15, ■ ^ UM iM ÌWi ilir f in 7 Ì T T flhi - 160 - nemmeno secondo i principi! ili quegli autori che fanno nella loro dottrina un numero maggiore ili eccezioni in favore dell’intervento. La llsffler per esempio lo animelle oltreché quando fu richiesto o liberamente accettato e quando sì tratta di far ces¬ sare una guerra intestina lunga e disumana, o di im¬ pedire ad un altro Slato di intervenire ingiustamente, anche quando i movimenti interni di uno Stalo le¬ dono il suo vicino nei diritti eventuali di successione. Il Phillimorc aggiunge a questi motivi i diritti di garanzia, o di riversione o la tutela dell equilibrio. Ma benché tali motivi siano in parie disco Libili ed in parte maggiore inaccettabili, puro non bastereb¬ bero tutti insieme a giustificare ora una pressione esercitata sulla Rumania. Anche il Creasy fa un dovere dell intervento quando la condotta di uno Stato minacci gli altri dì ostilità effettive; e sir Travers Twiss riconosce il diritto di domandare spiegazioni por eccessivi ar¬ mamenti, e talora di frenarli con una repressione ostile e di opporsi infine all ingrandimento di uno Stato che sia nocivo ai diritti altrui o minacci di diventarlo, il Martens giustifica fi intervento contro mutamenti interni contrari ai diritti accordati ad uno Sialo a titolo particolare, o incompatibili colla sicu¬ rezza e colla conservazione altrui. 11 Kluber rico¬ nosce la facoltà d’intervenire ad uno Stalo che abbia garantita la costituzione di un altro. Ma in tulle queste eccezioni, cosi largamente ammesse in favore dell in¬ tervento, non una se ne può trovare che possa avere, sia pur l’apparenza, di giustificarlo nel caso nostro. — 161 Ma la dottrina più recentemente ammessa, e suf¬ fragala di più validi argomenti diede norme più pre¬ cise a questa dottrina e giunse a fornirle ciò che le mancava assolutamente negli scrittori che ho citato: vale a dire un complesso di regole da osservare nella pratica applicazione ai singoli casi concreti dei principii enunciati. Il Seebohm ammette eccezional¬ mente l’intervento soltanto per il bene generale di tutti i popoli; ed il Bluntschli fornisce tre criteri per riconoscere la necessità di tali eccezioni: 1. Quando lo stato di un paese costituisce un pericolo perla pace europea. 2. Quando i suoi atti costituiscono una mi¬ naccia per la sicurezza generale degli Stati europei. 3. Quando la condizione nella quale è posta la sua popolazione pare intollerabile ed indegna dell’Europa civilizzata. Egli, enumera più tardi con diffusione ancor maggiore i singoli casi per evitare più facil¬ mente gli equivoci. Il Fiore, nella seconda edizione della sua opera vuol togliere anche tutti quegli inconvenienti che restano inevitabili finché il compito di applicare le eccezioni al dovere di non intervento si abbandona all arbitrio individuale dello Stato che intende in¬ tervenire. Cercando pertanto una dottrina che, pur riconoscendo quelle eccezioni, ne eviti gli inconve¬ nienti, egli giunse alla teoria dell’intervento che tutti gli Stati viventi in società di fatto possono esercitare collo scopo di ripristinare Yautorità del diritto delle genti che da uno o più Stati sia stato offeso con una violazione generalmente riconosciuta tale. Tale con¬ cetto dà all’intervento, basato sulla tutela giuridica del 11 — Catellani, Danubio. — 162 - diritto internazionale, e frenato (lallazione colletliva degli Stati, un indirizzo scientifico ed equo e ; nel tempo stesso, in armonia con quella tendenza all or¬ ganizzazione umana che deve essere il pi' 1 alto <■ costante ideale del diritto delle genti. Secondo il Fiore dunque., perchè un intervento possa dirsi le¬ gittimo, esso deve risultare da tre elementi, uno di diritto, uno di fatto ed uno di procedura, i quali, riuniti insieme e reciprocamente contempcrandosi, si servono in grado eminente l'un l’altro di controllo e di garanzia. Nel caso della Rumante l’elemento giuridico manca perchè non è punto in questione 1 autorità del diritto delle genti; vi manca l’elemento di tallo perchè il contegno della Romania In in questo ("u dillo del tutto passivo: e giova sperare che vi inan¬ ellerà pure l’elemento della procedura. Un 1 se ['tue una riprovevole condiscendenza inducesse le Potenze a non negare la sanzione collettiva a tanto abuso, si potrebbe ripetere la distinzione di Grozio Ira i molivi yimlifiealivi e quelli persuasivi , fra il pretesto pubblico e pubblicamente confessato e la ragione vera della condotta che si segue, per concludere col sommo maestro: « Sunt qui justificas piane non curant de quihus dici pqtesL quod a Romania jnt'is- consullis est proditum, praedonem esse cu ni qui rogatus de possidendi causa, indiani aliami adfert msi quod possi deal » (1). Malauguratamente è vero che il principio del non (1 ) Gioì, Uh l , dì, Itb, lr cap. xxii, m. — 163 - intervento fece i maggiori proseliti fra i pubblicisti; e che esso, come dice il Pradier Foderò, quantunque proclamato in molti protocolli,’non fu ancora com¬ pletamente realizzalo nel dominio dei fatti. « È una questione che entra bensì nel campo della scienza che investiga il diritto, ma insieme e non per poco in quello della politica, che si destreggia e si ripiega badando al fattibile ed al tornaconto » (1). Fu ap¬ punto perciò che dai tempi più remoti fino ai più recenti si trovò sempre modo d’intervenire e che il sofisma politico non mancò mai di peccare contro la logica nel tempo stesso che peccava contro il diritto per farne la difesa. Durante la guerra dei Trentanni, Ferdinando, che interveniva negli Stati della Germania per spegnervi la libertà religiosa, non appena si vide contro Gu¬ stavo Adolfo, protestò contro l’ingerenza svedese, for¬ mulando la dottrina del non intervento in modo così chiaro che Grozio stesso non avrebbe potuto trovare il migliore. « Et pourlant, scriveva l’imperatore, il nous semble fori estrange, que votre dignité a en- trepris de jetter contre nous et l’empire les fonde- mens dune guerre.... Car tout cela s’est passò dans nolre territoire et de l’empire et concerne les droits et privilèges d’icelui, esquels votre dignité n’a non plus de droict de nous faire la loi, qu’avec raison elle se trouveroit offencé, qu’en semblables débats fon entrepris de la maitriser en son royaume de Suède. G’est pourquoi nous l’exhortons amiable- ( 1 ) Fertile, loc. cit., pag. 85. — 164 — ment de ne s’ingérer plus avant aux affaires de l’empire » (1). E di rimando Gustavo Adolfo, nel ri¬ spondere a questa lettera, accusava l’Impero d’aver cominciate le offese, ed adduceva a propria giustili- cazione « les dangers qui ont menacé et menacent toujours nous et nos sujets, oulre qu’on nous a ru- dement attaqués » (2). Davanti a simili contraddizioni tradizionali Ira la teoria e la pratica, era naturale che si mantenesse vivo fino ai nostri giorni su tale dottrina lo scetli- cismo degli uomini politici. Il Talleyrand diceva che il principio del non intervento non è che un inge¬ gnoso artifìcio trovato a bella posta per aver sempre qualche motivo d’intervenire; e Chateaubriand, cari¬ cando le tinte del proprio cinismo come fanno lutti i semi-idealisti che vogliono far la figura di uomini pratici, aggiungeva: « L’intervento od il non inter¬ vento è una puerilità assolutista o liberale, dalla quale nessuna testa pensante si lascierà imbarazzare: in politica non v’è alcun principio esclusivo: si in terviene o non si interviene secondo che meglio consigliano le esigenze del proprio paese » (3). Il Calvo stesso, che studiò lungamente la questione da un punto di veduta esclusivamente scientifico (4), dopo aver rilevata la grande diversità d’opinione che (1) Donne à Ratisbonne le 18 aoùt 1630. Hosack, The rise and groioth of thè laro ofnatìons , Append. pag. 327. V. anche, Mercure frangois , t. xvi, pag. 334. (2) Donné à Stralsund le 31 octobre 1630. Dosack, 1. c., pag. 329; e Mer¬ cure frangois , t. xvi, pag. 347 e seg. (3) Congrès de Verone. (4) Calvo, loc. cit., pag. 237, 278 e seg. — ICS — corre fra gli scrii tori, le influenze dellambiente che essi subiscono, e barbi Iraria diversità che si riscontra nella pratica, conclude che non è specialmente nelle opere dei pubblicisti che si possa trovare il filo con¬ duttore per giudicare dell’intervento. Per risolvere la questione egli vuoi trasportarsi nel campo della pratica, dicendo clic in tal guisa, seppur non è dato di formulare rispetto all'intervento una regola sicura, almeno, mercè lo studio dei singoli casi concreti, del diverso movente che li produsse e dell’esito vario che conseguirono, si potranno dedurre alcuni cri¬ teri direttivi per giudicare nei casi futuri. Lo studio della storia ci persuade inflitti che l’intervento ebbe non di rado nello sviluppo degli Stali e della civiltà un ufficio storico importantis¬ simo. In Italia esso, additando un nemico comune, generò il sentimento dell’unità; in Germania salvò, mentre stava per soccombere, il movimento della riforma; in Inghilterra con Guglielmo d’Orange salvò la costituzione; nel Belgio ed in Grecia fece si che due popoli insorti, e destinati a cadere, potessero scuotere il giogo che non volevano sopportare; in Turchia nel 1840 ringagliardi per poco il pericolante ini pero scosso dalle minaccio egiziane, lo conservò alle aspirazioni dei suoi popoli ed alle cupidigie dell’Eu¬ ropa, ed impedì Io spostamento altrimenti inevitabile del centro islamitico dalie sponde del Bosforo a quelle del Nilo. Non a torto dunque al Calvo ripugna che si voglia decidere a priori e col solo aiuto del ragionamento astratto, di questo importante fattore della storia, che — 1G6 — fu non di rado anche un fattore non lieve nello svi¬ luppo del diritto. Ma come mai l’esame dei casi d’intervento ci potrà dare qualche criterio superiore per giudicare i possibili casi che sarà per presentarci l’avvenire? Non esitiamo a dirlo; la loro giustizia si può stu¬ diare nel loro successo. 11 successo, che è il pes¬ simo indizio del diritto nella vita breve e fugace dell’uomo, ne è invece indizio sicuro nella vita eterna delle nazioni. Queste, nel loro lungo e faticoso cam¬ mino, permettono di constatare oltre all’esito imme¬ diato anche gli effetti remoli. La permanenza dei popoli, che contraddice alla rapida mortalità degli individui, permette appunto di far scaturire anche dalla pratica qualche sicuro indizio di giustizia, ascol¬ tando i responsi di quell’eccelso tribunale della storia, davanti al quale, sia pure ad intervallo di qualche secolo, convien che giunga e sia giudicato ogni li¬ tigio delle genti. Un tale studio, applicato al giudizio dell’inter¬ vento, ci mostra che tutti gli interventi fondali su pensieri larghi e generosi, diretti al trionfo dei prin- cipii umani sulla barbarie; a sostituire l’eguaglianza ai regimi privilegiati; a salvare i deboli dall’iniquità degli oppressori; a far trionfare, in una parola, il di¬ ritto risorgente contro le strette della forza e della tradizione: diedero risultamenti salutari, favorevoli allo sviluppo della civiltà, e sopralutto duraturi. Essi furono duraturi anche dopo cessata la forza che ne imponeva l’esperimento, e lo stesso regime che ado¬ perava quella forza; come avvenne ai principii divul- - IS7 — gali dalla Rivoluzione francese, i quali soli resta¬ rono intatti nei loro fon da mentì fra le tempeste della Reazione, che pur travolsero tanti troni e mutarono tante istituzioni. Per contrario gli interventi che furono ispirati da scopi egoistici d'uno o di più Stati polenti, che ebbero per rscopo la repressione della libertà, la servitù religiosa o politica, barbi trio dei Governi nel silenzio dei popoli, il trionfo dell’interesse sui tìtoli eterni del diritto e dell’equità; furono dannosi talora, per chi li impose, più ancora che non per chi ebbe a subirli; ed i loro effètti andarono ben presto di¬ leguandosi qual- fumo in aere o in acqua la spuma. Tale fu la sorte del sistema di arbitrio così laborio¬ samente architettato dalla Reazione dopo il 1815; tale quella degli interventi austriaci in Italia; di quello russo in Ungheria; di quelli francesi al Rio della Piata ed al Messico. Mentre dunque un intervento in Romania sarebbe contrario ai princìpii della scienza, siano pure stu¬ diali nei suoi rappresentanti meno liberali e più os¬ sequenti alla tradizione, esso sarebbe d’altronde irremissibilmente condannato dai criteri storici più sicuri e più positivi. L’Austria tentò bensì (1) di far dichiarare i rego¬ lamenti esmitorii, ma la Conferenza non volle ade¬ rirvi e si limitò ad esprimere il voi a che gli Stati non rappresentati alle sue adunanze adottino lo slesso (1) Libro Verde, Con rcnaa di Londra, protocollo n. 3, seduta del 13 feb¬ braio 1883, pa-u 178 e 179 e Trattato rtì Londra, art. 7, pag. 214. — 168 - regolamento approvato dai voti unanimi dei pleni¬ potenziari. È dunque lecito sperare che le Potenze, perseverando nel medesimo rispetto delle sovranità, non siano neppur ora disposte nò a promuovere, nè ad autorizzare, nè a permettere un’azione diretta a far violenza sulle decisioni del Governo rumeno (1). (1) S. E. il ministro Mancini, nel dispaccio al conte Nigra del 15 marzo 1883,dice del regno di Rumania: «Giova sperare che anch’esso, facendo libero uso dei suoi poteri di Stato sovrano ed indipendente , trovi modo di associarsi all’opera comune e di conciliare i suoi interessi coll’autorità delle deliberazioni coucordate a Londra ». V. Libro Verde , n. 50, pag. 212. CONCLUSIONE Le decisioni reeetitemente prese o progettale ri¬ spetto all Elba, al Reno ed ai Danubio mostrano che Ja legislazione fluviale dei fiumi, lungi dal perfezio¬ nare i principi! dell'Ano finale del 1815, segue in¬ vece da qualche tempo sotto certi rispetti un cam¬ mino retrogrado (1). Le nuove regole che si vogliono far prevalere sul Reno e suH'Elba assimilano questi corsi d acqua alle vie di terra, così costringendo ogni bastimento a presentarsi alle dogane dei terri¬ tori lungo i quali passa anche senza toccarli, e togliendo quelle immunità clic l’Àtto di Vienna garantì alle vìe d’acqua ed al loro transito. Le ultime dispo¬ sizioni relative al Danubio sono ancor meno conformi ai sani pMncipii proclamati solennemente sul regime convenzionale dei fiumi* Per esse l'unica associa¬ zione riguari a concepita dal Congresso di Vienna e chiamata a trattare le acque comuni come un pos¬ sesso indiviso, sottomesso su tutta la sua estensione navigabile ad un sistema amministrativo connina, non esiste più. Il fiume è governato da tre regimi di¬ versi coi quali pare che si voglia far rivivere quél- fi) Engelhardt, Biscussion dea dernlers actes conoentionneh velalifs au règime dea fleuws internatìonauv, — lu'mte de droit inlernationù. I et de Lilgisliìlioa compartii', t, xm, ISSI, n. pa#. 187 0 11)4. - 170 - l’antico stato di divisione, secondo il quale il fiume, anziché come un percorso continuo, veniva consi¬ derato come un complesso di tronchi sovrapposti. Ma nel caso del Danubio l’eccezionaiità dei regimi non perturba soltanto l’armonia del diritto di navigazione; il modo escogitato per far eseguire quei regolamenti e la via seguita per concretarlo e per imporlo ai ripuari, oflende la loro stessa sovranità, ed un errore di navigazione fluviale produce in questo caso la conseguenza di numerosi errori e di molteplici of¬ fese ai fondamenti del diritto delle genti. E naturale che la Rumania, nel mentre non nega al commercio di tutto il mondo ogni ragionevole guarentigia, voglia difendersi nel tempo stesso da quelle offese che la colpiscono direttamente. Jl Mó- monal Diplomciltque (1) che rimproverando tale con¬ dotta esclama: « E doloroso: tutti i piccoli Stati aspirano a diventare grandi, e quando lo sono dive¬ nuti, a farla da grandi Potenze al pari delle più vecchie », dimentica o vuol dimenticare le massime fondamentali del diritto delle genti. Esso dimentica che non vi sono molteplici gradi di indipendenza; che questa,simile alla vita, o esiste interamente o non esiste del tutto; e che le piccole Potenze indipendenti non sono poi molto stravaganti se reclamano il diritto di vivere e cercano di difendersi da ogni offesa che le feriscanel cuore. « Questi piccoli Stali », soggiunge il periodico parigino, « testé vassalli e dipendenti, che sono liberati dalla mano di forti e benevoli vicini, vo- (1) 17 febbraio 1883. — 171 — gliono tosto acquistare la posizione, se pur non ten¬ dono a superarla, di quelli a cui devono la libertà e l’indipendenza.Ces appetite exeessifs lene font ne¬ gliger lenrs inlér&ts vitaux ». Mai fu pronuncialo rimprovero più inadeguato Lilla realtà dell atto die si vuol rimproverare. La forma generale ed imper¬ so.le nella quale quella critica è concepita fà sup¬ porre del resto die la Rumania non sia il solo Stalo giovane che si volle pungere con quelle parole. Co¬ munque sia, nulla v’è di più assurdo e di più contrad¬ dittorio della pretesa die l’aiuto preslalo a chi tenta liberarsi debba costituire il titolo duna nuova supre¬ mazia, e che i’indipendenza così acquistala sì debba ridurre ad un mutamento di servitù. Appunto per non trascurare gli interessi più vitali, la somma li¬ bertà di svolgimento è necessaria. E se può dirsi die una regola di diritto possa acquistare maggior forza e maggiore larghezza per influsso d interessi politici, il principio dell’indipendenza dovrebbe sempre rispet¬ tarsi con maggiori scrupoli in uno Stato piccolo e giovane che non in una Potenza grande e secolare. Che se dal campo del diritto passiamo a quello della politica dobbiamo riconoscere die la condotta tenuta ora vergo la Rumania, come tulli gli altri atti inter¬ nazionali die le somigliano, può essere in un avvenire più o meno remoto un precedente pericoloso che serva di pretesto ad indebite ingerenze ed a simulate oppressioni. L’Austria sotto questo riguardo dovrebbe essere più d’ognì altro Stato scrupolosa nel rispettare in modo assoluto l’integrità dei poteri sovrani altrui e — 172 — la conservazione degli Siali cosiiluiti e riconosciuti. Poiché non bisogna dimenticare che. fonnata com'essa è di parti mal connesse e poco omogenee, l'elemento che sopratutio la sorregge ò appunto !’osservanza dei trattali ed il rispetto dei diritti esistei!li. Non appena l'eredità della Turchia sarà completamente distribuita, contro l'Austria si rivolgeranno troppi appetiti di Stati affini per razza e per lingua alle sue popolazioni, perchè essa possa ora dare saggia¬ mente un esempio di cosi aperta violazione d'ogui diritto, che sarebbe in tal guisa destinata a ritor¬ cersi più violenta c più minacciosa contro di lei. E cosa deplorevole che in generale non si rifugga ormai da simili violenze e che certi Stati potenti, cui manca la selvaggia franchezza di dire « sii prò ca¬ tione voluntas », tentino coprire colle parvenze delia ragione e della legge gli effetti della avidità commer¬ ciale e della gelosa bramosìa di domìnio. Pare che si creda di obbedire ai dettami del diritto interna¬ zionale quando, calpestali in ogni maniera t sommi principi! della legge, si osservano fino alla pedan¬ teria lo minuziose formalità della procedura. Due provinole, dopo aver lottato lungamente per la propria indipendenza, furono tolte all'oppressione turca per assoggettarle ad un dominio cui si volle dare il nome di amministrazione provvisoria, e die la loro resistenza mostrò lauto in opposizione ai loro bisogni ed ai loro desideri! quanto era contrario ai loro diritti. Un’isola che, sottratta alla Porta, avrebbe dovuto appartenere alla Grecia, fu data invece, in omaggio ad interessi politici e commerciali, a 11’Tu- - m — ghilterra, coll’apparènza di un pegno ina colla realtà di ima cessione; e la Rumania vittoriosa si vide imposta col nome di retrocessione la perdita di un territorio che le apparteneva da ventidue anni. La stessa Inghilterra, preso maggior ardire, impose al¬ l’Egitto, già lungamente oppresso dall’Europa per soli motivi finanziari, un mal simulato vassallaggio, calpestando i diritti storici della Porta e quelli più sucri del paese, nel tempo stesso che proclamava altamente di volerli rispettare. Nè diversa fu la condotta della Francia, che, dopo aver creata una questione per impossessarsi della Tunisia, ora, non curando i diritti incontestabili della Cina, e ma! inter¬ pretando ad arte un trattato, si prepara alla conquista del !'Ii n pero d’A imam, ed appoggiandosi ad una con¬ venzione nulla perchè conclusa con capi ribelli, porta la desolazione fra i tranquilli abitanti della grande isola africana. Il marchese Tseng si lamentava a Pa¬ rigi perchè il rispetto dei diritti varia secondo le la¬ titudini; il principe Ghika poteva deplorarli a Londra che il rispetto dei diritti varia secondo i dati stati¬ stici dei censimento e delle armi. Quando si ripen¬ sano tutte insieme queste varie offese portale al di¬ ritto delle genti non si può astenersi dal far voto che i futuri Congressi ed i futuri trattati delle Na¬ zioni civili si distinguano da quello di Vestfalia e da quello di Vienna per qualche cosa di più sostan¬ ziale che non sia il pudore delle espressioni. poiché per le parti non interessate che lo pro¬ nunciano, il nome di servaggio potrà riuscire più grato che non quello di schiavitù, il nome di am- - ìli — ministrazione provvisoria clic non quello di dipen¬ denza politica ; ma l’ingiustizia che quelle parole servono ad indicare, non può riuscire perciò meno amara e meno dolorosa per chi è costretto a subirne nella pratica le tristi conseguenze. Non possiamo dimenticare che, se qualche combinazione artificiosa può essere talvolta consigliata dall’opportunità e dalia politica, davanti al concetto della giustizia non vi pini essere che un solo ed assoluto criterio di libertà e d indipendenza, e che perciò certe mascherate ingiu¬ stizie, comode forse al diplomatico, devono sempre riuscire incresciose alia mente del giurista. Sicché quando noi esprimiamo il desiderio die le stipulazioni di Londra siano modi ficaie, non et muove soltanto un giusto sentimento di simpatia per quel nobile ceppo ialino trapiantato sull’antico suolo della Dacia e colà conservatosi e cresciuto da Traiano fino a noi fra le tempeste della storia, (li confortano altresì e ci confermai io nel nostro avviso quei criteri della giustizia che riposano nella mal tira umana, che Dio diede in retaggio alia ragione del* 1 uomo per concepirne Je formule ed alle società umane per goderne e per proteggerne le conse¬ guenze, e che, conservati dai popoli liberi come un prezioso patrimonio e dai popoli oppressi come una protesta, si presentano come la più noi ale mela ai reggitori degli uni e degli altri. Nella vita delie Nazioni accade troppo spesso alfe conquiste del diritto internazionale ciò che av¬ viene ad una pianta delicata e gemile piantata in suoio troppo esuberante che spesso minaccia di sof- — 175 - locarla fra gli sterpi ed i parassiti. Cosi non è an¬ cora abolita del Lutto la schiavitù, che già l’emigra¬ zione od il servaggio dei coolies tenta per qualche tempo di rinnovarne gli orrori; così in un paese come gli Stati Uniti, dove pur regna l’eguaglianza religiosa e politica, si perseguitano i Cinesi per avversione di razza; così, inerì tre si abolisce la corsa e si tenta di proclamare libera sempre la proprietà privata sul mare, si minaccia qua e là di rinnovarne le tristi conseguenze colie flotte volontarie e colla teoria del viaggio continuo; cosi infine, abolito il saccheggio nelle guerre terrestri, pur s'imperversa non rara¬ mente coile contribuzioni forzate. Accanto al germoglio che comincia a svilupparsi, trovasi quasi sempre il serpe che ne minaccia le radici, o il parassita clic ne intiSichisce coll’ ombra lo svilupparsi dei rami. Pare che quella somma di male che esiste nel mondo e nell’anima umana, ri¬ cacciala da una parte tenti d’aprirsi un varco per altra via, inesorabile come un veleno latente, vio¬ lenta come la lava di un vulcano. È per effetto di tali contraddizioni della natura umana, die i principii di Vienna e di Parigi sulla navigazione dei grandi In uni servono ora di fonda¬ mento o di pretesto a pretese che offendono con f[uei principii medesimi anche altre parti piu asso¬ lute e più vitali del diritto internazionale. K questo un procedimento fatale per cui troppo sovente un indirizzo intellettuale, politico o giurìdico finisce a svilupparsi guastandosi, per riuscire all’an¬ titesi del primo movente che lo ispirò. — 176 - Speriamo che nel caso nostro i] movimento re¬ trogrado si arresti, e che l’offesa al diritto, nè per timore dei deboli, nè per violenza dei forti Unisca col prevalere. E facciamo voto che le sovranità degli Stati indipendenti sì assuefacciano finalmente a non trascendere i propri confini, ma si contengano nella via loro prescritta dal diritto, simili alle acque d’un liuuio die corrono maestose e feconde al mare quando le sponde bone arginale le trattengono dallo strari¬ pare a desolazione delle circostanti campagne.